Un momento cruciale per la democrazia in Ucraina: gli enti anticorruzione sotto attacco, tra proteste e preoccupazioni dei partner occidentali

Foto: Elaborazione di V. Barbiero, Presidente Volodymyr Zelens'kyj, Flickr / Україна, Verchovna Rada, Wikimedia Commons

Estero

di Andrea Shlapak Distaso,

Vedo tutto, avanti, provate a tapparmi la bocca”: recita così uno dei cartelli alzati la sera del 22 luglio 2025 durante la protesta davanti all’Ufficio presidenziale a Kyiv, accesasi poche ore dopo l’approvazione della contestata legge n. 12414. Lo stesso giorno infatti, la Verkhovna Rada, il parlamento unicamerale ucraino, ha approvato a maggioranza il disegno di legge, poi promulgato la sera dello stesso giorno dal Presidente Zelenskyy, con 263 voti favorevoli, quasi tutti espressi dal partito di governo Sluha Narodu (Servitore del Popolo).

0:00

Alla luce delle rivelazioni diffuse dai servizi segreti ucraini e della successiva retromarcia del governo sulla legge, consigliamo vivamente di leggere anche questo articolo di aggiornamento.

La legge, presentata con un iter accelerato, modifica il Codice di procedura penale ucraino sottraendo l’autonomia ai due principali organismi investigativi anticorruzione del Paese, il NABU (Ufficio Nazionale Anti-Corruzione) e la SAPO (Procura Specializzata Anti-Corruzione), assoggettandoli al controllo diretto del potere esecutivo del Procuratore Generale, nominato dal Presidente.

La mossa ha suscitato un’ondata di indignazione pubblica e proteste di piazza a Kyiv, a Leopoli (Lviv) e in altre città, malgrado la legge marziale in vigore imponga il coprifuoco e il divieto di assembramenti. Migliaia di cittadini, in prevalenza giovani, si sono radunati pacificamente davanti al palazzo presidenziale gridando “Non torneremo ai tempi di Yanukovych”, in riferimento all’ex capo di Stato filorusso spodestato dalle proteste di Euromaidan del 2014.

La promulgazione della legge ha luogo in un momento critico per l’Ucraina: il contrasto alla corruzione è tra i requisiti chiave per l’adesione all’Unione Europea e per mantenere la fiducia dei partner occidentali, che finanziano la resistenza del Paese all’invasione russa.


Un po' di contesto: le riforme post-Euromaidan, la nascita del NABU e della SAPO

Il NABU (National Anti-Corruption Bureau of Ukraine) e la SAPO (Specialized Anti-Corruption Prosecutor’s Office) sono nati come pilastri fondamentali delle riforme successive alla Rivoluzione della Dignità del 2013 e 2014, nota anche come Euromaidan. Il parlamento ucraino ha istituito il NABU con una legge approvata nell’ottobre 2014, creando un’agenzia investigativa indipendente incaricata di combattere la corruzione ai più alti livelli dello Stato. Fin dalla sua fondazione nel 2015, il NABU ha operato con statuto autonomo per indagare ex presidenti, parlamentari, alti funzionari governativi, giudici, procuratori e dirigenti della banca centrale, soprattutto in casi di appropriazioni indebite o tangenti di grande entità.

Parallelamente, è stata creata la SAPO come ufficio del procuratore specializzato anticorruzione: inizialmente costituita come unità autonoma all’interno della Procura Generale, dal 2024 la SAPO è divenuta un organo di diritto pubblico separato, pur continuando a lavorare in tandem con il NABU. In sintesi, il NABU conduce le indagini preliminari indipendenti, mentre la SAPO ne supervisiona la legalità e sostiene l’accusa nei processi presso il tribunale dedicato.

Entrambe le istituzioni erano state create su forte impulso dei partner internazionali dell’Ucraina, che avevano legato gli aiuti finanziari e la cooperazione all’adozione di misure concrete di anticorruzione. In particolare, l’istituzione della SAPO nel 2015 era una condizione necessaria per la liberalizzazione dei visti con l’Unione Europea. Gli Stati Uniti e l’UE hanno fornito fin da subito sostegno tecnico e formazione agli investigatori del NABU, anche attraverso missioni di affiancamento dell’FBI, e hanno monitorato da vicino le procedure di selezione dei dirigenti per garantirne la trasparenza. Questa architettura anticorruzione, completata nel 2019 dall’istituzione del Tribunale ad hoc, l’Alta Corte Anti-Corruzione (HACC), era considerata uno dei maggiori successi delle riforme post-Euromaidan, frutto anche del sacrificio, talvolta anche della propria vita, dei manifestanti che nel 2014 avevano preteso giustizia e la costruzione di uno stato di diritto affidabile.

