Il paradosso delle elezioni in Azerbaijan

Il 7 febbraio si terranno le elezioni presidenziali in Azerbaijan, ma il risultato è già scritto.

L'Azerbaijan non è uno stato democratico; il paese è saldamente controllato dal cosiddetto clan degli Aliyev, una famiglia che detiene il controllo effettivo del paese dal 1993. Il presidente attuale, Ilham Aliyev, guida il paese dal 2003, mentre sua moglie, Mehriban Aliyeva, è vicepresidente, e il defunto padre, Heydar Aliyev, viene considerato un padre della patria dopo aver passato il testimone al figlio poco prima di morire.

In queste presidenziali non si aspettano sorprese significative. Previste per il 2025, le elezioni sono state anticipate da Aliyev a quest'anno per capitalizzare la sua incredibile popolarità dopo la riconquista del Nagorno-Karabakh. Fino a pochi mesi fa, questa regione era abitata principalmente da armeni ed era occupata da uno stato non riconosciuto sostenuto militarmente da Armenia e, in misura minore, dalla Russia.

La campagna militare azera del 2023 rappresenta la seconda vittoriosa incursione di Baku nel Nagorno in soli tre anni, rovesciando ciò che Aliyev e gran parte degli azerbaigiani considerano un "errore storico" - la divisione del territorio riconosciuto a livello internazionale come parte dell'Azerbaijan.

Tuttavia, questa riconquista non è stata indolore. Quasi tutti i circa 120.000 armeni etnici del Nagorno-Karabakh sono fuggiti, e i pochi rimasti rischiano continuamente soprusi da parte dell'esercito azero. Nonostante una recente distensione tra Baku e Yerevan, non è chiaro cosa riserverà il futuro al nuovo Nagorno azero, che è in gran parte spopolato e privo di infrastrutture significative.

La questione non sembra preoccupare Aliyev, convinto che la popolazione azera parteciperà con entusiasmo a ciò che, nella pratica, è una sorta di plebiscito sul suo operato. Nel 2018, il presidente ha ottenuto l'86% dei voti, un risultato poco sorprendente considerando che gran parte dell'opposizione è all'estero o non può partecipare liberamente. Nonostante ciò, una buona parte degli azerbaigiani ha una visione positiva del proprio presidente, soprattutto dopo la riconquista del Nagorno.

I sondaggi attuali indicano un tasso di approvazione intorno al 75%, e sorprendentemente, il governo di Baku ha persino invitato gli osservatori dell'OSCE a organizzare una missione di monitoraggio elettorale. Questo perché probabilmente neppure il governo si aspetta di dover compiere grossi brogli per vincere.

E forse qui risiede il paradosso dell'Azerbaijan: la relativa stabilità garantita da un regime molto riconoscibile, un’economia basata sugli export energetici, una vittoria militare attesa da trent'anni e i rapporti consolidati con l'Occidente (l’UE è il suo primo partner commerciale) e altri alleati (in primis la Turchia) rendono l'Azerbaijan molto stabile a livello politico. E le elezioni non rappresentano un pericolo per l’attuale élite politica. E questo consentirà ad Aliyev e alla sua famiglia di continuare a governare per un lungo periodo.

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