OltreFrequenze | 18Hz

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di Giacomo Solari,

Essendo uscito infrasettimanalmente, nello scorso numero di OltreFrequenze mi sono perso il notevole sleep with a cane di Klein, una delle più innovative, prolifiche e sottovalutate artiste multidisciplinari aggiro. Maledetto turno infrasettimanale. Bentornato, Massimo Silverio.

disco

The Spiritual Sound

di Agriculture
Uscita: 03/10/2025 | Genere: Black-Metal / Black-Gaze

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​​​​​​The Spiritual Sound è la conferma definitiva che gli Agriculture non sono soltanto una curiosità nel panorama del cosiddetto “ecstatic black metal”, ma un gruppo che sta riscrivendo i confini stessi del genere. In questo nuovo lavoro la band californiana spinge ancora più in là la propria ricerca di un’estetica capace di unire violenza e grazia, rumore e apertura emotiva. Il black metal diventa un linguaggio spirituale, una pratica di liberazione più che una forma di distruzione: ogni sfuriata, ogni grido, ogni muro di chitarre sembra portare non verso la negazione, ma verso un’estasi lucida, una catarsi.

Fin dai primi brani si percepisce quanto l’equilibrio tra aggressione e quiete sia diventato naturale per loro. Le sezioni più furiose si alternano a momenti sospesi, quasi contemplativi, in cui la chitarra lascia spazio all’eco, al respiro. In tracce come Bodhidharma o My Garden la transizione dal caos alla calma è così organica da sembrare parte di un rito. È qui che la musica di Agriculture trova la sua forza, nella capacità di fare del contrasto una forma di bellezza, della dissonanza un’esperienza di apertura.

Il lavoro delle voci di Dan Meyer e Leah Levinson è cruciale in questo processo. I loro timbri si incrociano continuamente, uno più abrasivo e l’altro più melodico, dando vita a un dialogo che amplifica la dimensione emotiva dell’album. Non c’è mai compiacimento, solo un’urgenza comunicativa sincera. Anche la sezione ritmica, asciutta ma pulsante, contribuisce a mantenere viva la tensione, creando una dinamica costante che tiene il disco in movimento.

La produzione, curata dagli stessi membri della band, conserva quella ruvidità che caratterizzava anche i lavori precedenti, ma con una chiarezza maggiore. Tutto suona fisico, diretto, presente. Non ci sono stratificazioni superflue, ma un’energia che resta viva in ogni passaggio. 

Nel complesso, è un album che riesce a unire introspezione e potenza, spiritualità e materia. Agriculture riescono a far convivere elementi disparati di black metal, shoegaze, noise, folk, hardcore in un suono che non appare mai forzato, ma necessario. Ogni pezzo sembra parte di un unico flusso emotivo, in cui la furia serve a spalancare lo spazio per la grazia.

The Spiritual Sound è quindi un disco profondamente vitale, uno dei lavori più sinceri e intensi emersi negli ultimi anni nell’ambito del metal più visionario. È musica che cerca l’assoluto senza perdere il contatto con la terra, che parla di dolore ma anche di rinascita, che urla per arrivare al silenzio. Un disco da consigliare senza esitazioni, capace di restituire al suono estremo la sua funzione più pura: quella di trasformare.


disco

Mountain View

di The Plan
Uscita: 03/10/2025 | Genere: Post-Punk

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L’inizio di Mountain View è talmente limpido che quasi spiazza. C’è qualcosa di cinematografico nei dettagli, nel modo in cui una linea di basso decide quando respirare o quando spingersi in avanti. Hillside Traffic, per esempio, parte come un esercizio pop e finisce in una coda quasi kraut, trascinante e ipnotica. Room with Two Windows è invece una confessione sussurrata, più vicina ai sentimenti che alla forma.

La voce di Luke Abbott (che qui sembra più narratore che frontman) si muove senza mai forzare, a tratti stanca, a tratti piena di meraviglia. Intorno, il gruppo costruisce un suono che ricorda certe produzioni di fine anni ’90 dalle parti di Yo La Tengo, Bedhead e perché no Red House Painters, ma asciugate, rese essenziali, come se i Plan avessero deciso di levare tutto ciò che non serve. Non c’è nostalgia, ma memoria: una differenza sottile che si sente in ogni nota.