Proprio per questo, l’attacco odierno all’indipendenza del NABU e della SAPO è visto da attivisti e osservatori come un tradimento delle conquiste democratiche dell’ultimo decennio.


Anni di inchieste: i risultati del NABU e della SAPO dal 2017 al 2024

Dalla sua piena operatività nel 2016 e 2017 ad oggi, il NABU, in collaborazione con la SAPO, ha avviato centinaia di indagini su casi di corruzione ad alto livello, portando per la prima volta in giudizio numerosi membri dell’élite politica ed economica del Paese. Sebbene il cammino verso le condanne sia stato spesso lento e ostacolato, specialmente prima dell’istituzione di un tribunale specializzato (l’HACC), i risultati negli ultimi anni sono stati significativi.

L’Alta Corte Anticorruzione (HACC), entrata in funzione nel 2019, ha infatti emesso oltre 150 verdetti di condanna nei suoi primi tre anni di attività, di cui 68 solo nel primo biennio. Il ritmo dei processi è in crescita: nel 2021 sono state condannate 32 persone per reati di corruzione di alto profilo, numero salito a 49 nel 2022 e poi a 84 nel 2023, nonostante le difficoltà provocate dall’invasione russa.

Tra i condannati compaiono parlamentari, giudici, pubblici ministeri, imprenditori collusi e dirigenti di imprese statali. Un esempio è l’ex viceministro Yurii Hrymchak, riconosciuto colpevole nel febbraio 2022 di aver preteso una tangente da 1,1 milioni di dollari: per lui il tribunale ha inflitto 10 anni di reclusione, uno dei primi casi di grande corruzione sanzionati durante la presidenza Zelenskyy.

Diversi procedimenti hanno coinvolto figure di spicco dell’amministrazione statale. Nel 2017 il NABU aveva incriminato l’ex parlamentare Mykola Martynenko per uno schema di tangenti legato alle forniture nucleari statali, in quello che era divenuto uno dei processi più complessi e simbolici della lotta alla corruzione (Martynenko è stato nel frattempo condannato per reati finanziari anche in Svizzera). Nel 2019 uno scandalo aveva coinvolto la società statale di difesa Ukroboronprom: il NABU aveva arrestato Oleg Hladkovskyi, ex alto funzionario e stretto alleato dell’allora Presidente Poroshenko, per appropriazione di fondi nella fornitura di equipaggiamenti militari. Il caso ha evidenziato che l’azione anticorruzione non risparmiava nemmeno i circoli vicini al potere.

Sotto la presidenza Zelenskyy, soprattutto dopo l’invasione russa su larga scala del 2022, le agenzie anticorruzione hanno intensificato la loro attività investigativa, toccando anche figure dell’amministrazione attuale. Negli ultimi 18 mesi il NABU e la SAPO hanno spiccato mandati di cattura o rinvio a giudizio contro vari deputati in carica, viceministri e perfino un ex vice-capo dell’Ufficio del Presidente.

Un caso eclatante è l’arresto, nel gennaio 2023, del viceministro per lo Sviluppo delle Comunità Vasyl Lozynskyi, sorpreso da un’operazione del NABU mentre accettava una tangente da 400 mila dollari relativa a contratti per generatori elettrici durante l’emergenza energetica invernale, episodio che è costato il posto a Lozynskyi e ha portato all’apertura di un processo penale a suo carico. Sempre il NABU, nell’aprile 2024, ha smascherato uno schema corruttivo nel settore fondiario che ha coinvolto l’allora ministro dell’Agricoltura Mykola Solskyi, accusato di aver sottratto terreni pubblici per un valore di circa 10 milioni di dollari quando presiedeva la commissione agraria del parlamento prima di diventare ministro. Solskyi è diventato così il primo ministro in carica della storia ucraina a essere fermato con accuse di corruzione: si è dimesso e ha dovuto pagare una cauzione di 2 milioni di dollari per evitare la custodia cautelare, in attesa del processo.

Queste azioni hanno dimostrato la crescente efficacia e audacia degli organi anticorruzione ucraini, capaci di colpire anche esponenti dell’attuale establishment nel mezzo di una guerra. Gli osservatori indipendenti rilevano però come, a dispetto di alcune criticità come procedimenti lenti, eccessivo zelo comunicativo degli investigatori e attriti con altre forze dell’ordine, il NABU e la SAPO abbiano dato prova di indipendenza e produttività, accumulando un bagaglio di indagini e procedimenti che l’Ucraina non aveva mai visto prima. È proprio questa indipendenza che ora è messa in pericolo.
 

