Prima del salto a City Hall è stato deputato all’Assemblea dello Stato di New York per il distretto di Astoria (Queens). Democratico, membro dei Democratic Socialists of America, è il primo sindaco musulmano e di origine indiana della città. [1][2]
Mamdani ha impostato la corsa su un messaggio martellante: rendere New York di nuovo vivibile per chi lavora. Ha promesso: affitti congelati negli appartamenti “rent-stabilized”; bus gratis; childcare universale; salario minimo a 30 $/ora entro il 2030; supermercati cittadini a prezzi calmierati; tasse più alte su ricchi e grandi imprese.
Ha costruito una coalizione di giovani, affittuari, lavoratori dei servizi e sinistra organizzata (DSA, sindacati), battendo prima Andrew Cuomo nelle primarie democratiche e poi Cuomo (come indipendente) e Curtis Sliwa alle elezioni generali. [3]
In sintesi, i punti che emergono come più forti:
- forte concentrazione su pochi “beni di base”: casa, trasporti, childcare, cibo;
- un grande investimento strutturale sul childcare universale (0–3 anni) per ridurre il costo di crescere figli e aumentare la partecipazione al lavoro;
- attenzione al trasporto pubblico di superficie (bus più rapidi, corsie preferenziali, biglietto azzerato);
- un’agenda facilmente leggibile per gli elettori: meno frammentazione, più priorità chiare.
Dall’altra parte, le principali criticità che vengono segnalate:
- uso massiccio di controlli di prezzo (rent freeze) e forte espansione di housing pubblico;
- salario minimo portato a 30 $/ora, con impatto potenzialmente pesante su settori a bassa marginalità;
- supermercati pubblici che rischiano di trasformarsi in aziende perennemente in perdita;
- coperture fiscali molto ottimistiche, concentrate su una base imponibile ristretta e altamente mobile (top 1% e grandi corporations);
- dipendenza da decisioni dello Stato di New York (Albany), che il sindaco non controlla.
Sul fronte casa, il pacchetto Mamdani ruota attorno a due mosse:
- congelare gli affitti per gli appartamenti “rent-stabilized”, che rappresentano una parte molto ampia del mercato in affitto;
- costruire circa 200.000 alloggi “affordable” in 10 anni, attraverso housing pubblico o fortemente sovvenzionato, per un costo stimato intorno ai 100 miliardi di dollari nel decennio. [4]
L’obiettivo è intervenire su un’emergenza reale: New York è una delle città più care al mondo per chi vive in affitto. Ma diversi economisti e osservatori avvertono che:
- rent freeze prolungati riducono gli incentivi a investire e a mantenere gli immobili;
- la pressione si sposta sul segmento non regolato, con nuovi aumenti di prezzo;
- se il valore del real estate cala, si riduce anche il gettito fiscale legato alla casa, oggi fondamentale per il bilancio cittadino.
Il capitolo più costoso è il childcare:
- estensione della gratuità anche alla fascia 0–3 anni (oggi coperta solo in parte, soprattutto 3–4 anni);
- costruzione di un sistema di cura dell’infanzia di fatto universale.
Il costo stimato è fra 5 e 9,6 miliardi di dollari l’anno; molte analisi convergono su una cifra “di lavoro” attorno ai 6 miliardi. [4]
Gli effetti attesi sono:
- aumento dell’occupazione, soprattutto femminile;
- riduzione forte della spesa privata per chi ha figli piccoli;
- trasformazione del childcare in una infrastruttura sociale permanente della città.
Le incognite stanno nella capacità di: costruire e gestire abbastanza strutture; garantire qualità e standard; bilanciare ruolo pubblico e operatori privati accreditati.
Mamdani punta molto sui bus:
- bus gratuiti in tutta la città;
- più corsie riservate (bus-only lanes);
- aumento delle frequenze.
Il costo stimato per la sola gratuità dei bus è meno di 800 milioni di dollari l’anno, a cui andrebbero aggiunti gli investimenti infrastrutturali per corsie e priorità semaforiche. [5]
Un’altra proposta molto simbolica è la creazione di 5 supermercati comunali, uno per borough, che vendano generi alimentari a prezzi vicini all’ingrosso per contrastare caro spesa e “food deserts”.
Costo stimato: circa 60 milioni di dollari l’anno. [6]
Resta aperta la domanda su gestione, efficienza e rischio di perdite croniche a carico del bilancio cittadino.
Il programma prevede di portare il salario minimo di New York a 30 dollari l’ora entro il 2030, rispetto agli attuali circa 16,5 dollari, con aumenti graduali in più tappe. [7]
Molti osservatori sottolineano che l’impatto su ristorazione, commercio al dettaglio e altri settori a bassa marginalità potrebbe essere significativo, con rischi di riduzione dell’occupazione meno qualificata.
Coperture
La sezione “Paying for Our Agenda” indica tre leve principali:
- aumento dell’aliquota corporate tax cittadina da circa il 7,25% all’11,5%;
- introduzione di un +2% di sovraimposta sul reddito per chi guadagna oltre 1 milione di dollari l’anno;
- una serie di interventi su multe, procurement e sprechi per qualche centinaio di milioni.
L’obiettivo complessivo è arrivare a circa 10 miliardi di dollari l’anno di nuove entrate, a fronte di un’agenda che costa circa altrettanto.
Economisti e centri studi avvertono che:
- 9–10 miliardi di entrate aggiuntive sono calcolati in modo statico, senza considerare possibili fughe di contribuenti ad alta capacità di reddito e di imprese;
- la platea colpita è ristretta ma altamente mobile, in un contesto in cui altri Stati (Florida, Texas, ecc.) offrono tassazione molto più leggera; parte della base imponibile potrebbe spostarsi altrove, erodendo il gettito proprio nel medio periodo in cui l’agenda Mamdani richiede più risorse. [8]
Molti dei punti-chiave del programma non dipendono solo dal sindaco, ma richiedono l’intervento dello Stato di New York:
- tasse su redditi e imprese sono decise a livello statale;
- il salario minimo è fissato per legge statale;
- l’MTA, che gestisce bus e metropolitana, risponde in gran parte ad Albany;
- il rent freeze passa da un Rent Guidelines Board formalmente indipendente, anche se nominato in parte dal sindaco.
The Guardian, Time e NY Focus insistono su questo punto: senza un cambio di linea a livello statale, molte promesse rischiano di restare sulla carta. [9]
In conclusione:
Il “piano Mamdani” per New York è un’agenda ad altissimo impatto comunicativo: promette di abbassare il costo della vita su quattro pilastri – casa, trasporti, childcare, cibo – tramite un intervento pubblico molto forte e un aumento significativo della pressione fiscale su ricchi e grandi imprese.
La vera prova sarà nella traduzione di queste promesse in politiche concrete:
- tenuta dei conti pubblici nel medio periodo;
- reazione di imprese e contribuenti più mobili;
- capacità di trovare in Albany i voti necessari per cambiare leggi fiscali, salario minimo e governance del trasporto pubblico.
È su questi tre piani – bilancio, risposta dei mercati e politica statale – che si capirà quanta parte del programma sopravvivrà al passaggio dalla campagna di Mamdani alla realtà della New York che governerà dal 2026.