A un certo punto ti rendi conto che Mountain View semplicemente cambia prospettiva. È come se il disco avesse deciso di guardare il mondo da più in alto, di prendere distanza senza disinteressarsi. La musica resta leggera, ma porta dentro il peso delle giornate reali, dei respiri trattenuti, delle parole non dette.

L’ultima traccia, At 5 PM, the Same Light, sembra scritta per chi ascolta da solo. Le chitarre si spengono una alla volta, come lampioni in una strada di campagna, il silenzio che segue.

Con Mountain View The Plan hanno fatto un disco semplice nel senso migliore. Quello che non deve farti credere niente, solo farti restare per un po’ dentro il suo tempo.


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Surtùm

di Massimo Silverio
Uscita: 10/10/2025 | Genere: Avant-Folk / Experimental / Electronic

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​​​​​​Hrudja manifestava già tutta la dedizione e la ricerca degne di un artista a 360°. Il mondo di Surtùm è fatto di voce e aria. È un disco che respira, e ogni respiro porta con sé un paesaggio, un luogo, una lingua che non ha bisogno di traduzione. Massimo Silverio continua il suo percorso tra terra e voce come se scavasse nella materia stessa del suono, cercando la parola nel punto in cui si confonde col vento.

La prima cosa che colpisce è la calma. Non la calma da meditazione, ma quella che arriva dopo una lunga camminata, quando i pensieri hanno smesso di inseguirsi. Le canzoni nascono da gesti semplici, corde che si piegano, fiati che sfiorano il silenzio, un canto che sembra venire da lontano. Eppure tutto vibra. In Sunsut e Lûme la voce si fa quasi strumento, una linea calda che si intreccia ai droni, come se la melodia e il respiro fossero la stessa cosa.

Il friulano di Silverio è un suono bellissimo da ascoltare anche senza capirlo. Le parole sembrano pietre lisce, hanno un peso, una forma, un ritmo che è già musica. Il suo modo di cantare non interpreta, lasciando che la voce si adatti al paesaggio che descrive. C’è qualcosa di antico, mai nostalgico, piuttosto un senso di continuità, integrazione, di radice viva che attraversa il tempo.

I riferimenti si possono intuire, variando da certi toni di Nico e Jon Hassell alle registrazioni etnografiche di Alan Lomax, ci sento persino Mark Hollis; il tutto filtrato da un orecchio contemporaneo, curioso di elettronica e ambienti acustici. Surtùm sfuma nella costruzione di un suono “tradizionale”, bensì lo ricrea nel presente, con un’eleganza che sembra non aver bisogno di spiegarsi.

Ascoltato tutto di fila, il disco si apre piano e poi si ritira. Alla fine resta solo la voce, sottile, che scivola via come un filo d’acqua. Bravissimo, davvero.


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Disquiet

di The Necks
Uscita: 10/10/2025 | Genere: Avant-Jazz / Minimalism

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Se dovessi pensare alle mie realtà preferite nell’attuale scena musicale finirei senza alcun dubbio con il citare Valentina Magaletti (tutti i suoi progetti, dai Moin a V/Z), Cameron Winter, YHWH Nailgun, caroline, probabilmente Kali Malone e loro, i The Necks. 

Disquiet è un disco che conferma, ancora una volta, come i The Necks siano una delle formazioni più singolari e coerenti nella storia della musica improvvisata. Da quasi quarant’anni Chris Abrahams, Lloyd Swanton e Tony Buck continuano a esplorare la relazione tra tempo, spazio e suono con la stessa curiosità di sempre, ma con una profondità che pochi altri ensemble riescono a raggiungere. In Disquiet questa ricerca si fa più densa, più meditativa, come se il trio avesse deciso di scavare nel proprio linguaggio fino a trovarne l’essenza, eliminando ogni orpello per lasciare solo ciò che è necessario. Quasi 190 minuti di oblio.

Il disco si articola in quattro lunghe composizioni, ovvero Rapid Eye Movement, Ghost Net, Causeway e Warm Running Sunlight. Ognuno di questi brani si muove come una corrente sotterranea; lenta, inesorabile, sempre in evoluzione. Nulla accade per caso, ma forse nulla è mai pianificato davvero; ogni gesto sembra sorgere da un impulso naturale, da un ascolto reciproco così profondo da diventare telepatico. 

Il pianoforte di Abrahams non cerca mai di imporsi, ma scava, cesella, lascia spazio. Il contrabbasso di Swanton è un respiro costante, una vibrazione che tiene insieme tutto senza mai diventare protagonista; la batteria di Buck agisce come un sistema vivente, fatto di impulsi e riflessi. È un dialogo ininterrotto in cui nessuno guida davvero, ma tutto procede con una logica interna rigorosa e misteriosa allo stesso tempo.