L’altro lato della medaglia: le critiche ricorrenti al NABU e alla SAPO

Nonostante i risultati però, già prima dei recenti avvenimenti, l’efficienza e l’integrità dei due enti erano state messe in discussione. Un’auditoria indipendente pubblicata nel maggio 2025, la prima condotta sul NABU in dieci anni da una commissione istituita dal governo ucraino (il Gabinetto dei Ministri) e con la partecipazione di esperti internazionali nominati dai partner occidentali, tra cui Unione Europea, Stati Uniti e il Fondo Monetario Internazionale, ha infatti rilevato carenze strutturali, tra cui: controlli interni poco efficaci, un’eccessiva concentrazione di potere nelle mani del Direttore, e una tendenza a operare in modo isolato rispetto al resto del sistema giudiziario ucraino [fonte: Ukrayinski Natsionalni Novyny]. Inoltre, l’organo di controllo interno non effettuava verifiche adeguate, e alcuni episodi controversi, come uno scandalo legato all’uso illecito di crypto-wallet da parte di investigatori del NABU, sono stati ignorati senza che venissero forniti chiarimenti pubblici ufficiali [fonte: Ukrayinski Natsionalni Novyny].
Anche la SAPO è stata oggetto di rilievi critici, in particolare per la lentezza nel presentare le accuse e per tensioni interne che hanno più volte generato attriti col NABU stesso. In passato, ONG come Transparency International avevano sollevato dubbi sull’effettiva indipendenza della SAPO dalla Procura Generale durante la direzione di Nazar Kholodnytskyi [fonte: Transparency International], coinvolto nel 2018 in uno scandalo per pressioni indebite sui procuratori subordinati, che ha portato a richieste di dimissioni da parte di attori sia nazionali che internazionali. La sua uscita è alla fine avvenuta su base volontaria nell’agosto 2020 [fonte: Kyiv Post].

Il caso del Vice primo ministro Chernyshov: le accuse al ministro e l’ecosistema di potere

Tra i recenti casi portati avanti dal NABU, quello che riguarda Oleksiy Chernyshov rappresenta un capitolo emblematico, specialmente per il profilo dell’indagato, ovvero quello di un membro dell’entourage presidenziale. Chernyshov, 46 anni, è un dirigente considerato vicino al Presidente Zelenskyy: dopo essere stato ministro dello Sviluppo delle Comunità e Territori (l’equivalente del “ministro delle infrastrutture e dei trasporti” e del “ministro per gli affari regionali e le autonomie” italiani) tra il 2020 e il 2022, è stato nominato a fine 2022 presidente della compagnia energetica statale Naftogaz e, nel rimpasto di governo del dicembre 2024, è rientrato nell’esecutivo con l’incarico ad hoc di “Vice Primo Ministro e Ministro dell’Unità Nazionale”.

Proprio durante il suo precedente mandato ministeriale (2020-2022) si sarebbero consumati i fatti al centro dell’indagine: il 23 giugno 2025, al rientro di Chernyshov da un viaggio di lavoro all’estero, gli agenti del NABU gli hanno notificato l’atto formale di sospetto (analogo all’avviso di garanzia italiano) per abuso d’ufficio e percezione illecita di benefici in relazione a un presunto schema corruttivo nel settore degli appalti pubblici edilizi. In pratica, secondo l’accusa, quando guidava il “Ministero dello Sviluppo delle Comunità”, Chernyshov avrebbe favorito determinati contraenti in cambio di tangenti o altri vantaggi, per importi particolarmente ingenti.

L’inchiesta ha già coinvolto stretti collaboratori di Chernyshov: il 13 giugno il NABU e la SAPO avevano annunciato di aver scoperto un vasto cartello corruttivo nel settore delle costruzioni collegato a funzionari governativi di alto livello. Nei giorni seguenti sono stati arrestati e accusati Maksym Horbatiuk e Vasyl Volodin, ex sottoposti di Chernyshov al ministero e poi passati con lui a Naftogaz, indicati come intermediari nel sistema. Chernyshov inizialmente si trovava all’estero per impegni governativi, ma il 22 giugno è rientrato volontariamente in Ucraina dichiarando pubblicamente di voler “chiarire la situazione” e collaborare con gli inquirenti.

