Taras Ševčenko: Il profeta della nazione ucraina

LiberiOltre ha dato immediato e pieno supporto al popolo ed alla nazione ucraina sin dal primo momento dopo l’invasione russa del 24 febbraio 2022.

Consci dell’importanza del supporto a favore dell’Ucraina anche in termini culturali e letterari, LiberiOltre Toscana ha organizzato un Webinar al fine di diffondere la cultura ucraina ed in particolare la figura di Taras Ševčenko, considerato il vate ucraino.
L’associazione ha avuto l’onore di ospitare in webinar la Prof.ssa Giovanna Brogi, già Prof. Ordinario presso l’Università di Milano (vedi biografia completa).

Di seguito riportiamo un riassunto delle tematiche trattate nel Webinar ed adattate in modo da renderle maggiormente fruibili per la lettura. Il testo è stato integrato (con annesse citazioni) per arricchire e contestualizzare la presentazione del poeta.
Le frasi tratte dal video sono riportate fra virgolettato.
 

Chi era Taras Ševčenko? Cenni biografici e contestualizzazione storico/letteraria.

“Poeta romantico, un poeta particolarmente complesso e originale anche nel contesto di tutta la poesia romantica europea, e per di più un poeta quasi del tutto sconosciuto in Italia” 

(pag.1, Brogi, 2015)


Taras Ševčenko “è il poeta nazionale ucraino”. Nacque il 9 marzo 1814 in una famiglia di contadini servi della gleba dell’Ucraina centrale ed imparò a leggere e scrivere nella scuola della parrocchia senza ricevere una formazione di tipo accademico o scolastico superiore.
Iniziò a dipingere fin da bambino nonostante le difficoltà nel reperire gli strumenti per tale attività. A quattordici anni il padrone, un nobile tedesco di origine baltica, lo porta con sé a Pietroburgo.

Ritratto dell'artista da giovane

Durante il viaggio sostano a Vilna (odierna Lituania) dove Ševčenko impara il polacco e ha una storia amorosa dal futuro impossibile con una ragazza polacca libera. Durante questa permanenza “ha sicuramente conosciuto i versi di Mickiewicz e anche le idee libertarie e repubblicane” che circolavano nella Polonia dell’epoca soggetta all’Impero russo. “Questo è il periodo in cui Mazzini ha una forte influenza anche in Polonia...quindi Sevcenko aveva sicuramente [avvertito] degli stimoli rivoluzionari.”
Arrivato a Pietroburgo serve nella casa del padrone come paggio e, dopo poco, viene dato in servizio a uno stuccatore dove impara il lavoro ed entra in contatto con i primi libri di arte, anche occidentale.

La sua attività artistica viene notata dal più famoso pittore della Pietroburgo dell’epoca, Brjullov che con l’aiuto del poeta russo Žukovskij (precettore di corte dello Tzar) organizzano un’asta per la vendita di un quadro al fine di ricavare i soldi per il riscatto di Ševčenko.

Dopo la sua liberazione (1838) Ševčenko intraprese un percorso di istruzione presso l’Accademia delle belle arti.
Nel 1836-1837 inizia contemporaneamente a scrivere versi. In questo periodo legge moltissimo e “viene a contatto con le traduzioni di Byron, Shiller” e “la prima traduzione russa dell’Inferno di Dante che influenzerà alcuni versi di alcuni suoi poemetti.”

 
Perchè Ševčenko è stato fondamentale nella formazione della lingua ucraina?

“Glorificherò/quei piccoli schiavi muti!/E a salvaguardia loro/metterò la parola”

(Parafrasi del salmo 11, 1859)


Scrivere versi in ucraino nella Russia della fine anni ‘30-’40 dell’ottocento non era scontato perchè “ [l’ucraino] non era considerata una lingua letteraria nel senso moderno del termine”, “non era una lingua che era stata codificata, non era riconosciuta da una comunità di scriventi”.
Ševčenko apprese la lingua russa in età adulta e quindi ne ebbe minore padronanza. Pertanto “scrive in ucraino, nella lingua in cui parlava e con cui era cresciuto” ovvero con la sua “lingua di espressione”. Inoltre operò una azione compositiva straordinaria utlizzando varie forme di versi basati sia sulla tradizione popolare ucraina che sulla “versificazione basata sul sistema internazionale dei versi del giambo, trocheo, anapesto e altri“. Compì quindi una “fusione di forma versificatoria popolare e strofa colta” che aveva “imparato in maniera autonoma mediante la lettura [eseguita] con grande intelligenza e sensibilità ma senza un sistema scolastico.”

