Alitalia, quanto ci sei costata?

Parliamo di un argomento che continua a costare molto agli italiani nonostante l’oggetto della discussione sia “tecnicamente” morto. Alitalia, infatti, non esiste più. E’ in amministrazione straordinaria dal 14 ottobre 2021, ma sulle sue ceneri nasce ITA Airways, seppure “in discontinuità”.

Per fare una breve recap storico sul controllo statale:

  • Dalla sua nascita nel 1946, Alitalia è rimasta sostanzialmente sotto il controllo totalitario dello stato fino al 1985. E la privatizzazione della quale tanto si parla non è mai avvenuta per davvero. 
  • Infatti nel 1985 la partecipazione statale è solamente scesa all’84,1% del capitale ordinario.
  • Nel 1998 la partecipazione è stata ulteriormente ridotta al 53%.
  • Nel 2002, dopo il passaggio di consegne dall’Iri al Mef la partecipazione è di nuovo aumentata fino al 62.4%, per poi nel 2005 essere nuovamente ridotta al 49.9%.
  • Nel dicembre 2008 è stata comprata da CAI (Compagnia Aerea Italiana) che era composta da Air France-KLM (25%), FIRE S.p.A. (11% circa), Intesa San Paolo (9% circa), Atlantia S.p.A. (9% circa), ma solo per gli assets migliori, mentre il peggio è rimasto sotto amministrazione statale.
  • La CAI però non è riuscita a risollevare le sorti dell’azienda e nell’agosto 2014 viene concluso con Etihad un accordo che ridurrà la quota di CAI al 51%. 
  • Nel 2017 Etihad, per la ricapitalizzazione di 2 miliardi, aveva chiesto il licenziamento di circa 1000 dipendenti, una proposta non accettata dai sindacati. Infatti nessuna compagnia privata ha voluto comprare la compagnia nostrana perché il governo non vuole che venga licenziato alcun dipendente. Così, l’allora governo Gentiloni commissariò la compagnia con 900 milioni di euro di prestito ponte.

Non è molto sorprendente venire a sapere che lo stato controlli il 60% del Pil.

Cercando di ricostruire storicamente le dinamiche del “carrozzone strategico”, ricordiamo dei costi diretti risalenti a delle perdite dei periodi in cui l’azienda era controllata dallo Stato (ricordiamo che l’Alitalia dei famosi “capitani coraggiosi” del 2009 è stata privatizzata) ma anche altre misure; ad esempio, cassa integrazione speciale: 7 anni di stipendio all’80% per i dipendenti (a favore degli esuberi del 2009). Nonostante la difficoltà nel fare i conti, si può dire che nel suo complesso (sia quando era pubblica, sia quando era in parte privata) Alitalia ha perso tra i 14,5 e i 15 Miliardi di Euro. La compagnia aerea ha registrato perdite in tutti i suoi periodi di vita. Nel periodo di pre-liberalizzazione, anche se di fatto era leader di mercato (anche per via della regolamentazione), nel periodo 1998-2008, che precede il primo fallimento. Ricordiamo poi l’Alitalia privata e, in un periodo ancora successivo (2017), l’Alitalia commissariata, con i famosi “prestiti ponte”.

I prestiti ponte nella storia di Alitalia sono stati diversi:

  • Il primo nel 2004 è stato di 482 milioni di cui ne sono stati restituiti 474 nel 2005. I maggiori oneri a carico dello Stato sono quindi pari a 8 milioni. 
  • Il secondo nel 2008 è stato di 332 milioni. L’obbligo di rimborso è rimasto a carico della bad company messa in amministrazione straordinaria, quindi a carico dello stato.
  • Dunque è stata salvata nel 1998 1999, 2000 2001 e gli altri anni descritti su.
  • Il salvataggio più recente è quello di 1.3 miliardi  con i prestiti ponte(tra 2017 e 2020: 2 miliardi è la spesa totale con gli interessi) e con il Decreto "Cura Italia", 3 miliardi sono destinati per la definitiva nazionalizzazione, anche se poi ne sono stati utilizzati “solo” 1,37 miliardi. Dei 10,6 miliardi di oneri lordi, quasi la metà (il 48 per cento) sono stati spesi negli ultimi dieci anni, cioè dopo la privatizzazione del 2008.

Come se ciò non bastasse, la tanto paventata compagnia di bandiera è costata ben di più di questa già spropositata cifra: ad esempio a causa delle norme contro la concorrenza poste in essere dal governo Berlusconi, tra il 2008 ed il 2009, per favorire la fusione tra AirOne e Alitalia, oppure a causa della famosa “tassa aeroportuale” che ancora oggi paghiamo per finanziare la cassa integrazione speciale (6,50€ a volo, che aumentano a 7,50€ per i voli da Roma) e che adesso alcuni comuni stanno cercando di aumentare a causa, non del fondo volo ma, dei problemi di cassa riscontrati. Ciò vorrebbe dire che se si arrivasse ovunque a pagare una cifra per passeggero pari a quella prevista per i voli da Venezia (9€, ripetiamo, NOVE EURO) l’incidenza su un biglietto low-cost potrebbe arrivare ad essere pari al 25%.

