In realtà, come vedremo, si è trattato di un grave errore umano, legato al mancato rispetto delle più basilari norme di sicurezza, che sono approvate dagli organismi preposti e permettono di effettuare esami diagnostici in tutta sicurezza, pur usando macchinari capaci di generare energie molto potenti e particolari, quale un forte campo magnetico nel caso della Risonanza Magnetica.
Usare questo tipo di titoli, decisamente raffazzonati e poco aderenti alla realtà, può generare sfiducia nell’utenza verso uno degli strumenti diagnostici più sicuri e diffusi in medicina.
Ma non è solo nei titoli che si è riscontrata una comunicazione approssimativa: anche all’interno degli articoli, la vicenda è stata spesso trattata in modo superficiale, ignorando o travisando elementi fondamentali, come il ruolo della catena metallica o le dinamiche reali di sicurezza in ambiente RM. In molti casi si è evitata qualsiasi contestualizzazione tecnica, lasciando intendere che l’evento sia stato frutto di una fatalità o, peggio, di un rischio connaturato all’esame stesso.
Eppure sarebbe bastato consultare un esperto del settore – un radiologo, un tecnico di radiologia o un fisico sanitario – per offrire al lettore un’informazione più accurata, corretta e utile a comprendere realmente quanto accaduto. In un’epoca in cui la salute e la tecnologia medica sono sempre più al centro del dibattito pubblico, l’accuratezza dell’informazione non è solo un dovere giornalistico, ma una responsabilità sociale.
Guardando ai giornali in lingua inglese, capiamo un po’ meglio i fatti: Secondo Associated Press e BBC, la vicenda è accaduta il 16 luglio 2025 al Nassau Open MRI di Westbury, Long Island: un uomo di 61 anni, K.A., indossava una pesante catena metallica da palestra (20 libbre, circa 9 kg). Durante la RM alla moglie, non si è ancora capito per quale motivo, l’uomo è entrato in area magnete. Il forte campo magnetico ha attirato la catena, trascinandolo all’interno e bloccandolo sul macchinario (gantry). L’uomo ha avuto un “medical episode” (infarto?) ed è morto il 17 luglio in ospedale. BBC e AP sottolineano che:
- Non si è trattato di un guasto tecnico, ma di mancata osservanza delle misure di sicurezza.
- Lo staff era già a conoscenza della catena (la stessa era stata notata durante esami precedenti, con il soggetto fuori dall’area magnete).
- Si parla di ritardo nei soccorsi (indagine in corso, verrà tutto accertato).
Sottolineo come queste testate abbiano riportato i fatti in modo dettagliato e senza sensazionalismi.
Informare con rigore: quando i dettagli fanno la differenza
La cronaca degli eventi, come riportato poco sopra, restituisce una ricostruzione più precisa e documentata dell’evento: un uomo è stato trascinato nella sala RM da una pesante catena metallica: sul perchè un uomo debba entrare in un centro diagnostico con una catena da 9kg al collo evitiamo di commentare, ma in un’area di Risonanza Magnetica un oggetto del genere è assolutamente vietato (se ne sono viste le conseguenze). La sua presenza durante l’esame della moglie in una zona vicina alla sala magnete (per quale motivo?), la catena stessa, i dubbi sui tempi di reazione dello staff rendono la vicenda complessa e meritevole di una riflessione approfondita.
Ed è proprio in questi casi che il ruolo del giornalismo dovrebbe essere quello di informare, non di allarmare. Fornire un quadro tecnico corretto, contestualizzare le dinamiche cliniche e ascoltare le competenze di chi lavora ogni giorno in quegli ambienti avrebbe permesso di costruire una narrazione più utile, rispettosa e formativa per il pubblico.
Titoli come “Ucciso dalla risonanza magnetica” non solo travisano i fatti, ma alimentano un ingiustificato terrore verso una procedura diagnostica fondamentale, non invasiva ed estremamente sicura, tanto da usarla come metodica di scelta per l’imaging pediatrico, per fare un esempio, che è una metodica che non usa radiazioni, a differenza di altre indagini quali la Tomografia Computerizzata (erroneamente tuttora chiamata TAC), che invece le utilizzano, e possiede risoluzione (capacità di distinguere strutture anatomiche e patologiche molto piccole) molto alta. La risonanza magnetica è oggi uno degli strumenti più affidabili e precisi a disposizione della medicina, ed è dovere dell’informazione proteggerne la credibilità, anziché minarla con superficialità e allarmismo.
Il magnete RM e la struttura delle aree controllate
Per comprendere appieno quanto sia cruciale il rispetto delle norme di sicurezza in risonanza magnetica, è utile descrivere brevemente l’organizzazione fisica degli spazi e la natura del macchinario coinvolto.
Gli scanner RM sono basati su magneti a campo elevato, spesso superconduttivi, che generano campi magnetici statici estremamente potenti, tipicamente di 1.5 Tesla o 3 Tesla nei contesti clinici. Per dare un’idea, il campo magnetico terrestre è di circa 50 microTesla: il magnete RM è quindi decine di migliaia di volte più forte. In ambito di ricerca si possono trovare anche scanner da 7 Tesla e oltre.
Una caratteristica fondamentale di questi magneti è che il campo magnetico è sempre attivo, 24 ore su 24: non si accende solo durante l’esame. Questo significa che l’area circostante il magnete è costantemente soggetta all’influenza di forze in grado di attrarre violentemente materiali ferromagnetici. Anche oggetti apparentemente innocui come forbici, chiavi o clip (perfino penne!) possono trasformarsi in veri e propri proiettili se introdotti inavvertitamente nella zona a rischio. Tra l’altro, internet è pieno di video e foto di “incidenti” in Risonanza Magnetica.
