Genocidio, pulizia etnica e sterminio di massa: cosa ci dice il Diritto internazionale?

Foto: Sede della Corte Penale Intenazionale, Wikimedia Commons Immagine con licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

Diritto

di Daniele Reggiardo,

Quelli di genocidio, pulizia etnica e sterminio di massa sono tra i più gravi crimini che esistano. In questo testo si farà chiarezza sulle differenze e le peculiarità che li contraddistinguono secondo il Diritto internazionale.

1. Introduzione

I termini “genocidio”, “sterminio di massa” e “pulizia etnica” vengono spesso usati per descrivere le più grandi atrocità che si possano compiere ai danni di un popolo. Dal punto di vista del Diritto internazionale, essi non sono però sinonimi: ogni espressione ha un suo significato preciso.

Questo articolo vuole fare chiarezza su queste differenze. Si spiegheranno i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità e il crimine dell’aggressione; si capirà perché il genocidio è considerato il “crimine dei crimini” e quale elemento specifico lo rende unico rispetto agli altri due (lo sterminio di massa e la pulizia etnica). Invece di basarsi su come queste parole vengono usate nel linguaggio comune, ci si atterrà alla definizione fornita dal Diritto internazionale, che offre una visione chiara e precisa di queste atrocità.

2.1. Una panoramica generale: introduzione

Le categorie dei crimini internazionali rappresentano le violazioni più gravi del Diritto internazionale, violazioni perseguite a livello globale. Sebbene possano presentare delle sovrapposizioni, ciascun crimine ha caratteristiche distintive che lo definiscono e lo distinguono dagli altri: il genocidio e l’aggressione sono crimini internazionali specifici e autonomi, mentre la pulizia etnica può essere perseguita sia come un crimine di guerra  (trasferimento forzato di popolazione civile, distruzione di proprietà) sia come un crimine contro l’umanità (persecuzione, deportazione, sterminio), a seconda dell’intento e della natura degli atti.

Per introdurre questo argomento è utile avere un’idea generale di tre concetti: i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità e il crimine di aggressione. Per spiegarli verrà utilizzato come fonte uno dei testi consigliati dalla Farnesina per il concorso per la carriera diplomatica, cioè Brownlie, I., (2008), “Principles of public international law”, (7th ed.), Oxford University Press, dopodiché ci sarà utile anche Cassese, A. Gaeta, P., (2008), “Le sfide attuali del diritto internazionale”, Bologna, Il Mulino, e infine un manuale di Diritto internazionale pubblico ideato per gli scienziati politici: Slomanson, W. R., (2010), “Fundamental Perspectives on International Law”, (6ª ed.), Wadsworth Publishing.

2.2. Una panoramica generale: i crimini di guerra

Si ha un crimine di guerra quando: a) vi è stata la violazione di una norma del diritto dei conflitti armati ‘posta a tutela di beni fondamentali’, e la violazione ‘causa serie conseguenze per la vittima’; b) la norma violata ha natura consuetudinaria oppure, se inclusa in un trattato internazionale, precisa o sviluppa il diritto consuetudinario ed è applicabile nel caso di specie; c) la violazione comporta, secondo il diritto internazionale consuetudinario, la responsabilità internazionale dell’individuo che ha tenuto il comportamento illecito (Cassese, 2008: 176) (1).

I crimini di guerra consistono in violazioni particolarmente gravi del Diritto internazionale umanitario. Questo corpo di norme include sia i trattati multilaterali sia il diritto consuetudinario, e disciplina la condotta delle Parti (2) in un conflitto armato. La loro applicazione si concentra sul comportamento dei belligeranti, e sulla distinzione fondamentale tra obiettivi militari e civili. 

I crimini di guerra includono atti come:

  • Esecuzioni extragiudiziali di civili e di personale militare che non partecipa più alle ostilità;
  • Il trattamento inumano dei prigionieri;
  • L’uso indiscriminato della forza, che non fa distinzione tra obiettivi militari e civili;
  • Gli attacchi deliberati contro personale e strutture mediche;
  • La distruzione su larga scala o il saccheggio di proprietà civile non giustificati da necessità militari;
  • L’utilizzo di civili come scudi umani;
  • La pulizia etnica e lo sfollamento forzato.

Il Diritto internazionale umanitario, nato con la Convenzione di Ginevra del 1864 e codificato nelle successive, stabilisce le regole per proteggere civili, feriti e prigionieri di guerra. Principi fondamentali, quindi, includono la distinzione tra combattenti e civili e la proibizione di crimini di guerra come lo stupro e la tortura. La responsabilità per tali crimini è stata perseguita da Tribunali storici come quello di Norimberga e, oggi, dalla Corte penale internazionale (CPI) (3).