Il suono di Disquiet è puro e organico, quasi ascetico, ma non per questo freddo. È la prova di come la ripetizione, se condotta con intensità e sensibilità, possa diventare una forma di trascendenza. C’è in questo lavoro la stessa tensione verso il silenzio che attraversava certi dischi di Morton Feldman o la lentezza ipnotica dei Talk Talk di Laughing Stock, ma filtrata attraverso una sensibilità tutta loro, più terrena, più viscerale. 

Brani come Ghost Net o Causeway mostrano quanto il gruppo sia capace di trasformare il minimo dettaglio in un evento. Un cambio di accento, una risonanza diversa, un tocco appena più deciso sul piatto. Sono momenti che, presi singolarmente, potrebbero sembrare irrilevanti, ma che dentro la logica del trio assumono un peso enorme, diventano trasformazioni. È una musica che si sviluppa in orizzontale, che non cerca il climax ma la durata, che chiede tempo e restituisce tempo.

È come guardare una distesa d’acqua in cui a ogni istante cambia qualcosa, anche se non si sa dire cosa. In questo senso, The Necks continuano a essere un gruppo unico, capaci di coniugare minimalismo, improvvisazione jazz, ambient e post-rock senza mai appartenere a nessuna di queste categorie, sempre sospesi in un luogo tutto loro, dove il suono è un organismo che respira.


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Nested in Tangles

di Hannah Frances
Uscita: 10/10/2025 | Genere: Avant-Folk / Alt-Rock

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​​​​​​Nested in Tangles è il lavoro più compiuto e coraggioso di Hannah Frances, un disco che scava a mani nude nella materia della memoria e ne trae una forma sonora in bilico tra folk, avanguardia e confessione intima. È un’opera che vive nella tensione tra vulnerabilità e controllo, tra scrittura e improvvisazione, e che restituisce l’impressione di qualcosa che si costruisce e si disfa in tempo reale. Frances scrive canzoni come se stesse ricucendo lembi di sé, e la musica diventa il luogo dove quel gesto di ricomposizione può avvenire senza vergogna né pudore.

Il suono di Nested in Tangles è radicato nel folk americano, ma ne ribalta la prospettiva. C’è la sincerità ruvida di Joni Mitchell, ma anche la densità emotiva di Sharon Van Etten e la tensione sperimentale di Julia Holter. Frances usa il linguaggio del cantautorato per deformarlo dall’interno e le strutture si allungano, si piegano, cambiano direzione, si avvitano su sé stesse come pensieri che non trovano pace. 

Al centro resta la voce, nuda e cangiante, capace di passare da un sussurro tremante a un grido quasi rituale. In Surviving You trasforma la perdita in una forma di resistenza emotiva, trovando una catarsi nel momento stesso in cui si spezza. Falling From and Further è un altro vertice, un brano che unisce un minimalismo ipnotico a una costruzione armonica instabile.

Il disco raggiunge il suo punto di massimo lirismo in Life’s Work e The Space Between, una collaborazione con Daniel Rossen dei Grizzly Bear. Qui la scrittura di Frances incontra una sensibilità affine, nonché quella per gli arrangiamenti obliqui, per le armonie sghembe, per la malinconia trattenuta. La produzione è essenziale e profondamente fisica; gli strumenti sembrano disposti nello spazio con una precisione quasi tattile, come se si potesse toccarli. Chitarre acustiche e fiati ruvidi, percussioni spezzate, droni sottili che avvolgono senza soffocare. Non c’è mai la tentazione di addolcire, di levigare. Frances e i suoi collaboratori (tra cui Kevin Copeland) lasciano che la musica mantenga il suo grado di instabilità, che la dissonanza diventi parte integrante del linguaggio.

Nested in Tangles non ha nulla di decorativo. È un lavoro che unisce introspezione e complessità con una naturalezza disarmante, e che trova la sua forza proprio nella sua imperfezione, nel modo in cui la bellezza nasce dal disordine.

Hannah Frances firma qui una delle opere più toccanti e ambiziose del cantautorato contemporaneo.


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La rubrica che vi porterà alla scoperta dei migliori nuovi album, selezionati per accompagnare la vostra quotidianità e offrirvi il meglio della scena musicale. A cura di Giacomo Solari

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