Con la sua produzione in lingua ucraina “crea il primo corpus ucraino equivalente a quello di Puškin in Russia e di Mickiewicz in Polonia e quello di Dante in Italia.”


Le figure nella letteratura di Ševčenko: il cosacco e la donna

“Ševčenko era ancora strettamente legato alla tradizione popolare e quindi assegnò il ruolo primario all’uomo semplice che sono:la donna (eterna vittima di un sistema ingiusto) e il cosacco (difensore della libertà e della dignità dell’essere umano)”

(pag.15, Brogi, 2015)


Per spiegare la figura del Cosacco in Ševčenko è utile ripercorrere brevemente la storia dei Cosacchi. Nel Quattrocento si forma su un’isola del fiume Dnipro una “congrega” di guerrieri, dei “soldati di ventura” composta da tatari (dalle steppe del sud-est europeo, Ndr), contadini che scappano dai padroni, debitori che scappano dalla prigione ed altri. Questa comunità divenne numerosa e e giunse ad avere decine di migliaia di appartenenti che ricoprirono un ruolo importante anche per l’esercito polacco.
I Cosacchi potevano scalare la società divenendo nobili; si formò pertanto una “nobiltà cosacca con le stesse prerogative della nobiltà polacca” con stesse capacità decisionali ma di religione ortodossa. A livello culturale, nel XVI-XVII secolo iniziò a diffondersi la scrittura di opere in prosa e in versi scritte in una lingua ormai vicina all’ucraino moderno, quindi diversa da quella moscovita e diversa dal polacco.

"L'identità cosacca è la portatrice della identità ucraina" e la figura del cosacco ha rivestito un ruolo importante nella poesia di Ševčenko. Tuttavia Ševčenko è più vicino ai cosacchi più “selvaggi”, quelli che stanno sulle isole del Niprò, quelli che si identificano con la libertà. L’idea della libertà cosacca si trova anche all’origine della volontà di resistenza dei soldati e della società che combattono oggi.”

L’altra figura importante in Ševčenko è la donna. Una donna “sofferente, la vittima della società” figura che è molto diffusa nel romanticismo nella letteratura russa e polacca. “E’ la donna sottomessa e schiava del lavoro perchè serva della gleba. Non è la donna angelicata, colta. E’ una madre sofferente: questa è l’immagine fondamentale [...]  è come una madonna della passione.”
La donna oppressa, la madre con i figli poveri, è l’immagine simbolica dell’Ucraina occupata dalla Russia e sfruttata dai padroni.


Ševčenko e la storia ucraina

“Il poeta diventò non solo vate ma anche ricostruttore del passato della nazione riuscendo a trasformare caotici frammenti della storia ucraina in un continuum diacronico carico di significati validi per il futuro”

(pag X, Brogi 2015)


“Ševčenko è il frutto di una comunità che si identifica nella lingua ucraina e nella tradizione cosacca e nella religione ortodossa e riesce a catalizzare tutte queste idee e a dare una immagine poetica delle idee che circolavano. Egli riesce a esprimere queste idee grazie alla sua poesia. Quindi catalizza tutte le forze che fino ad allora erano rimaste sepolte sotto la cultura del ‘700 e dell’800.” Ševčenko compì quindi un’azione di sintesi storica ucraina sotto una nuova prospettiva e sviluppa un “nuovo concetto storico dell’Ucraina (Brogi, 2015). “Ha una visione del mondo piena di contraddizioni, non organica, non lineare. Ha una immagine del mondo che merita di essere analizzata”. La sua è una nuova storiosofia “in quanto nella sua concettualizzazione della idea ucraina la percezione dei fatti s’incrocia con una precisa formulazione di filosofia della storia” (Brogi, 2015)

“L’Ucraina viene dunque presentata dal poeta come realtà alternativa, radicata in un passato glorioso, annichilita in un presente infame e destinata a risorgere solo in futuro, insieme ad altri popoli, sulle rovine degli imperi”

(p.14, Brogi, 2015)



