Le emissioni dell’agroalimentare
Uno studio della FAO ha analizzato le emissioni di gas serra derivanti dai sistemi agroalimentari nel periodo compreso tra il 1990 e il 2019, coprendo 196 paesi e 40 territori. I risultati mostrano che, nel 2019, le emissioni globali dei sistemi agroalimentari hanno raggiunto 16,5 miliardi di tonnellate di CO₂ equivalente (unità di misura che permette di confrontare l'impatto sul clima di diversi gas serra, esprimendoli tutti in termini di anidride carbonica) all'anno, pari al 31% delle emissioni antropogeniche totali.
Ma quali sono le fonti di queste emissioni? In sostanza, possiamo suddividerle in tre grandi categorie:
- I processi agricoli veri e propri:
La coltivazione e l’allevamento – insieme all’energia utilizzata direttamente nelle aziende – hanno prodotto circa 7,2 miliardi di tonnellate di CO₂ equivalente. - L’uso del suolo:
Qui rientrano la deforestazione e il degrado delle torbiere, che hanno generato 3,5 miliardi di tonnellate di CO₂ equivalente. - Le attività pre e post-produzione:
Queste comprendono la fabbricazione dei fertilizzanti, la trasformazione, il confezionamento, il trasporto, la distribuzione, il consumo domestico e, infine, lo smaltimento dei rifiuti. Insieme, queste attività hanno contribuito con 5,8 miliardi di tonnellate di CO₂ equivalente ogni anno.
Tra il 1990 e il 2019, le emissioni complessive del sistema agroalimentare sono aumentate del 17%. Tuttavia, ci sono stati cambiamenti significativi tra le tre componenti sopra citate. Quelle derivanti dall’uso del suolo sono diminuite del -25%, mentre le emissioni provenienti dai processi agricoli dirette sono aumentate del +9%. Le emissioni legate ai processi pre e post-produzione sono più che raddoppiate, superando quelle agricole in molti paesi.
Nel 2019, quest’ultime sono state la principale fonte di emissioni di anidride carbonica, con 3,9 miliardi di tonnellate di CO2 all'anno, seguite dall’uso del suolo e dai processi agricoli. Le attività agricole, però, si confermano la maggiore fonte di metano e protossido di azoto, due gas serra con un elevato impatto climatico.
Lo studio preso in considerazione sottolinea come, nel corso di trent’anni, le emissioni legate ai sistemi agroalimentari si siano spostate sempre più al di fuori dei campi agricoli, con un ruolo crescente di attività come la lavorazione, il trasporto e lo smaltimento dei prodotti alimentari. Nel 2019, queste attività avevano superato le emissioni agricole dirette in molti paesi, inclusi Cina e Stati Uniti. La fonte di queste informazioni è il database sulle emissioni condivise di FAOSTAT, pubblicato su Copernicus Publications (1).
| Continent | Popul. mld | GDP | GHG |
|---|---|---|---|
| Africa | 1,2 | 1,860 | 2 |
| Asia | 4,5 | 7,850 | 1 |
| Europe | 0,75 | 35,623 | 4 |
| North America | 0,58 | 49,430 | 5 |
| South America | 0,42 | 6,720 | 3 |
| Oceania | 0,042 | 22,647 | 6 |
Tabella 1: Rielaborazione da "Pre- and post-production processes increasingly dominate greenhouse gas emissions from agri-food systems"
Secondo questi dati potremmo pensare che l'Europa performi bene dal punto di vista delle emissioni generate dal sistema agroalimentare; tuttavia la realtà è più complessa. Andando infatti ad esaminare le importazioni di prodotti alimentari possiamo notare come la maggior parte vengano proprio da quei paesi che invece risultano più inquinanti (questo vale anche per i prodotti tipici, ad esempio la bresaola viene prodotta con una razza di Manzo allevata in Brasile).
Analizzando i dati (figura sopra) possiamo notare come negli ultimi anni l’Europa abbia assistito sì a un fenomeno di rimboschimento, a discapito tuttavia di altri Paesi che, per produrre sufficiente merce da poter esportare in Europa, hanno invece deforestato.
Nel nostro continente va molto di moda l’agricoltura Biologica, che per definizione è meno produttiva per ettaro coltivato alla luce però di una presunta maggior sostenibilità ambientale (questione di cui ci occuperemo meglio dopo), motivo per il quale la commissione europea ha prodotto un Action Plan per arrivare a coprire il 25% della produzione agricola con l’agricoltura biologica entro il 2030 (2).
Andando però ad analizzare uno studio di Nature su una proiezione di un mondo 100% ad agricoltura biologica entro il 2050 possiamo notare i seguenti risultati:
- Uso di suolo +16-33% (abbiamo detto che l’utilizzo del suolo è una delle 3 cause di emissioni di gas serra)
- Deforestazione +8-15%
- Emissioni di Gas serra +8-12%
- Uso di Acqua +60% (3)
In un altro studio sempre di Nature in una proiezione sempre 100% biologico, ma questa volta solo sul suolo inglese, si è posto in evidenza come l’uso di suolo aumenti ed aumenti anche la quantità di cibo importato dall’estero.
