Holodomor, Stalinismo e Putinismo

Nei mesi scorsi il tema Holodomor (se esso sia stato o meno un genocidio) è stato oggetto di un dibattito parlamentare che, da quanto ci è dato capire, non si è però concluso con una mozione o risoluzione.

Detto altrimenti, per l’opposizione di vari gruppi intellettuali e politici soprattutto di sinistra, il Parlamento italiano ha deciso di non esprimere la sua valutazione dei fatti. Ben prima dell’invasione russa dell’Ucraina, molti altri parlamenti (lista completa qui) avevano deciso di riconoscere l’Holodomor come genocidio ed altri lo stanno facendo in queste settimane. Ci sembra un’occasione persa che andrebbe, noi crediamo, ricreata.

Una risoluzione simile da parte del parlamento italiano avrebbe un alto valore simbolico, su due fronti. Il primo è storico: riaprire pubblicamente un dibattito approfondito sulla storia dell’Unione Sovietica. Una storia fatta di conquiste tecnologiche ed industriali viziate dalla loro funzionalità allo sforzo bellico ed imperiale e macchiata da una infinita serie di orrori, coercizioni, repressioni e corruzione. Tutti elementi che hanno ottenuto come risultato finale il collasso dell’URSS stessa, nonché la strutturale mancanza di benessere ed avanzamento sociale per cui i cittadini russi tuttora pagano salate conseguenze. Il secondo fronte è politico-strategico: prendere consapevolezza dell’insanguinato filo imperialista che collega tutti i grandi leader della Russia zarista, sovietica e post-sovietica. Le recentissime dichiarazioni di Putin il quale, paragonandosi allo zar Pietro il Grande, ha ribadito una volta ancora le vere ragioni dell’invasione (riconquistare territori che gli imperatori russi ritengono “propri”, sottomettendone con la violenza le popolazioni) ne costituisce l’ennesima conferma.

Qui veniamo al perché sia una occasione persa. Una tendenza, subdolamente diffusa in occidente, ha particolarmente attecchito nel dibattito pubblico italiano: minimizzare le colpe storiche e le fallacie ideologiche russe. La tendenza è figlia sia di circostanze documentabili (il PCI fu sia grande che fedele all’URSS sino a quasi la sua fine) che di scelte culturali e politiche recenti. Non aiuta il fatto che, nella scuola italiana, la storia contemporanea in generale e quella dell’Unione Sovietica in particolare siano state sempre insegnate malissimo. È troppo spesso passato il messaggio che in qualche modo il comunismo sovietico sia stato “meglio del nazifascismo” perché, dopo essersene alleato, fu costretto a combatterlo. Bias smentito dai fatti e dal costrutto teorico dello stalinismo stesso. 

Se poi si dovesse studiare meglio la storia recente forse ci si accorgerebbe che negli ultimi 30 anni alla diplomazia si è dato forse troppo spazio. Se c’è un grave errore da imputare all’Occidente è probabilmente quello della diplomazia esasperata, quasi connivente, con un regime che, dopo la brevissima parentesi Gorbachev, ha immediatamente riassunto i suoi caratteri totalitari. Si scoprirà, per esempio, che l’amministrazione di Bush senior fece di tutto per evitare il crollo dell’URSS al fine di non creare risentimento in una Russia in ginocchio ma ancora proprietaria di un gigantesco arsenale nucleare con il quale, allora come ora, minaccia(va) il mondo. Si scoprirà inoltre che l’amministrazione Clinton ed il FMI inviarono decine di miliardi dei contribuenti occidentali alla Russia di Boris Yeltsin per facilitare la ripresa durante quei turbolenti anni. Si ricorderà altresì che Bush junior fece di tutto per costruire ponti di dialogo con la Russia e così fecero diversi altri leader occidentali, dai PM del Regno Unito al nostrano Berlusconi alla Merkel. Questi ultimi due macchiatisi del torto storico di aver avviato una troppo stretta, e a tratti non pulitissima, dipendenza energetica dalle aziende degli oligarchi putiniani.

La sequenza di - storicamente molto discutibili - distinguo sulla natura dell’Holodomor che girano per il paese non ha altro fine che il ridimensionamento dei crimini staliniani: giocare con le definizioni non cancella i fatti. Fatto: non abbiamo creato noi occidentali il nemico russo, anzi abbiamo fatto di tutto per farcelo amico. Fatto: l’imperialismo russo è una costante storica radicata nella cultura di un impero che tuttora racchiude lo straordinario numero di 120 gruppi etnici e numerosi movimenti indipendentisti che ribollono sotto la superficie. Altro fatto: la passione russa per i leader autoritari ed espansionisti deriva dalla paura strutturale di un dissolvimento di questo gargantuelico colosso, tenuto insieme attraverso la soppressione violenta delle identità etniche non russe. Abbiamo troppo a lungo chiuso gli occhi di fronte a tali fatti. Lo abbiamo fatto con la Cecenia, con la Georgia, con gli avvelenamenti degli oppositori politici e con tanto altro. Tirare in ballo la via diplomatica (ampiamente battuta anche prima dell’invasione), avviare pelose operazioni di revisionismo storico e sbandierare richiami ad una complessità che aggrava, invece di alleggerire, i crimini a cui stiamo assistendo, ci sembrano sintomi della stessa malattia: il pregiudizio ideologico spacciato per virtuosismo.

Ed infine, nonostante gli sforzi di buona parte della “sinistra storica” di far apparire come "preterintenzionale" l’affamamento di milioni di persone, i fatti dicono altrimenti. 1) Le altre regioni affette dalla fame in quegli anni (Kazhakistan, Caucaso, regione del Volga) erano tutte parte dell’URSS e furono tutte vittime della medesima follia collettivista scelta da Stalin. 2) Questi fece cadere il peso delle carestie molto di più sulla periferia dell’impero che sulla madre Russia tant’è vero che a Mosca e San Pietroburgo la carestia non fu praticamente un problema. 3) Gli esecutori materiali della ridistribuzione della produzione agricola non solo espropriarono terreni e deportarono kulaki in Siberia, ma si peritarono di chiudere completamente i confini dell’Ucraina al resto dell’Unione, permettendo ai generi alimentari di attraversare la frontiera solo in direzione da Kiev a Mosca, vietando ingresso ed uscita a beni e persone, ed imponendo un lockdown capillare anche ai singoli villaggi di poche centinaia di anime. 4) La fame che ne derivò fu brutale ad un livello che ai giorni nostri riusciamo difficilmente ad immaginare. Se decidi di isolare un paese, espropriarne l’intera produzione agricola obbligando la sua popolazione alla fame, il fatto che tu lo stia facendo per motivi etnici, religiosi, ideologici o nazionalistici diventa del tutto irrilevante. 

L’Holodomor fu genocidio intenzionale voluto da Stalin e dalla classe dirigente russa esattamente come la distruzione dell’Ucraina, oggi in corso, è un tentativo di genocidio voluto da Putin e dalla classe dirigente russa. Sic, et simpliciter.

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