Qual’era la visione della società in Ševčenko?
Ševčenko fece parte della Confraternita di Cirillo e Metodio che raccoglieva alcuni dei migliori rappresentanti dell'intellighenzia kieviana. Scoperta in seguito ad una soffiata, tale società venne sciolta dallo Zar Nicola I (1847) e i suoi componenti arrestati e processati. Ševčenko venne trasferito nelle estreme regioni orientali della Russia, condannato alla pena di “soldato semplice per dieci anni con la proibizione di scrivere e disegnare, come vendetta personale dello Tzar per averlo precedentemente liberato.” Questo ebbe un importante impatto su Ševčenko anche per lo sviluppo del senso di individualità nella società.
“In Russia non esisteva l’individuo. Non è un caso che il sistema giuridico della Russia sia basato non sull’individuo ma sullo stato, con un’indifferenza totale verso l’individuo, un sistema che non ha mai conosciuto la democrazia perchè dallo Zar sono passati al sistema sovietico.”
In contrasto al sistema russo di allora, Ševčenko sviluppò una particolare attenzione per l’individuo. Inoltre, per Ševčenko “il senso dell’individualità è indissolubile da quello della dignità”.
Questo non è solo appannaggio di Ševčenko perchè “la dignitià è una delle parole chiave di tutta la letteratura ucraina, dal ‘600 fino ad oggi [...] La dignità è legata all’individuo e l’individuo deve avere la dignità. La rivoluzione arancione e Maidan sono chiamate “Rivoluzione della Dignità”
Il seme dei diritti ucraini venne diffuso da Ševčenko che ebbe “determinazione nell’affrontare con incrollabile fermezza e costanza la lotta contro l’ingiustizia e l’oppressione, e la difesa della libertà e della dignità degli uomini, in quanto individui e in quanto popoli, indipendentemente da razza, religione o tradizione culturale” (pag.5, Brogi, 2015).


Il suo “Testamento”.
Taras Ševčenko finì di scontare la pena nel 1857 e tornò a Pietroburgo perchè vietato il suo ritorno in Ucraina. Morì nel 1861. Il 25 dicembre 1845 aveva steso in poesia il suo “Testamento”

“Seppellitemi, quando morrò,
In un alto tumulo
Nell’Ucraina amata
In mezzo all’immensa steppa,
Dove gli sconfinati campi,
Il Dniprò e le rive sue scoscese
Si vedano, e ascoltar si possa
Il ruggente Dniprò ruggire.
Quando il sangue nemico
Egli avrà portat dall’Ucraina
All’azzurro mare…allora soltanto
Lascerò tutto, e campi e monti,
E volerà fino all’Altissimo
Per pregarlo…Ma prima d’allora
Io non conosco Iddio.
Seppellitemi e ribellatevi,
Spezzate le catene,
E del sangue dei nemici impuro
Irrorate la libertà.
E anche me, nelle famiglia grande,
Nella famiglia libera e nuova,
Non vi scordate di ricordarmi
Con parola fraterna e mite.”

 

BIOGRAFIA Prof.ssa Giovanna Brogi
La Prof.ssa Brogi è stata Ordinario di filologia slava presso l'Università di Urbino e presso l'Università degli Studi di Milano. Ha svolto una fellowship presso la Ukrainian Research Institute Harvard University.

E’ stata Presidente dell'Associazione Italiana degli Slavisti (1993—1998), direttore dell'Istituto di Lingue e Letterature dell'Europa dell'Est presso l'Università degli Studi di Milano, membro del presidio del Comitato Internazionale degli Slavisti, presidente della Commissione Internazionale per la Storia degli studi slavi in seno al Comitato internazionale degli slavi.

Dal 2000 è presidente dell'Associazione italiana di studi ucraini , AISU.

Dal 2011 è professoressa onoraria presso l'Accademia Kyiv-Mohyla  .

I suoi prinicipali interessi scientifici sono: Storiografia dei paesi slavi e dell'Europa occidentale dal Rinascimento al Barocco , Letteratura medievale della Rus' di Kiev, Il Barocco letterario nei paesi slavi, Il multilinguismo nell'ambiente slavo orientale, Storia degli studi slavi . Taras Ševčenko nel contesto del romanticismo polacco, russo ed europeo .

Autrice di numerosi articoli. Nel 2015 ha pubblicato  “Taras Ševčenko. Dalle carceri zariste al pantheon ucraino”.scirtto a quattro mani con Oxana Pachlovska.
(fonte: Wikipedia)


BIBLIOGRAFIA
Giovanna Brogi, Oxana Pachlovska; “Taras Ševčenko. Dalle carceri zariste al Pantheon ucraino”, Mondadori, 2015

Alessio Minuzzo

Classe 1987. Medico Chirurgo. Specialista in Chirurgia Generale. Felicemente sposato. Nel tempo libero cerco di colmare le mie lacune conoscitive e coltivo il mio lato umanistico. Credo nel potere della cultura per migliorare la società. In LiberiOltre ho trovato un luogo aperto di confronto e crescita, condividendo appieno gli obiettivi.

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