La sindrome di Stoccolma della società civile russa

OpinioniEstero

di V. Maistrouk

Voglio rispondere pubblicamente al post di Daria Kryukova, ripreso anche da Valigia Blu - “perché i russi non protestano”.

L’autrice scrive che i russi sono totalmente consapevoli di quello che stanno facendo in Ucraina, ma non hanno colpe, e ripete la tesi di altri blogger russi, che ci raccontato che questa è “la guerra di putin”. Ma se è così - perché non protestano? Daria ha la risposta:

“Non parlatemi di proteste: protestare oggi significa rischiare il lavoro, la libertà, la famiglia o la vita.” Fateci caso, il promo rischio che cita Daria è legato alla sicurezza economica. Paradossalmente, anche la maggior parte dei soldatini russi si è arruolata per pagarsi il mutuo o mettere da parte un po’ di soldi, e non per i motivi tanto cari alla propaganda del Cremlino. Alla fine cosa abbiamo: i pacifisti russi bloccati da motivi economici, ed i soldati russi stimolati da grossi stipendi. Per entrambi i gruppi la stabilità economica prevale sulla morale o l’istinto di sopravvivenza, in quando in questa guerra, fra morti e feriti, i russi hanno già perso oltre un milione di uomini. Voi direte - nessuno è nato per fare l’eroe. D’accordo, ma partiamo da due dati di fatto. Il primo è che nessun regime può schierare abbastanza “cani da guardia” per domare la protesta di 100 mila persone determinate, senza ripetere la sorte del regime rumeno di Ceaușescu. Il secondo è che neanche a Mosca, coi suoi oltre 12 milioni di abitanti, sono scesi a protestare contro i bombardamenti di Kyiv, o la strage dei civili a Mariupol solo qualche migliaio di persone. E gli altri, erano troppo impegnati a “sopravvivere”? Forse… però non torna una cosa: quasi un milione di russi ha lasciato il paese dal 2022, la maggior parte è in Europa. Quanti russi avete visto protestare contro il regime russo in Italia? Qualche decina. E gli alti, ancora impegnati a “sopravvivere”?

Ma Daria non vuole sentire pretese contro i russi:

“Chi pretende che milioni di persone escano in piazza contro una dittatura armata fino ai denti, senza alcuno spazio politico, senza reti civiche, senza garanzie di sopravvivenza — non ha compreso nulla della natura del potere assoluto.” Beh, sembra convincente…se non fosse per le proteste delle donne in Iran degli ultimi anni. Il regime è sempre in piedi, ma le donne sono più libere di prima.

Ma Daria insiste nel giustificare la viltà dei suoi connazionali con queste parole:

“La resistenza, nei regimi totalitari, non nasce per decreto morale. Nasce quando si apre una possibilità concreta di agire. Prima la finestra, poi il movimento. Non il contrario.” Non voglio riportare qui esempi di resistenze, che farebbero sciogliere come rugiada al sole le parole antistoriche di Daria, ma voglio dirle che la “finestra” di opportunità è aperta dal 24 febbraio 2022. Ed i suoi connazionali di RDK o della legione “Russia libera” stanno già agendo al fianco dei soldati ucraini. Perchè se la lotta dei soldati ucraini è concentrata fino ai confini con la russia, la lotta dei volontari russi va bel oltre, e punta al Cremlino.

La chiosa di Daria riconferma il mio pessimismo sulla società civile russa: “È facile chiedere coraggio da lontano. Molto più difficile è capire cosa succede quando il coraggio ti può uccidere, e il silenzio è l’unico modo per non impazzire del tutto.” Questa rassegnazione è descritta in maniera esemplare in “Mumu” dal un classico russo - Turgenev: ad un omaccione, grande, grosso e sordomuto, Gerasim, viene ordinato dalla padrona di annegare il cagnolino Mumu, perché dava fastidio. Gerasim non disobbedisce, uccide l’unico amico che aveva sulla terra, e scappa al suo villaggio nativo, senza mai tornare dalla padrona. Perché Gerasim non sia scappato al suo villaggio con Mumu, non me ne capacito. È una domanda da fare a Daria.

La sindrome di Stoccolma della società civile russa sta nel fatto che le vittime del regime, come lo è senz’altro Daria, giustifica i suoi carnefici che non sono solo putin, ma tutti i suoi connazionali che hanno preferito stare zitti, e non opporsi al male.

Ma voglio chiudere regalando un po’ di speranza a Daria e tutti i russi, citando il Poeta ucraino Taras Shevchenko

diventate un mantra per noi ucraini: Боріться - поборете.
(Lottate - e vincerete)

In foto Tbilisi che non si arrende nonostante la paura.

Tag: guerra in UcrainaRussiapropagandapropaganda russaopinioni

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