Presentatosi presso gli uffici del NABU a Kyiv, è stato formalmente iscritto nel registro degli indagati il 23 giugno. Tre giorni dopo, il 27 giugno 2025, il giudice istruttore dell’Alta Corte Anticorruzione (HACC) ha tenuto l’udienza per le misure cautelari: Chernyshov, pur dichiarandosi innocente, è stato destinatario di un divieto di espatrio e dell’obbligo di non comunicare con gli altri sospettati, e il tribunale gli ha imposto una cauzione record di 120 milioni di hryvnia (circa 3,0 milioni di euro) per evitare l’arresto preventivo. Si tratta di una delle cauzioni più alte mai viste in Ucraina, a testimonianza della gravità delle imputazioni.

Il pagamento di una somma così elevata ha sollevato interrogativi: a fine giugno, infatti, è emerso che la cauzione è stata versata in quote da tre soggetti collegati a Chernyshov, ovvero la moglie Svitlana per 10 milioni di hryvnia, una dirigente marketing di un gruppo immobiliare a lui vicino per 44 milioni di hryvnia e soprattutto una piccola società di Dnipro, la Foravto Tor LLC, che ha coperto ben 66 milioni di hryvnia. In maniera sconcertante, il titolare di quest’ultima azienda, interpellato dalla stampa, ha negato di essere a conoscenza del versamento, dichiarando “di sentirlo per la prima volta”. Anche la società DIM, datrice di lavoro della manager che ha contribuito alla cauzione, ha affermato di non sapere nulla dell’iniziativa e la dipendente si è addirittura dimessa lo stesso 27 giugno.

Tali circostanze hanno alimentato sospetti sulla reale provenienza dei fondi, suggerendo possibili triangolazioni poco trasparenti per tutelare Chernyshov. Dal canto suo, il ministro ha asserito durante l’udienza di non voler assolutamente lasciare l’incarico governativo, sostenendo di avere “ancora molto lavoro da fare” e rivendicando i risultati ottenuti dal suo nuovo dicastero, tra cui l’adozione della recente legge che consente la doppia cittadinanza.

Il giudice non ha ritenuto necessario sospenderlo dalla funzione ministeriale in via cautelare: il 2 luglio, l’Alta Corte Anti-Corruzione (HACC) ha esplicitamente respinto una mozione della procura che chiedeva di interdire Chernyshov dal suo ruolo di “Vice Primo Ministro e Ministro dell’Unità Nazionale”, consentendogli di restare al suo posto almeno fino a eventuali rinvii a giudizio.

Il caso Chernyshov mette in luce i tentacoli del potere politico negli affari giudiziari: il fatto che un fedelissimo del Presidente sia indagato per corruzione mentre ancora siede al governo rappresenta per Zelenskyy una questione spinosa, sia sul piano interno sia nei rapporti con i partner occidentali. Non a caso, pochi giorni prima dell’offensiva legislativa contro il NABU e la SAPO, Zelenskyy ha sostituito il Procuratore Generale nominando Ruslan Kravchenko (ex procuratore militare e governatore regionale) al posto di Andriy Kostin. Questa nomina, avvenuta il 21 giugno 2025, alla vigilia delle perquisizioni SBU contro il NABU e delle vicende che hanno coinvolto Chernyshov, è stata letta da molti analisti come la predisposizione di una figura di fiducia al vertice della Procura Generale, in un momento in cui l’establishment presidenziale si preparava a sferrare l’attacco decisivo all’indipendenza degli investigatori anticorruzione.


La votazione parlamentare: una legge ‘furtiva’ e i rischi per l’indipendenza degli organi anticorruzione

L’iter legislativo che ha portato all’approvazione della legge n. 12414 è stato aspramente criticato dalle opposizioni e dalla società civile, sia per il merito delle norme sia per il metodo con cui sono state introdotte. Le contestatissime disposizioni che sottomettono il NABU e la SAPO al Procuratore Generale sono state infatti inserite all’ultimo momento come emendamenti a un disegno di legge che originariamente riguardava tutt’altro, ovvero la procedura per le indagini sui dispersi in tempo di guerra.

Il 22 luglio mattina, in una riunione lampo della Commissione parlamentare per le forze dell’ordine, tenutasi senza la presenza del Presidente della commissione né del suo vice, e con molti membri all’oscuro, è stata approvata la versione emendata del testo, spianando la strada al voto finale nel giro di poche ore. Yaroslav Zheleznyak, deputato di opposizione, ha definito il provvedimento intriso dello “spirito dei tempi di Yanukovych”, riferendosi ai metodi autoritari dell’ex Presidente: Zheleznyak ha tentato di far rimuovere la legge n. 12414 dall’ordine del giorno, ma solo 53 parlamentari (sui 450) hanno votato a favore della sua mozione.

