L’Europa sarebbe in grado di sventare un’operazione "Spiderweb" della Russia?

Fonte: elaborazione di V. Barbiero, immagine di user17605885 / FreePik

OpinioniEstero

di Andrea Castagna,

L’operazione Spiderweb condotta dall’Ucraina ha certamente colpito l’immaginario collettivo mondiale. L’utilizzo ingegnoso di droni e camion per un attacco contro la flotta di bombardieri strategici russi ha dimostrato, ancora una volta, che l’esercito ucraino e i suoi servizi segreti hanno ben più di una carta da giocare contro l’invasione russa. Tuttavia, al di là dell’entusiasmo legato al fatto che l’Ucraina abbia ormai acquisito una notevole padronanza nell’uso di droni e tecniche di intelligence, l’attacco apre anche scenari inquietanti. La domanda è: noi europei saremmo in grado di difenderci da un attacco simile contro le nostre infrastrutture militari?

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Ovviamente, non si tratta di ipotizzare che l’SBU possa mai utilizzare tali tattiche contro basi occidentali. Si tratterebbe di un’ipotesi del tutto assurda. Dovremmo invece confrontarci con la possibilità che un attore esterno — come la Russia, ma non solo — possa organizzare un attacco simile su suolo occidentale, impiegando un numero limitato di droni e materiali esplosivi per colpire obiettivi militari strategici in Europa. Se tutto cio’ accadesse, l’Europa sarebbe in grado di difendersi?

Ovviamente, la prima reazione di fronte a un’ipotesi del genere sarebbe richiamarsi all’Articolo 5 della NATO. Tuttavia, considerando le crescenti perplessità sul fatto che, nel 2025, tale articolo possa ancora garantire una risposta collettiva efficace, e visto che sempre più attori si interrogano sulla reale affidabilità di un sostegno americano ai paesi europei, la questione centrale diventa proprio l'effettiva tenuta dell’Articolo 5. Un attacco coordinato stile Spiderweb contro più basi e infrastrutture militari in Europa avrebbe, infatti, l’obiettivo di compromettere la capacità di risposta collettiva della NATO. Da un lato, riducendo l’efficacia operativa tramite la distruzione di mezzi e risorse strategiche; dall’altro, colpendo l’opinione pubblica europea con l’effetto shock di un’azione improvvisa e sofisticata a livello di intelligence. Per esempio, un attacco con camion e droni contro le infrastrutture che ospitano i Multinational Battlegroups nei Paesi Baltici (dove le truppe americane sono molto limitate) renderebbe molto più complessa e logisticamente difficile l’organizzazione di una risposta militare ai sensi dell’Articolo 5, soprattutto se un’operazione del genere venisse condotta prima di un attacco convenzionale o di un’invasione di terra proprio in quest’area.

Fonte: Il fianco orientale della NATO, link

È comprensibile che uno scenario del genere possa sembrare uscito da un romanzo di fantascienza distopica. Eppure, chi scrive ha ascoltato in questi giorni membri di alte strutture militari interrogarsi proprio su questo tipo di scenario, che l’operazione Spiderweb ha dimostrato essere tutt’altro che irreale. Inoltre, proprio in queste ore, i ministeri delle telecomunicazioni dell’Unione Europea stanno discutendo su come implementare misure per rafforzare la propria sicurezza, affrontare possibili incidenti su larga scala e rispondere alle operazioni di jamming che la Russia sta mettendo in atto nella regione del Baltico. Insomma, il  rischio sembra quanto mai reale. Sono infatti tre i fattori principali che rendono l’Europa particolarmente vulnerabile a un rischio di questo tipo.

In primis, l’Europa continua a intrattenere intensi rapporti commerciali con la Russia, la Bielorussia e altri Paesi potenzialmente ostili. Ogni giorno, migliaia di camion, container e persone attraversano le frontiere europee, spesso con controlli minimi. E ça va sans dire che all’interno di un container o di un tir può nascondersi molto più di un semplice carico commerciale.

Fonte: EU trade with Russia, eurostat

L’operazione Spiderweb, realizzata in un Paese in guerra come la Russia – dove i livelli di allerta e controllo sono ben più alti rispetto a quelli di una nazione in tempo di pace – ha dimostrato che è possibile colpire infrastrutture strategiche anche con mezzi relativamente semplici e poco costosi. Se ciò è accaduto in un contesto altamente militarizzato, è lecito chiedersi quanto più vulnerabile possa essere un’Europa che, dopo decenni di spese militari ridotte, dispone oggi di un numero limitato di assetti strategici. Basi logistiche, depositi di carburante, radar mobili e persino aeroporti militari usati dalla NATO per operazioni comuni sono distribuiti in un territorio ampio e spesso scarsamente protetto. In questo contesto, anche la perdita di pochi mezzi o sistemi può avere un impatto significativo sulla capacità di reazione collettiva.

In secondo luogo, l’Europa è tutt’altro che impermeabile alla presenza di spie russe. Secondo numerose fonti giornalistiche e di intelligence, agenti russi ne stanno mappando sempre più attivamente le infrastrutture militari, (anche in Italia) utilizzando droni, osservazioni sul campo e raccogliendo dati sui nostri mezzi e movimenti strategici. Il nostro sistema democratico, aperto e basato sulla libera circolazione offre, paradossalmente, enormi opportunità per lo spionaggio. Basti pensare che, grazie all’area Schengen, una potenziale spia entrata legalmente in Portogallo può viaggiare senza ostacoli fino in Lettonia – e viceversa – senza dover mai esibire un passaporto. È un problema riconosciuto anche a livello europeo e di stati membri, ma al momento non sembrano essere state adottate soluzioni concrete né misure coordinate in grado di bilanciare libertà di movimento e sicurezza strategica. E anzi, noi Italiani sembriamo particolarmente ignari del pericolo.

Infine, il problema più grave è che la difesa europea dipende in larga misura dal supporto degli Stati Uniti — non solo in termini di mezzi, personale e infrastrutture, ma soprattutto sul piano dell’intelligence. Con Donald Trump che ha di fatto strumentalizzato la condivisione delle informazioni riservate (tramite intelligence sharing), e con le tensioni crescenti tra le due sponde dell’Atlantico, l’Europa appare particolarmente esposta. Soprattutto perché, come dimostrato in Russia dall’operazione Spiderweb, bastano un camion e pochi droni commerciali per compromettere seriamente la capacità operativa di un esercito. E noi viviamo in un continente in cui tale capacità operativa è già fortemente limitata, principalmente da noi stessi e dalle scelte politiche che abbiamo compiuto in passato.

Tag: NATORussiaEuropadifesaSpiderwebopinioni

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