2.3. Una panoramica generale: i crimini contro l’umanità

I crimini contro l’umanità sono definiti come “l’uccisione, lo sterminio, la riduzione in schiavitù, la deportazione e ogni altro atto disumano commesso contro qualsiasi popolazione civile, prima o durante la guerra, oppure persecuzioni per motivi politici, razziali o religiosi, sempre che tali atti o persecuzioni siano stati perpretati in esecuzione di uno dei crimini rientranti nella competenza del Tribunale [ossia crimini di guerra e crimini contro la pace], o in collegamento con uno dei siffatti crimini, e a prescindere dalla circostanza che essi abbiano costituito o meno una violazione del diritto interno del paese in cui sono stati commessi” (Cassese, 2008: 181) (4).

I crimini contro l’umanità sono atti atroci che hanno acquisito lo status di reati internazionali in seguito alle violenze su vasta scala del XX secolo, in particolare quelle perpetrate dal regime nazista. A Norimberga si perseguirono questi crimini per la prima volta, e venne stabilito il principio per il quale gli individui hanno doveri di fronte al consesso internazionale che possono superare l’obbligo di obbedienza a uno Stato.
A differenza dei crimini di guerra, i crimini contro l’umanità non richiedono un conflitto armato in corso, ma si caratterizzano per essere atti commessi nell’ambito di un attacco sistematico o diffuso contro una popolazione civile. Tali atti possono includere:

  • Lo sterminio, l’omicidio e i massacri di massa;
  • Gli stupri e le altre forme di violenza sessuale commessi in modo sistemico;
  • La pulizia etnica;
  • Le sparizioni forzate;
  • Qualsiasi altro atto disumano di gravità analoga.

La natura sistematica o diffusa dell’attacco contro una popolazione civile è l’elemento chiave che distingue questi crimini. La loro persecuzione è stata condotta da Tribunali speciali, come il Tribunale penale internazionale per il Ruanda, e oggi rientra nella giurisdizione della Corte penale internazionale.

2.1. Una panoramica generale: il crimine di aggressione

Le aggressioni “costituiscono crimini sottoposti alla giurisdizione del Tribunale [militare di Norimberga], e per i quali sussiste la responsabilità individuale, i seguenti atti, o ciascuno di essi: (a) Crimini contro la pace: ossia, la pianificazione, la preparazione, l’avvio o lo scatenamento di una guerra di aggressione, o di una guerra in violazione dei trattati, accordi o assicurazioni, o la partecipazione ad un piano comune o ad una conspiracy per l’attuazione di qualunque degli atti summenzionati” (Cassese, 2008: 193) (5).

Il crimine di aggressione è considerato il più grave, poiché rappresenta la violazione fondamentale del divieto dell’uso della forza nelle relazioni tra gli Stati. È un crimine di aggressione non solo l’inizio (avvio o esecuzione) di una guerra da parte di una persona che ricopre una posizione di leadership politica o militare all’interno di uno Stato, ma anche soltanto la sua preparazione e la sua pianificazione. Ovviamente, si tratta di una violazione palese della Carta delle Nazioni Unite.
I principi di Norimberga hanno introdotto la responsabilità penale (personale) per questo crimine, superando la visione che fosse una responsabilità esclusiva dello Stato. Tuttavia, i procedimenti penali per l’aggressione sono stati storicamente molto rari.

3. Lo sterminio di massa

“Per «sterminio» s'intende, in modo particolare, il sottoporre intenzionalmente le persone a condizioni di vita dirette a cagionare la distruzione di parte della popolazione, quali impedire l'accesso al vitto ed alle medicine.” (Statuto di Roma della Corte penale internazionale del 1998, art. 7.2b).

