OltreFrequenze | 16 Hz

OltreFrequenzeMusica

di Giacomo Solari,

Vigilia autunnale e una sincera difficoltà nello scrivere di musica quando il grigiore, il nero, si fa perenne e non più legato alla mera caratterizzazione di una stagione. Buona lettura.

disco

A Danger to Ourselves

di Lucrecia Dalt
Uscita: 05/09/2025 | Genere: Experimental

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Con A Danger to Ourselves Lucrecia Dalt compie un passo che sembra inevitabile e al tempo stesso sorprendente: lascia alle spalle i mondi paralleli e le figure mitiche di ¡Ay! per scendere nel terreno più rischioso, quello della propria vulnerabilità. È un album che nasce da una frattura reale, da un corpo che per qualche istante ha smesso di funzionare, e che si traduce in musica come testimonianza viva, un continuo oscillare tra intimità disarmante e tensione irrequieta. Qui la voce si espone, si incrina, diventa il centro stesso delle composizioni.

La produzione condivisa con David Sylvian amplifica questa tensione. Ritmi che esitano, percussioni spezzate, linee melodiche che emergono e si dissolvono, quasi a riprodurre la fragilità del respiro. In cosa rara i battiti minimi si dilatano fino a diventare un mantra, mentre in Divina sensualità e inquietudine convivono in una cornice che odora di trip-hop allucinato. No Death No Danger vibra di un’energia più diretta, quasi industriale, ma sempre trattenuta dal magnetismo vocale di Dalt. Ogni brano sembra un ambiente a sé, eppure tutti condividono un filo rosso, nonché la ricerca di un linguaggio che tenga insieme eros e pericolo, desiderio e perdita, carne e immaginazione.

Il fascino del disco sta proprio in questo equilibrio instabile. L’universo sonoro è fitto di presenze, a gravitare ospiti come Juana Molina, Camille Mandoki, lo stesso Sylvian, eppure tutto sembra ruotare intorno a una voce che si mette a nudo. Le influenze sono lampanti, il trip-hop dei Portishead, Sade, la stessa Björk più in modalità Vespertine. Il risultato è un’opera in cui la sperimentazione non è un esercizio estetico, ma un modo di rendere udibile la fragilità, il tremore, l’insistenza del vivere.

Se il suo disco precedente fu il mio album preferito del 2022, A Danger to Ourselves è forse il risultato più umano di Lucrecia Dalt, quello in cui la sua ricerca sonora diventa finalmente esperienza condivisa. 


disco

No One Was Driving The Car

di La Dispute
Uscita: 05/09/2025 | Genere: Post-Hardcore

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La Dispute torna dopo sei anni con un album che cerca di ridefinire cosa significhi stare al volante. Un’opera che pulsa di temi attuali, tra i quali automazione, degrado post-industriale, fede stravolta e disuguaglianze. Il titolo nasce da una frase ripresa da un incidente reale con protagonista un’automobile a guida autonoma esplosa. 

C’è un contrasto costante tra l’intimo e il sociale, tra dolore personale e colpa collettiva. 

Musicalmente l’album miscela momenti fragili con esplosioni brutali. Tracce come Self-Portrait Backwards, Saturation Diver, I Dreamt of a Room with All My Friends I Could Not Get In mostrano la capacità della band di aspettare, di costruire tessuti sonori sottili che fanno da fondo al tumulto, mentre pezzi come Environmental Catastrophe Film o Top-Sellers Banquet scavano nel noise, nel post-hardcore più viscerale, evocando ricordi di Slint, Unwound, Fugazi, ma anche momenti di Sabbath, non tanto nelle sonorità, quanto nella potenza rituale.

Una cosa che mi ha colpito è quanto il sentimento del luogo, Grand Rapids, sia centrale e non venga usato come mera ambientazione, ma come carne viva; il passato industriale, la chiesa riformata, i sistemi di marketing che si infilano nella vita di chi spera, di chi cede, di chi si ribella. Nel flusso delle canzoni, la fede diventa lente per guardare il male, ma anche punto di domanda su cosa significhi credere quando gli altarini sono corrotti, quando la promessa di redenzione suona vuota. 

Questa è una di quelle uscite che si guadagna il suo posto nella tua raccolta perché non è solo buona, è necessaria. Quando l’ascolti, senti che La Dispute non sta rifugiandosi nel passato del proprio mito, ma lo sfida, lo dilata, lo trasforma. C’è spazio per l’odio, per il rimpianto, per l’angoscia, ma anche per un tipo di lucidità che brucia.


