Proprietà intellettuale e Agricoltura

Diritto

di Francesco Lucà,

A partire dal 1970 con una legge conosciuta come U.S. Plant Variety Protection Act (PVPA) si è fatto il primo passo verso la creazione di un oligopolio nel settore delle sementi agricole.

0:00

Innovazione e proprietà intellettuale nell’agricoltura moderna

Negli ultimi decenni, l’innovazione agricola si è concentrata su tre principali direzioni: la meccanizzazione delle operazioni colturali, l’introduzione di interventi chimici e nutrizionali per migliorare la resa delle piante e il miglioramento genetico delle varietà coltivate. Queste innovazioni hanno avuto come obiettivi principali  l’aumento della produttività, la food security e la riduzione della povertà nelle zone rurali.

Il miglioramento genetico, in particolare, ha permesso agli agricoltori di ottenere rese più elevate per ettaro con una minore incidenza di malattie e una gestione più efficiente delle colture in campo. Possiamo dire che la diffusione di sementi brevettate ha trasformato radicalmente il sistema di produzione, spostando l’accesso alle innovazioni dalle mani degli agricoltori a quelle delle grandi aziende sementiere private.

Il primo passo in questa direzione è stato compiuto con la legge americana PVPA del 1970 (che approfondiremo successivamente). Da quel momento, con l’estensione nel 1980 dei brevetti a organismi viventi , le sementi sono diventate oggetto di diritti di proprietà intellettuale. Questo ha contribuito alla nascita di un oligopolio globale nel settore, con poche multinazionali che oggi controllano la maggior parte del mercato delle sementi commerciali.

Seed Industry Structure. Fonte: Philip H. Howard

Gli agricoltori ottengono le sementi tramite diversi canali, ma molti di essi impongono restrizioni severe:  l’acquisto da aziende sementiere non permette infatti (spesso) la riproduzione delle sementi per l’anno successivo, a meno di pagare ulteriori royalties. Ciò compromette, specialmente nei paesi in via di sviluppo,  la sovranità alimentare, dove l’accesso libero ai semi e alla tecnologia è cruciale per garantire l’accesso a cibo sicuro.

Va ricordato che la possibilità di brevettare le nuove varietà ha incentivato gli investimenti nella ricerca aggravando però le disuguaglianze. Inoltre i semi brevettati sono spesso inadatti ai climi locali o troppo costosi per i piccoli agricoltori. La perdita di biodiversità, la dipendenza da fornitori esterni e la criminalizzazione del riutilizzo dei semi sono alcune delle conseguenze dirette del sistema brevettuale.

Molti paesi e organizzazioni umanitarie stanno lavorando per salvaguardare il diritto degli agricoltori a conservare e scambiare sementi tradizionali. Va ricordato però che le pressioni legali e commerciali rendono difficile la conservazione di queste pratiche, essenziali per la sostenibilità agricola e la giustizia globale.

Storia della Proprietà intellettuale sulle sementi

La PVPA consentiva la protezione brevettuale per piante (e animali) riprodotte per via sessuale. A partire dal 16 Giugno 1980, a causa di una sentenza della Corte Suprema su un batterio ingegnerizzato per nutrirsi di chiazze di petrolio, si è estesa la protezione brevettuale a qualunque prodotto naturale creato o creabile tramite l'ingegneria genetica.

Questo ha provocato un aumento dal 3% al 30% di utilizzo di varietà “private” di sementi coltivate in campo nel giro di 20 anni.

Questo porta i paesi in via di sviluppo a non poter “copiare” le innovazioni tecnologiche che avvengono nei paesi sviluppati.

Un esempio è quello del riso basmati: il governo Indiano ha lanciato una sfida legale negli Stati Uniti, contro una compagnia americana che ha ricevuto il brevetto per il Riso Basmati. Quest'ultimo era stato sviluppato proprio dai contadini indiani nel corso dei secoli, ma alla compagnia del Texas RiceTec venne assegnato il brevetto per un incrocio con un riso americano dal chicco lungo che presentava determinate caratteristiche. Il governo indiano d’altro canto sosteneva che la maggior parte del riso basmati avesse già quelle caratteristiche.

Il brevetto – assegnato soltanto negli Stati Uniti – conferisce alla RiceTec il controllo della produzione del riso Basmati nel Nord America. Gli agricoltori devono pagare una tassa per far crescere il riso e non è loro permesso piantare i semi per far crescere le messi dell’anno successivo.

Alternative alla proprietà intellettuale 

Accanto al dominio dei brevetti industriali e alla crescente privatizzazione delle sementi, si stanno affermando modelli alternativi che rimettono al centro la condivisione del sapere agricolo e la tutela della biodiversità. 

Open Source Seed Initiative

Tra questi, uno dei più innovativi è rappresentato dalla licenza OSSI (Open Source Seed Initiative), ispirata ai software Open Source. Questo strumento giuridico garantisce che i semi possano essere liberamente utilizzati, migliorati e scambiati, a condizione che ogni varietà derivata mantenga lo stesso regime aperto, impedendo ogni tentativo futuro di brevettabilità. È un approccio che rafforza i sistemi agricoli locali e valorizza il contributo di contadini e ricercatori pubblici, già applicato con successo a varietà di pomodoro, grano e mais. 

Creative Commons

In parallelo, si sperimentano versioni adattate delle licenze Creative Commons applicate al materiale biologico, e alcune declinazioni della convenzione UPOV permettono, almeno in parte, il riuso dei semi da parte dei contadini. 

Brevetti “Sociali”

Anche i cosiddetti brevetti “sociali” o non esclusivi rappresentano un tentativo di riequilibrio: varietà sviluppate da enti pubblici o fondazioni vengono distribuite tramite licenze accessibili, royalty simboliche e clausole anti-monopolistiche. 

In tutti questi casi, l’obiettivo è comune: garantire l’accesso alla biodiversità agricola come bene collettivo promuovendo un’agricoltura più equa, resiliente e fuori dalla logica dell’appropriazione esclusiva.

1. Andersen, M. A., James, J. S., & Pardey, P. G. (2010). Persistence Pays: U.S. Agricultural Productivity Growth and the Benefits from Public R&D Spending. Springer, New York.

2. Wallace, H. A. (1983). H.A. Wallace and the Development of Hybrid Corn. The Annals of Iowa, 47: 167–179. Retrieved from http://ir.uiowa.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=8990&context=annals-of-iowa

3. Pardey, P. G., Chan-Kang, C., Dehmer, S. P., & Beddow, J. M. (2016). Agricultural R&D is on the move. Nature, 537: 301–303. https://doi.org/10.1038/537301a

4. Supreme Court hears argument on patenting life forms. (1980). Science, 208: 8–12.

6. Varshney, R. K., Ribaut, J.-M., Buckler, E. S., Tuberosa, R., Rafalski, J. A., & Langridge, P. (2012). Can genomics boost productivity of orphan crops? Nature Biotechnology, 30: 1172–1176. https://doi.org/10.1038/nbt.2440

7. Boldrin, M., & Levine, D. K. (2008). Against Intellectual Monopoly. Cambridge University Press.

Tag: Agricolturaproprietà intellettualeRoyaltiesCommoditiesBayerCortevaSyngenta

Continua a leggere

Tutti gli articoli