“Sterminio di massa” è un’espressione molto generica per indicare uccisioni su vasta scala. Nello specifico, un’uccisione di massa, o anche “massacro di massa”, implica l’assassinio di un numero elevato di individui senza l’intento specifico di annientare un gruppo protetto, quale un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso; in altre parole, il gruppo delle vittime è eterogeneo. Questo crimine può essere perpetrato per scopi militari o politici. Per esempio, gli eventi dell’11 settembre 2001, che causarono la morte di quasi 3.000 persone di 82 nazionalità diverse, rappresentano uno sterminio di massa. Sebbene la scala delle perdite umane sia enorme, la mancanza di prove che dimostrino una specifica intenzione di distruggere un gruppo “in quanto tale” secondo la definizione della Convenzione sul genocidio (ONU, 1948) impedisce la loro classificazone come genocidio. Questo sottolinea la fondamentale differenza tra lo sterminio di massa e il genocidio, che si basa proprio sull’elemento psicologico dell’intenzione (dolus specialis). Un altro esempio di sterminio di massa è il Grande balzo in avanti del cinese Mao (1958 - 1961), il quale causò la morte di milioni di persone ma senza l’intento di cancellare la popolazione di etnia cinese.

4. La pulizia etnica

Non esiste una definizione giuridica ben definita per la nozione di “pulizia etnica”, anche se è stata riconosciuta come un crimine contro l’umanità sia dalla Corte penale internazionale sia dal Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia. L’idea è che per “pulizia etnica” si intenda una “violenza organizzata e protratta contro un preciso gruppo etnico con lo scopo di sterminarlo” (Grieco, Ikenberry, Mastanduno; 2017: 428) (6), coerentemente con la definizione di Treccani, secondo la quale essa sarebbe un “programma di eliminazione delle minoranze, realizzato attraverso il loro allontanamento coatto o ricorrendo ad atti di aggressione militare e di violenza, per salvaguardare l’identità e la purezza di un gruppo etnico”. 

A differenza del genocidio, la pulizia etnica non richiede l’intenzione di distruggere fisicamente un gruppo etnico. Si tratta, piuttosto, di un processo volto a rimuovere forzatamente un gruppo etnico, razziale o religioso da un’area geografica specifica, mediante deportazioni e trasferimenti forzati, intimidazioni attraverso la minaccia volte a costringere le persone a fuggire, atti di violenza (come omicidi, stupri e torture) diretti contro il gruppo target. Un esempio storico è la campagna di soprusi e violenze che il governo nazionalista di Milošević esercitò sui civili kosovari di etnia albanese alla fine degli anni Novanta: campagna che aveva l’obiettivo di indurre i sopravvissuti a fuggire, lasciando il Kosovo sotto il controllo serbo. 

5. Il genocidio

“Nella presente Convenzione, per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale: a) uccisione di membri del gruppo; b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo; c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; d) misure miranti a impedire nascite all'interno del gruppo; e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro.” (Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948, art. 2).

Il termine “genocidio” fu coniato nel 1944 dal giurista polacco Raphael Lemkin per descrivere la distruzione di gruppi nazionali, religiosi o culturali. A causa della sua recente coniazione, il termine non fu utilizzato nello Statuto del Tribunale di Norimberga e i crimini dell’Olocausto furono perseguiti come atti di sterminio e persecuzione, rientrando comunque nella categoria dei crimini contro l’umanità.

Seguendo il testo di Cassese e Gaeta (2008) (7) è possibile approfondire la Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948, tramite la quale il genocidio acquisì autonomia giuridica. Da un lato, la Convenzione fornisce una definizione accurata del crimine e prevede la punibilità di atti connessi come la cospirazione e la complicità. Inoltre, proibisce il genocidio sia in tempo di pace che di guerra e lo configura sia come crimine che implica la responsabilità penale (individuale), sia come illecito internazionale che comporta la responsabilità dello Stato – in altre parole, punisce sia le persone fisiche (un Capo di Stato) sia gli Stati come soggetti del Diritto internazionale. Dall’altro lato, gli strumenti di attuazione coercitiva sono tendenzialmente deboli e inefficaci. La giurisdizione è attribuita ai Tribunali dello Stato in cui il crimine è stato commesso o a un futuro Tribunale penale internazionale. Per lungo tempo, la Convenzione si è rivelata un fallimento sul piano dell’attuazione, con un’unica presa di posizione dell’ONU sul caso di Sabra e Shatila nel 1982 e una prima causa davanti alla Corte internazionale di giustizia solo nel 1993 (Jugoslavia). Al di là dei pregi e dei difetti, la norma di divieto di genocidio ha acquisito un carattere di ius cogens (ius cogens: norma del Diritto internazionale che deve essere rispettata “a prescindere” (8)), ponendo obblighi di natura solidale verso tutti non derogabili.