La maggioranza presidenziale ha quindi proseguito spedita, ignorando anche l’ostruzionismo fisico: i deputati di opposizione di Holos e Solidarietà Europea hanno infatti occupato per protesta il palco dell’Aula (la tribuna), cercando di bloccare i lavori, ma la presidenza del Parlamento, retta ad interim da un membro del partito al potere Sluha Narodu, ha continuato a mettere in votazione gli emendamenti uno dopo l’altro.

Nel merito, la legge trasferisce poteri inediti e di vasta portata al Procuratore Generale nei confronti degli organi anticorruzione del NABU e della SAPO. In particolare, i punti chiave includono:

Accesso e avocazione dei casi: il Procuratore Generale avrà accesso a tutti i fascicoli investigativi del NABU e potrà assegnare tale accesso anche ad altri procuratori di sua scelta. Inoltre, in caso di ‘necessità’ (anche discrezionalmente determinata), potrà trasferire un’indagine del NABU ad altri organi inquirenti, sottraendola alla giurisdizione esclusiva finora prevista.

Direttive vincolanti: la Procura Generale potrà emettere istruzioni scritte obbligatorie nei confronti dei detective del NABU, imponendo determinati atti d’indagine o indirizzando lo svolgimento delle inchieste. Se tali istruzioni non venissero eseguite, il Procuratore Generale avrebbe facoltà di riassegnare il caso ad altri organi, di fatto esautorando il NABU.

Controllo sulle accuse e sugli atti finali: sarà il Procuratore Generale, da solo, a decidere sulle questioni di competenza, ossia eventuali conflitti su chi debba indagare un caso, e ad apporre la firma finale sulle notifiche di accusa formale nei confronti di alti funzionari e politici, funzione finora svolta in modo indipendente dalla SAPO. Viene così introdotto un passaggio gerarchico ulteriore che potrebbe ritardare o impedire la formalizzazione di accuse scomode verso personalità di vertice.

Indebolimento della SAPO: il Capo della SAPO, che per legge è un Vice Procuratore Generale selezionato tramite concorso indipendente, verrebbe privato di poteri fondamentali: non potrà più nominare i procuratori che affiancano gli investigatori del NABU nei singoli casi, poiché tale prerogativa passa interamente nelle mani del Procuratore Generale. In pratica, la squadra di pubblici ministeri che dirige e sostiene un’indagine anticorruzione potrà essere decisa e modificata dall’alto. Inoltre, la SAPO perderebbe la sua autonomia funzionale e tornerebbe a essere de facto una semplice articolazione interna della Procura Generale.

Possibilità di chiudere procedimenti su istanza della difesa: una clausola inserita tra gli emendamenti prevede che le indagini condotte dal NABU possano essere archiviate su richiesta della difesa e su decisione del giudice se vengono superati determinati termini, senza più l’opposizione automatica della procura speciale. Questo, denunciano gli attivisti, potrebbe offrire scappatoie a imputati eccellenti per sfuggire al processo allungando artificiosamente i tempi delle indagini (ad esempio tramite ricorsi procedurali) e poi chiedendone la chiusura.

In virtù di queste modifiche, l’indipendenza investigativa e operativa del NABU e della SAPO, garantita dalle leggi varate tra il 2015 e il 2018 su pressione occidentale, verrebbe ‘effettivamente abolita’, come hanno scritto i due enti in una dichiarazione congiunta poche ore prima del voto. “In pratica, se questa legge entrerà in vigore, il capo della SAPO diventerà una figura nominale, mentre il NABU perderà la sua indipendenza trasformandosi in una sezione dell’Ufficio del Procuratore Generale”, hanno avvertito.  La famosa “infrastruttura anticorruzione costruita dal 2015 insieme ai partner internazionali” verrebbe smantellata in un colpo solo.


L’appello delle ONG anticorruzione contro l’approvazione della legge

Il Centro Action (AntAC), principale ONG ucraina specializzata nel monitorare la corruzione, ha commentato che la riforma crea “il monopolio di una sola persona sul controllo di tutti i procedimenti penali contro gli alti funzionari”: nelle mani del Procuratore Generale, figura nominata e di fatto controllata dal Presidente, si concentrerebbe il potere di decidere se far avanzare un’inchiesta contro un “amico del Presidente” oppure bloccarla, assicurando che “gli amici ricevano protezione e gli avversari la punizione”, per citare le parole critiche espresse dallo stesso ex Presidente del Parlamento Razumkov.