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Cutthroat

di Shame
Uscita: 05/09/2025 | Genere: Alt-Rock

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Onestamente, dopo lo splendido Drunk Tank Pink del lontano ormai 2021, percepisco un certo calo da parte della simpatica comitiva chiamata Shame. Parliamoci chiaro, questo disco trova spazio in questo numero di OltreFrequenze perché la qualità produttiva resta altissima (alla regia c’è John Congleton, già al fianco di St. Vincent e Angel Olsen, tra gli altri) e perché rappresenta un esempio impeccabile di alt-rock ben fatto, solido, senza troppe pretese.

Detto ciò, si sta un po' avverando quello che sospetto da tempo. Grazie al cielo abbiamo di nuovo i disconi “alternative”, dei vari Fontaines D.C. e Idles in questo caso, in cima alle classifiche, ma allo stesso tempo si sta un po' appiattendo la curva qualitativa e, soprattutto, innovativa dei vari progetti che hanno seguito questo filone. Un po’ di stagnazione, insomma. Che, da un lato, è persino positiva; significa che la quantità di prodotti di livello medio-alto è elevata; ma dall’altro penalizza quell’egoistico brivido uditivo di chi, come me, ascolta con il ditino puntato e pretende sempre la scintilla in più.

Insomma, ho colto l’occasione della nuova uscita degli Shame per dare forma, in maniera un po’ più estesa, a un pensiero che mi accompagna già da tempo. Chiedo venia.


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Double Infinity

di Big Thief
Uscita: 05/09/2025 | Genere: Folk-Rock / Alt-Rock

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​​​​​​Double Infinity porta con sé il peso della perdita del bassista Max Oleartchik. Ora ridotti a trio, i Big Thief coinvolgono ospiti come Laraaji, ad aggiungere zither, ambientazioni quasi cosmiche, vocalizzi sospesi.

Il disco è fatto di atmosfere che danzano tra la familiarità folk e vertigini psichedeliche. No Fear è un mantra liberatorio, un passo oltre la paura, con arrangiamenti che sembrano librarsi e la voce di Adrianne Lenker come più vulnerabile e saggia allo stesso tempo. 

Le liriche restano semplici, quasi essenziali, ma ricche di immagini vivide, ricordi, distanze, amori che ritornano. Los Angeles riannoda fili tra presente e passato, tra assenza e incontro. C’è un’idea forte che attraversa il disco, l’amore come forza che resiste al tempo, all’assenza, al silenzio.


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HAGEN

di Titanic
Uscita: 05/09/2025 | Genere: Experimental

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Titanic, duo formato da Mabe Fratti e Héctor Tosta, costruisce in Hagen un’architettura sonora che sembra provenire da un mito. Voce di cellista che diventa canto interiore, chitarre che graffiano l’aria, sintetizzatori che s’insinuano come fantasmi. L’album è figlio dell’esperienza nella scena avanguardista di Città del Messico, dove Fratti, oltre al lavoro solista, collabora con ensemble improvvisativi e sperimentali, e dove Tosta, sotto I la Católica, esplora il terreno del suono con rigore e oscenità controllata. 

Tracce come Escarbo dimensiones si sviluppano da tessiture rarefatte, il violoncello come hum sotterraneo, il silenzio che si tende, fino a esplosioni di densità sonora, mentre Pájaro de fuego mischia synth eterei e archi lontani, come se un canto rituale dialogasse con l’elettronica. Gotera aggiunge una scossa punk improvvisa; La Gallina Degollada cita letteratura oscura, trasportando la voce e il cello verso territori lirici e perturbanti. 

C’è nel lavoro dei Titanic una doppia tensione: quella della forma, classica e alla fine quasi chamber, e quella della rottura, della dissonanza, del rumore che vuole invadere il bordo della bellezza. Influenze che vanno da pratiche sperimentali di free jazz e improvvisazione, fino alla musica classica contemporanea, passando per un’estetica pop deformata, che non rinuncia mai a essere evocativa pur rimanendo sfuggente.

L’ascolto è una sfida dolce, HAGEN un invito a restare svegli dentro l’ignoto, ad accettare che la bellezza possa venire macchiata dalla tensione, che la sacralità non sempre consoli, ma scuota.


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I Diari Di Mio Padre

di IOSONOUNCANE
Uscita: 12/09/2025 | Genere: Ambient / Experimental / Soundtrack

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Terzo lavoro derivante dalla raccolta di colonne sonore Il Suono Attraversato. I Diari di Mio Padre è già cinema, fatto di suoni che portano addosso la polvere delle VHS, la luce tremolante dei ricordi, l’eco di un dolore che non smette di tornare. IOSONOUNCANE affronta la storia di Bekir Hasanović con una delicatezza che scolpisce, come se ogni frammento musicale fosse inciso sulla superficie stessa delle immagini.