I componenti fondamentali che definiscono il crimine di genocidio, delineati dalla Convenzione del 1948, sono due, entrambi da soddisfare contemporaneamente: l’elemento oggettivo e l’elemento soggettivo.
In prima istanza, l’elemento oggettivo riguarda le azioni concrete commesse. La Convenzione elenca cinque tipi di atti specifici che possono costituire un genocidio, purché compiuti con l’intento di distruggere un gruppo:

  • L’uccisione dei membri del gruppo;
  • Le lesioni fisiche o mentali gravi inflitte ai membri del gruppo;
  • L’imposizione deliberata di condizioni di vita volte a causare la distruzione fisica del gruppo, in tutto o in parte.
    Questo può includere, per esempio, la privazione di cibo, cure mediche o rifugi essenziali;
  • L’adozione di misure volte a impedire le nascite all’interno del gruppo.
    Per esempio, la castrazione o comunque impedire i rapporti sessuali;
  • Il trasferimento forzato di bambini da un gruppo a un altro.

Il Tribunale internazionale per il Ruanda ha successivamente apportato degli aggiornamenti, tra cui l’inclusione dello stupro tra i possibili elementi oggettivi.
È fondamentale notare che il genocidio, a differenza dei crimini contro l’umanità, non richiede un contesto di attacchi su larga scala o sistematici contro la popolazione civile. Anche un singolo atto, se compiuto con l’intento specifico di distruggere un gruppo, può essere sufficiente. Inoltre, la Convenzione tutela solo i gruppi definiti su base nazionale, etnica, razziale o religiosa: non sono quindi inclusi i genocidi di tipo politico o culturale.

In seconda istanza, l’elemento soggettivo è l’aspetto più cruciale e distintivo del crimine di genocidio. Non è sufficiente compiere uno degli atti sopra elencati (quelli dell’elemento oggettivo); è necessario che l’autore agisca con la specifica intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo protetto “in quanto tale”. L’obiettivo finale non è semplicemente uccidere, ferire o deportare, ma eliminare il gruppo come entità collettiva. Questo dolo specifico differenzia il genocidio da altri crimini. Per esempio, l’uccisione di membri di un gruppo etnico durante un conflitto può essere un omicidio o un crimine di guerra, ma diventa genocidio solo se si dimostra che l’intento principale dell’autore era la distruzione del gruppo stesso. Il genocidio è quindi un crimine difficile da provare, poiché si deve accertare non solo l’azione, ma anche la vera motivazione dietro di essa.

L’Olocausto è sicuramente il genocidio più conosciuto, ma è importante evidenziare che, potenzialmente, il numero di vittime può essere zero. Per esempio, si pensi al caso in cui uno Stato decida di impedire a un gruppo etnico minoritario di riprodursi, oppure, al caso in cui i bambini di un gruppo etnico minoritario vengano deportati molto piccoli, per essere poi sottoposti a lavaggio del cervello e “rieducati”.

6. Conclusione

Lo sterminio di massa non è una categoria giuridica autonoma ma, a seconda del contesto e dell’intento, può rientrare nei crimini contro l’umanità, qualificandosi come una forma di omicidio su larga scala. La sua caratteristica principale è l’assenza di un’intenzione mirata a distruggere un gruppo specifico “in quanto tale”. La “colpa” del crimine è la massa stessa delle vittime, non la loro appartenenza a un determinato gruppo etnico.

La pulizia etnica non è un crimine autonomo nel Diritto internazionale, ma è una prassi che, a seconda delle sue modalità di esecuzione, può configurare sia un crimine di guerra (se commessa nel contesto di un conflitto armato, per esempio come trasferimento forzato della popolazione civile o come distruzione delle abitazioni), sia un crimine contro l’umanità (se parte di un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile, come persecuzione, deportazione o stupro). La sua finalità è l’espulsione di un gruppo da un determinato territorio, senza necessariamente l’intenzione di annientarlo fisicamente.

Il genocidio si distingue come il crimine più grave. È un crimine autonomo sia in tempo di pace che di guerra. La sua natura peculiare risiede nell’intenzione specifica di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. Questa specifica finalità lo eleva al di sopra degli altri crimini, rendendo anche un singolo atto, se supportato da tale intento, sufficiente a configurare il reato. 

Bonus: definizioni

Ringrazio la redazione e il direttivo dell’Associazione per la revisione dell’articolo e per aver proposto dei commenti pertinenti e costruttivi. Questo articolo è il risultato di un enorme lavoro di squadra che dimostra il pluralismo di opinioni che caratterizza Liberi Oltre le Illusioni

Tag: diritto internazionalegenocidiocrimini di guerrasterminio di massaStatuto di Romapulizia etnica

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