Transparency International Ucraina ha a sua volta condannato la legge come un grave passo indietro, “lesivo delle garanzie fondamentali di indipendenza” degli organi, e ha denunciato la violazione delle procedure parlamentari. Normalmente, tra la prima e la seconda lettura di un disegno di legge dovrebbe infatti intercorrere più tempo per permettere emendamenti, mentre in questo caso si è voluto procedere in pochi giorni. TI Ucraina e altre ONG hanno invocato invano un veto presidenziale immediato sul provvedimento approvato.


Le perquisizioni senza mandato dei servizi segreti e gli arresti ai danni dei dipendenti del NABU

Come se non bastasse, il contesto in cui si concretizza questa stretta è segnato anche da tensioni crescenti tra le forze di sicurezza dello Stato e gli organi anticorruzione. Appena il giorno prima del voto, il 21 luglio, l’agenzia di intelligence interna SBU (Servizio di Sicurezza dell’Ucraina) e la Procura Generale avevano condotto circa 80 perquisizioni a tappeto nelle abitazioni e negli uffici di 19 dipendenti del NABU in varie città, con un’azione coordinata mai vista prima. Tali perquisizioni, effettuate senza mandati giudiziari invocando l’urgenza di prevenire “fughe di notizie”, si inquadravano in un’indagine per alto tradimento, commercio illegale con la Russia e corruzione, in cui alcuni investigatori del NABU sono sospettati di legami illeciti con individui vicini ai servizi russi.

In particolare l’SBU ha arrestato il capo di un’unità investigativa interregionale del NABU, Ruslan Mahamedrasulov, accusandolo di aver favorito traffici commerciali del padre, cittadino russo registrato in Daghestan, e di avere contatti con ex politici filorussi latitanti. Un altro funzionario del NABU, Viktor Husarov, è stato fermato a Kyiv con l’accusa di spionaggio per conto dell’FSB, i servizi segreti russi. Sebbene eventuali “mele marce” all’interno del NABU vadano perseguite, il timing e l’ampiezza dell’operazione dei servizi segreti ucraini hanno fatto scattare l'allerta: gli ambasciatori del G7 hanno espresso “seria preoccupazione” per i blitz dell’SBU contro il NABU, annunciando colloqui urgenti con le autorità ucraine su questi recenti sviluppi. Il direttore del NABU Semen Kryvonos ha denunciato che le perquisizioni e gli arresti improvvisi, molti relativi a fatti remoti, come un incidente stradale occorso anni fa per danno di un investigatore, miravano a “intimidire e fare pressione” sul personale del NABU e sono “una conseguenza diretta delle sue indagini” in corso.


Le preoccupazioni dei vertici occidentali ed europei

Questi eventi, uniti al rifiuto governativo di nominare il vincitore di un concorso indipendente alla guida della neonata Agenzia per la Sicurezza Economica (BEB), delineano quella che molte voci qualificano come una campagna coordinata di pressione contro l’infrastruttura anticorruzione ucraina. Un diplomatico occidentale, citato anonimamente da Reuters, ha definito la situazione “il momento più pericoloso finora per l’indipendenza delle autorità anti-corruzione”, avvertendo che “la parte ucraina sta testando sempre più i limiti” della pazienza degli alleati occidentali.

Sul fronte economico, i mercati hanno subito registrato il colpo: nel giorno del voto, i titoli di Stato ucraini in circolazione sui mercati internazionali hanno perso oltre il 2% del loro valore, segnale della fuga di fiducia degli investitori di fronte a quella che appare come una retromarcia sulle riforme. Le ripercussioni rischiano di farsi sentire anche sul percorso di integrazione europea di Kyiv: “Lo smantellamento delle garanzie chiave a tutela dell’indipendenza del NABU è un grave passo indietro”, ha scritto su X (ex-Twitter) Marta Kos, Commissaria UE per l’Allargamento, aggiungendo che “lo Stato di diritto è al centro dei negoziati di adesione” e definendo la notizia “seriamente preoccupante”.

Sulla stessa linea diversi parlamentari europei e funzionari di Bruxelles, mentre a Washington il Dipartimento di Stato ha fatto sapere di seguire con attenzione la vicenda, in quanto la lotta alla corruzione è parte integrante delle condizioni del massiccio sostegno statunitense all’Ucraina.