Proprio per questo motivo, l’area RM viene strutturata in zone a sicurezza crescente, secondo uno schema codificato a livello internazionale:
- Zona 1: area aperta e accessibile al pubblico, come l’ingresso del reparto.
- Zona 2: area di accoglienza e pre-screening, dove il personale inizia a valutare la compatibilità del paziente.
- Zona 3: accesso ristretto, riservato a personale addestrato e pazienti già controllati. Qui è presente una porta di accesso controllato alla sala magnete.
- Zona 4: la sala della risonanza magnetica vera e propria, dove il campo magnetico è massimo. L’ingresso è consentito solo a pazienti senza controindicazioni e a operatori formati.
Questa suddivisione serve proprio a filtrare progressivamente chi può avvicinarsi al magnete, garantendo che nessun oggetto pericoloso o persona non autorizzata acceda alla zona a rischio. Qualsiasi violazione di questo protocollo può avere conseguenze gravi, come purtroppo dimostrato dal recente caso di cronaca.
Protocollo di sicurezza in risonanza magnetica: la situazione in Italia
La risonanza magnetica è una tecnica estremamente sicura, ma vuole rigore assoluto nelle procedure, che possono apparire superflue o inutili, ma in realtà prevengono proprio certi incidenti.
Prima di ogni esame, viene eseguito un attento screening di sicurezza. Al paziente viene chiesto di compilare un questionario dettagliato, in cui si riportano interventi chirurgici passati, dispositivi impiantati, protesi, clip vascolari o anche semplici oggetti metallici indossati (come gioielli, piercing, cinture, fermagli, etc.). Viene poi richiesto di indossare un camice privo di componenti metalliche, in modo da evitare sia che oggetti di piccole dimensioni dimenticati in tasca possano entrare in area magnete, sia che componenti degli abiti possano creare distorsione delle immagini per conflitto con il campo magnetico.
L’accesso alla sala RM avviene solo dopo che ogni potenziale rischio è stato escluso: può succedere di rimandare l’esame se non si ha adeguata informazione e documentazione di interventi o protesi compatibili; non è un cercare di fare i puntigliosi, la sicurezza prima di tutto. L’intero processo è supervisionato da personale formato e da figure professionali con competenze specifiche in sicurezza RM.
Durante l’esame, il paziente viene monitorato costantemente e, se necessario, l’esame può essere interrotto immediatamente. Tutti i centri dispongono di protocolli di emergenza ben definiti, inclusi quelli per la gestione di eventi rari ma critici come situazioni in cui è necessario spegnere la macchina ed annullare il campo magnetico (paziente incastrato nella macchina per colpa di un oggetto attirato), ovvero quello che tecnicamente viene chiamato quench, che tra le varie azioni porta al rilascio di elio, normalmente presente all’interno della macchina, all’esterno dell’impianto mediante un apposito comignolo.
Infine, in presenza di dispositivi impiantati (pacemaker, neurostimolatori, pompe infusionali), viene effettuata una valutazione approfondita per stabilire se siano “MR conditional”, cioè compatibili con l’esame solo a determinate condizioni. In questi casi, ogni dettaglio tecnico – dalla posizione del dispositivo ai parametri dell’esame – viene analizzato prima di procedere.
La sicurezza in risonanza magnetica non è mai affidata all’improvvisazione: è il risultato di una cultura professionale ben strutturata, fatta di formazione, attenzione ai dettagli e rispetto assoluto delle procedure. Un sistema che, se seguito correttamente, garantisce al paziente la massima sicurezza, ogni giorno, in migliaia di esami eseguiti in tutto il mondo.
Conclusioni
Quel che sta emergendo dai resoconti della stampa internazionale è che la tragica vicenda non deriva da un malfunzionamento tecnico della risonanza magnetica, ma da una catena di errori umani. Se questi fatti fossero stati comunicati con precisione anche dalla stampa italiana, si sarebbe evitata molta confusione e soprattutto un inutile allarme tra i cittadini: scrivere che un uomo è stato “Ucciso dalla risonanza” non solo non rispetta la verità, ma danneggia anche la fiducia dei cittadini nei confronti di uno strumento diagnostico fondamentale.
La risonanza magnetica non è solo una tecnologia avanzata, ma anche estremamente sicura: un insieme di norme, protocolli, formazione e controlli proteggono pazienti e operatori dal rischio associato a un campo magnetico molto potente. Parlarne in modo superficiale significa ignorare un intero sistema organizzato e sottovalutare la professionalità di chi, ogni giorno, lavora per garantire esami sicuri e affidabili.
Un evento tragico come questo, raccontato in modo impreciso e spesso fuorviante, può e deve diventare un’occasione per fare buona informazione. Non solo per ristabilire la verità dei fatti, ma per spiegare come davvero funzionano certe procedure, quanto siano sicure e quanto impegno richiedano da parte di chi le esegue ogni giorno.
Ai cittadini e ai pazienti diciamo questo: non abbiate timore di chiedere. Chiedete a noi medici, ai tecnici, agli infermieri. La nostra funzione non è solo quella di diagnosticare o curare, ma anche di spiegare, di educare, di farvi sentire al sicuro.
Perché una sanità davvero moderna non si basa solo su tecnologia e competenze, ma anche su fiducia e trasparenza. E quella si costruisce anche così, parlando con chiarezza e ascoltando con rispetto, evitando sensazionalismi e allarmismi di cui non abbiamo bisogno.