Qui la musica non segue il racconto, lo anticipa, lo interrompe, lo amplifica. C’è un modo in cui i sintetizzatori si stendono come nebbie, per poi lasciare emergere la diamonica che taglia l’aria di Srebrenica; non un semplice tema, un grido silenzioso, un canto che tiene insieme assenza e resistenza. L’elettronica resta sempre sul crinale, sospesa tra ambient rarefatto e un’ossatura più concreta che non si concede all’enfasi. Alcuni passaggi sembrano quasi scomparire, farsi silenzio, ma in quel silenzio il senso si fa più forte, più difficile da eludere.

Lì si capisce che Jacopo Incani come sempre non si è limitato a comporre una colonna sonora, ma un’opera autonoma che sopravviva alle immagini e si faccia forza di memoria. Un equilibrio commovente e mai retorico, capace di rendere universale una ferita personale e storica.


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Mark William Lewis

di Mark William Lewis
Uscita: 12/09/2025 | Genere: Indie-Folk

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Partiamo dal fatto che questo disco è un evento. Soprattutto per cinefili come il sottoscritto, il rilascio del primo album prodotto A24 (sotto A24 Music) non può altro che portar festa. Nel suo album omonimo, Mark William Lewis si muove tra frammenti di memoria e malinconia urbana. È lui che, nelle interviste, parla delle sue passeggiate notturne lungo il Tamigi, gettando sassi nell’acqua come se fossero pensieri. Un’immagine che riverbera in ogni traccia, chitarre sospese, armoniche febbrili, voce baritonale e splendidamente sussurrante.

Su Still Above, c’è un’eleganza da sophistipop trattenuta, un funk attenuato che richiama quasi certe sfumature indie inglesi anni zero; Tomorrow Is Perfect invece mescola riferimenti e malinconie post-Britpop, con liriche astratte su tradimenti interiori e disconnessioni.

Le influenze si intrecciano: partendo dai piani alti, Bob Dylan e Neil Young, grazie ai tempi e all’uso dell’armonica, scendendo poi alla scena sperimentale londinese, e a momenti che ricordano Dean Blunt, Talk Talk e perfino la delicatezza rarefatta di certi pezzi di Blue Nile.

Quello che resta, ascolto dopo ascolto, è il contrasto tra una bellezza discreta e una tensione emotiva latente.


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Pain to Power

di Maruja
Uscita: 12/09/2025 | Genere: Jazz-Punk / Post-Punk / Experimental-Rock

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Maruja arriva al debutto in studio con un disco che sembra aver maturato dentro sé stessa per anni, attraversando epoche di prove, jam session, scene sotterranee di Manchester e fermenti politici che non riescono a restare fuori dalla porta. 

Subito con Bloodsport capisci che non è il solito debutto indie che accende la furia per poi trattenerla. Bassi e batteria a martello, sax alto e baritono urlante, a sibilare e riverberare. Maruja gioca con il contrasto con momenti di pura violenza sonora che poi cedono a pause vibranti, a tregue di riverbero, a sezioni quasi meditative. Le tracce lunghe come Look Down On Us o Born To Die espandono la tensione in suite quasi cinematiche, alternando urla, spoken word, sprazzi di jazz improvvisato, e poi crescendo che non sono semplici scoppi.

Quello che sorprende è quanto il messaggio riesca a farsi diretto e mai didascalico. Maruja parla di capitalismo, disuguaglianza, migrazioni, sostegno ai Palestinesi e all’idea di bellezza nella diversità. In Saoirse, per esempio, c’è una delicatezza dolorosa che convive con la tensione politica, eppure quando arriva il mantra, “It’s our differences that make us beautiful”, non suona retorico ma come un’esigenza. È come se la band dicesse che l’arte può essere un’arma, ma che quella più potente è quella della sincerità, della comunità, del sentirsi fragili ma insieme.

Nel percorso sonoro emergono influenze forti di jazz-punk, a richiamare Godspeed You! Black Emperor in termini di idea di espansione, i crescendo post-rock, l’energia del punk e del noise, ma anche echi di Swans nella maniera in cui la band lascia vibrare le note, sospende il rumore e poi lo riprende, come un’onda che sale e scroscia. C’è qualcosa anche del flow improvvisativo che sta alla base dei generi più sperimentali.

Detto ciò, non tutto è perfetto, alcuni passaggi a volte sembrano ripetere lo stesso schema, fissati su crescendo e tonalità similari, e dopo metà album il rischio è che la potenza sfumi un po’ per l’abitudine sonora è reale. Forse un difetto accettabile, considerato quanto è ambiziosa la costruzione emotiva dell’album. Perché quando Pain to Power funziona, lo fa con un’urgenza che ti scuote, che ti costringe ad ascoltare, sentirti complice, restare sveglio.


OltreFrequenze

La rubrica che vi porterà alla scoperta dei migliori nuovi album, selezionati per accompagnare la vostra quotidianità e offrirvi il meglio della scena musicale. A cura di Giacomo Solari

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