Il ruolo di Zelenskyy sotto esame: i dubbi e le speranze dell’opinione pubblica

Benché formalmente il progetto di legge n. 12414 sia di iniziativa parlamentare, numerosi indizi indicano che dietro la sua approvazione vi sia la regia, o quantomeno il beneplacito, del Presidente Volodymyr Zelenskyy e del suo entourage. In pubblico Zelenskyy ha mantenuto un profilo insolitamente silenzioso sull’argomento: l’Ufficio del Presidente non ha risposto alle richieste di commento nel giorno del voto, e fino all’ultimo il capo dello Stato non aveva espresso posizioni esplicite sulla riforma.

Tuttavia, la macchina politica del partito di governo Sluha Narodu si è mossa in blocco per far passare la legge, con una disciplina di voto quasi monolitica, segnale difficilmente immaginabile senza un orientamento proveniente dall’alto. La stessa rapidità della procedura, a pochi giorni dal comitato al voto finale, fa supporre un forte interesse della leadership a chiudere la partita prima della pausa estiva e, soprattutto, prima che potessero coagularsi pressioni contrarie da parte occidentale. Zheleznyak, l’oppositore che ha seguito passo passo l’iter, ha riferito sul suo canale Telegram che Zelenskyy avrebbe firmato la legge già la sera stessa del 22 luglio, immediatamente dopo averla ricevuta dal Presidente del Parlamento. Questa circostanza, non confermata in via ufficiale al momento di andare in stampa, ma riportata da molteplici fonti parlamentari, già indicava la determinazione del Presidente a promulgare il provvedimento senza indugio, malgrado gli appelli al veto giunti da società civile e partner internazionali.

Le motivazioni dietro la spinta di Zelenskyy, eletto nel 2019 su un’agenda fortemente anticorruzione, a sostenere una legge apparentemente così in contraddizione con le promesse di rinnovamento, sono oggetto di analisi e speculazioni. Secondo gli osservatori critici, il Presidente e il suo cerchio ristretto, in primis il capo dell’Ufficio di Presidenza Andriy Yermak, starebbero cercando di blindare il controllo politico sul sistema giudiziario e di proteggere i propri alleati da possibili azioni penali, soprattutto in vista di future elezioni e in un clima in cui la guerra rende impraticabile l’alternanza di potere, a causa della legge marziale imposta dall’invasione russa su larga scala dal 2022. La narrazione ufficiale del governo è però diversa: Zelenskyy ha più volte dichiarato “tolleranza zero” verso la corruzione e di recente ha persino proposto di equiparare i reati corruttivi all’alto tradimento durante la legge marziale, il che significherebbe poter processare i corrotti in tempi rapidissimi e senza cauzione, giusto o sbagliato che sia.


Il dibattito tra le forze di governo e le forze di opposizione

I sostenitori della legge n. 12414 sostengono che centralizzare le indagini anticorruzione sotto la Procura Generale permetterà di evitare disfunzioni, duplicazioni e soprattutto infiltrazioni nemiche: è stato agitato lo spettro di agenti russi insinuati nelle strutture del NABU, come parrebbe dal caso Mahamedrasulov esposto prima, per giustificare la necessità di un “coordinamento superiore” in tempi di guerra. Alcuni parlamentari vicini a Zelenskyy hanno accusato il NABU di inseguire la notorietà e gli aiuti internazionali, a scapito dell’efficacia reale, e hanno applaudito all’intervento “normalizzatore” del parlamento.

Tuttavia tali argomentazioni non convincono la gran parte degli analisti indipendenti: “Questa legge non c’entra nulla con l’efficienza, c’entra con l’autoritarismo: ‘lo facciamo perché possiamo farlo’”, ha dichiarato in modo tranchant Yaroslav Yurchyshyn, deputato del partito di opposizione Holos ed ex dirigente di Transparency International. Egli ritiene che il vero obiettivo sia “eliminare i controlli e proteggere i propri uomini”, in particolare figure chiave dell’entourage presidenziale finite sotto indagine, come il già citato vice capo dell’ufficio presidenziale Oleg Tatarov. Tatarov, uomo di fiducia di Zelenskyy per i rapporti con le forze dell’ordine, era stato accusato dal NABU nel 2020 per una ‘mazzetta’ legata a un progetto immobiliare, ma era riuscito a sfuggire al processo grazie all’intervento provvidenziale della Procura Generale, che aveva tolto il caso al NABU per assegnarlo alla polizia ordinaria, di fatto insabbiandolo.

La vicenda Tatarov ha segnato uno spartiacque, mostrando i limiti dell’indipendenza degli organi anticorruzione quando il cerchio magico del Presidente è coinvolto, e molti vedono nell’operazione odierna il tentativo di istituzionalizzare quel modello di interferenza, rendendolo la norma anziché l’eccezione.