A questo punto qualcuno potrebbe affermare “ma nel sistema biologico si usano sostanze non chimiche ed innocue per gli esseri viventi”. Ebbene, questo è un falso mito: nell'agricoltura biologica le sostanze chimiche si usano e non sono per niente innocue (4).
Arrivati a questo punto possiamo affermare che:
- Il sistema alimentare è responsabile di circa ¼ delle emissioni.
- Questo sistema usa grandi quantità di acqua e dipende dall’utilizzo di sostanze chimiche che alterano il ciclo naturale di azoto e fosforo, causando gran parte dell’inquinamento di fiumi e coste.
- Dobbiamo far fronte all’aumento della popolazione globale.
Facciamo ora un passo indietro. Per avere un sistema alimentare sostenibile dobbiamo necessariamente fare attenzione a cosa mangiamo, per farla breve, dovremmo ridurre il consumo di carne.
Secondo Lancet dovremmo mangiare giornalmente così:
2500 kcal di cui
- 232g di riso,grano o mais
- 50g di patate
- 300g di vegetali
- 200g di frutta
- 259g di latte e/o derivati
- 14g di carne rossa
- 29g di pollo
- 13g di uova
- 28g di pesce
- 100g di legumi
- 23g di frutta secca
- 6g di olio di palma
- 40g di acidi grassi insaturi
- 5g di grassi
- 31g di zucchero
Inoltre molti fertilizzanti usati in agricoltura biologica vengono dall’attuale produzione zootecnica: 92 fertilizzanti basati su pelle animale, 6 basati su farina d’ossa, 8 basati su carne, 302 basati su epitelio (5).
A questo punto è opportuno ribadire che la commissione Europea vuole aumentare la copertura di prodotti biologici fino al 25% entro il 2030.
OGM Soluzione respinta
Dato per assodato quindi che l’agricoltura biologica non può continuare ad usare fertilizzanti di origine “naturale”, rimane un secondo problema: l’uso di erbicidi e pesticidi chimici. Ed è qui che ci vengono in soccorso gli OGM. Uno studio infatti ha dimostrato come ci sia una correlazione positiva tra utilizzo di OGM resistenti agli erbicidi (come il glifosato, argomento che approfondiremo in un altro momento) e sequestro di carbonio nel suolo.
Tuttavia non è possibile coltivare questo tipo di coltura in Europa e in Italia.
Ci viene però in soccorso una nuova tecnologia che permette di creare delle colture con caratteristiche migliori rispetto all’originale senza essere transgeniche, quindi non OGM (6), Crisper-Cas9.
Attualmente sono in corso dispute su Crisper cas-9 (7) a carico di diverse associazioni come Slow Food e Coldiretti che cercano di bloccare quelli che loro chiamano i “nuovi OGM” (8).
Nel caso in cui qualcuno avesse paura per la propria salute, l’EFSA ha dichiarato gli OGM sicuri (9) e anche l’IPCC, in merito alle nuove tecniche genomiche, afferma “le tecniche di Genome editing risultano fondamentali per ottenere colture adattabili ai cambiamenti climatici”.
Agriculture | Precision agriculture (improvement of energy and resource efficiency including reduction of fertiliser use and N2O emissions) (Pierpaoli et al., 2013; Brown et al., 2016; Schimmelpfennig and Ebel, 2016) | Biotechnology ICT, AI |
| Methane inhibitors (methanogenic vaccines) that reduce dairy livestock emissions (Wollenberg et al., 2016) | Biotechnology | |
| Engineering C3 into C4 photosynthesis to improve agricultural production and productivity (Schuler et al., 2016) | Biotechnology | |
| Genome editing using CRISPR to improve/adapt crops to a changing climate (Gao, 2018) | Biotechnology |
Chapter 4: Strengthening and implementing the global response, pag. 83
Infine ricordiamo che in Europa sono importate tonnellate di OGM (soia, cotone, mais) da diversi paesi, perché non siamo autosufficienti (e nemmeno sostenibili) (10).
Un'ulteriore alternativa: i batteri
Qualora non ci fosse un'apertura nei confronti di cibo geneticamente modificato è opportuno sapere che esiste un’ulteriore alternativa.
Come detto precedentemente uno dei problemi principali dell’agricoltura che porta a un aumento delle emissioni di CO2eq è la fertilizzazione del terreno, necessaria per soddisfare le esigenze nutritive delle piante.
È bene sapere che la pianta vive in simbiosi con una serie di microrganismi che vanno a produrre le sostanze minerali di cui la pianta ha bisogno, come ad esempio l’azoto.
Questi microrganismi, chiamati PGPR (Plant Growth-Promoting Rhizobacteria), possono essere geneticamente modificati al fine di produrre una serie di metaboliti che permetterebbero alla pianta non solo di acquisire i nutrienti di cui ha bisogno, ma anche di aumentare la sua resistenza agli stress abiotici (come ad esempio la siccità).
Inoltre questi ultimi avrebbero il vantaggio di poter essere utilizzati universalmente in ogni specie, permettendo così di ottenere i vantaggi senza andare a modificare geneticamente il prodotto che verrà poi mangiato dal consumatore finale (11) (12).