Le piazze piene: le reazioni e gli appelli dei media e dell’opinione pubblica

La reazione della società civile ucraina e dei media indipendenti alla vicenda è stata di forte condanna, con toni che in alcuni casi sfiorano la disperazione e la rabbia. Numerosi opinion leader hanno evocato esplicitamente un parallelo storico inquietante: quello con le “leggi dittatoriali” approvate il 16 gennaio 2014 dal parlamento controllato da Yanukovych nel tentativo (fortunatamente fallito) di spegnere le proteste di Euromaidan. “Mi sembra di rivivere il 16 gennaio 2014. Che vergogna... Il disegno di legge 12414 va assolutamente bloccato, ma dubito che l’abbiano fatto correre per poi fermarlo”, ha scritto la giornalista Tetyana Troschynska, vincitrice del Premio Gongadze, commentando a caldo il voto.

Olga Rudenko, direttrice del Kyiv Independent, ha ricordato sui social le immagini di 11 anni fa, quando i manifestanti di Maidan, giovani studenti, lavoratori, gente comune, avanzavano con scudi di legno su via Instytutska facendosi sparare addosso: “Le agenzie anticorruzione sono un prodotto di Maidan. Sono state pagate col sangue della gente. Quelle persone oggi sono state tradite”, ha scritto, denunciando il governo attuale che “smantella le istituzioni indipendenti anti-corruzione per salvare sé stesso”.

Valeriy Pekar, intellettuale e docente, ha avvertito che in Ucraina è sempre esistito un patto implicito per non distruggere l’eredità della Rivoluzione della Dignità: “Quel patto era il fondamento del percorso europeo del Paese. Non infrangetelo. Il prezzo da pagare sarebbe altissimo”. E Serhiy Fursa, analista finanziario e voce radiofonica, ha definito l’operazione in atto “un blitzkrieg anti-anti-corruzione”: “C’è chi accusava il NABU e la SAPO di essere inefficaci. Ma la velocità e la spregiudicatezza di questo attacco mostrano quanta paura facessero ai loro potenziali bersagli. Il che significa che stavano facendo il loro lavoro”.

Per la prima volta dall’invasione russa su larga scala del 2022, la sera del 22 luglio manifestazioni spontanee si sono tenute non solo a Kyiv ma anche a Leopoli (Lviv), Dnipro e altre città, sfidando il coprifuoco e il divieto di assembramenti imposto dalla legge marziale. Nella capitale il raduno di fronte all’ufficio presidenziale ha raggiunto i 2-3 mila partecipanti, un numero consistente vista la situazione bellica, con cartelli che recitano slogan come “La corruzione è anche un nemico” e “Non spegnerete la nostra voce”.

Si tratta, insomma, non solo di una questione di interessi concreti della nazione, in vista di un ipotetico ingresso nell’Unione Europea e nella NATO, ma anche e sopratutto di principi democratici. La società civile ucraina, che negli ultimi dieci anni ha mostrato una straordinaria capacità di mobilitazione e incidenza, dalla cacciata di Yanukovych nel 2014 alle riforme strutturali ottenute a seguito dell’Euromaidan, è oggi chiamata a una nuova prova di maturità: vigilare affinché l’emergenza bellica non diventi un pretesto per smantellare quelle istituzioni che essa stessa aveva contribuito a creare.


Zelenskyy ha firmato la legge: rottura definitiva con l’architettura anticorruzione post-Euromaidan

Il Presidente Volodymyr Zelenskyy ha promulgato la legge n. 12414 la sera stessa del 22 luglio, proprio nel momento in cui questo articolo è stato scritto, confermando così il sostegno pieno e diretto alla riforma tanto contestata dall’opinione pubblica. È evidente che questa scelta segna un punto di non ritorno: Zelenskyy si è assunto la responsabilità politica di una norma che mina radicalmente l’indipendenza del NABU e della SAPO, architravi delle riforme anticorruzione post-Euromaidan.

Non si è trattato di un passo obbligato né di una decisione neutra: il Presidente ha deciso consapevolmente di approvare un testo osteggiato dalla società civile, dai media indipendenti e dai partner occidentali, rompendo ogni residuo legame con l’eredità riformista e anticorruzione che lo aveva portato al potere nel 2019. Resta ora da vedere se la pressione internazionale riuscirà a invertire la rotta o se l’Ucraina imboccherà definitivamente un pericoloso stato di instabilità sotto la copertura dell’emergenza bellica.

За нашу і вашу свободу.

“Per la nostra e per la vostra libertà”

Tag: UcrainaZelenskyydemocrazia

Continua a leggere

Tutti gli articoli