Il tema è riaffiorato tra le pagine dei giornali quando “la Commissione europea ha concluso che il prestito ponte da 400 milioni di euro concesso ad Alitalia nel 2019 rappresenta un aiuto di Stato illegale ai sensi delle norme comunitarie”.

Oltre al danno dei prestiti, che non verranno mai restituiti, e degli interessi, che non sono mai stati pagati, l’Italia con tutta probabilità dovrà anche pagare una multa.

La nuova Ita Airways, seppure abbia acquisito alcuni asset della “compagnia defunta” dalla quale nasce, è una compagnia differente. La sua privatizzazione in due fasi, con un’acquisizione da parte di Lufthansa di un primo 40%, avvenuta qualche mese fa, e una seconda fase che ne prevede la totale cessione, dovrebbe far sì che essa non gravi più sulle spalle del contribuente italiano (ricordiamo infatti che, nonostante il rebranding, Ita ha continuato e continua a perdere soldi, anche se ciò è normale nei primi esercizi di vita di un’impresa).

La decisione di Margrethe Vestager (commissario europeo per la concorrenza) di favorire la creazione della nuova Ita è stata una decisione totalmente politica. Infatti a guadagnarci sono stati Alitalia ed il governo italiano stesso, in quanto sono riusciti a raggiungere l’accordo con la Commissione e a far partire la nuova società così come previsto dai piani politici. La lentezza della commissione è criticabile proprio perché il contribuente italiano, in questo modo, non rivedrà mai rientrare quei soldi. 

Questi aiuti per Alitalia non sono da confondere con gli aiuti che il governo ha concesso a svariate imprese per affrontare la crisi pandemica. Essi sono infatti stati concessi ad Alitalia nel 2017, un periodo in cui il mercato aereo stava andando molto bene (tranne chiaramente Alitalia che perdeva 600 milioni di Euro all’anno). Questi aiuti sono quindi stati dichiarati illegali in quanto non hanno rispettato determinati requisiti, ad esempio, il termine di rimborso. Gli aiuti nel periodo pandemico, invece, ammontavano a 300 milioni di Euro a fondo perduto. Si nota subito la differenza con i prestiti miliardari ad Air France o Lufthansa, non solo per le somme ma anche perché queste compagnie hanno rimborsato tali prestiti e sono riuscite a tornare competitive sul mercato, a tal punto da riuscire ad acquisire altre compagnie (tra cui la stessa ITA). C’è chi a torto potrebbe dire che Lufthansa abbia usato gli aiuti di stato del periodo pandemico per acquisire la tanto amata ed innocente compagnia aerea battente bandiera italiana, ma ciò non sarebbe stato possibili secondo le normative UE finchè Lufthansa non avesse restituito tutti i prestiti. E così è stato, Lufthansa ha restituito tutti i prestiti in anticipo, anche per convenienza.

Ciò vuol dire che quello della Commissione europea non è un accanimento contro i governi italiani, anzi, ha fatto il gioco dei governi italiani, contro l’interesse del contribuente, aspettando per prendere questa decisione: dal 2019 al 2023 si contano quattro anni. I limiti della Commissione sono quindi stati molto evidenti.

Obiettivamente, Ita è troppo piccola per stare da sola sul mercato, in quanto deve compete con compagnie di alto calibro (Lufthansa, British Airways, Air France KLM) ma anche contro le low-cost (Ryanair, EasyJet, Wizzair). L’anno scorso ha portato solo l’1% dei passeggeri sul mercato aereo europeo che conta 1 Miliardo di passeggeri, mentre ha solo 8% della quota complessiva del mercato italiano. Dunque l’unica soluzione per tenere baracca aperta è quella di venderla ad uno dei grandi gruppi citati sopra.

Ita è partita con una capitalizzazione pubblica di 1.1 miliardi di euro, ma nel primo anno di vita aveva già perso circa 600 milioni, quindi oltre la metà. Tali perdite si possono giustificare in quanto si tratta di una “start-up” che ha dovuto fare investimenti di vario tipo (tra cui la verniciatura).
Durante il governo Draghi, oltre a Lufthansa anche Certares (socio commerciale di Air France) aveva fatto un’offerta che l’allora ministero dell’Economia e della Finanza, forse per mantenere alcuni equilibri di nomine, aveva favorito con immancabili polemiche, anche in maniera molto istituzionale dallo stesso Draghi.

Nonostante i roboanti richiami alla patria e la presunta importanza strategica di una compagnia di bandiera durante la campagna elettorale, sembrerebbe che l’attuale governo italiano abbia intenzione di concludere questo affare con Lufthansa. Lo chiamiamo affare in quanto finalmente si smetterà di mettere le mani nel portafogli dei contribuenti italiani.


Come già anticipato, Lufthansa ha interesse nell'acquisire Ita e la vendita si svolgerà in due fasi, iniziando con una cessione del 40% per poi arrivare al 90% o una quota simile. La quotazione di Ita, nonostante per qualcuno si aggiri attorno al miliardo, molto probabilmente potrebbe essere la metà perchè col passare del tempo il suo valore diminuisce in quanto perde soldi nel frattempo.
Per quanto concerne la controparte, nonostante dubbi sull’economicità di tale acquisizione, viste le perdite che Ita porta sul tavolo pur avendo spese di personale abbastanza snelle rispetto al passato, i tedeschi sembrano intenzionati a concludere per acquisire una quota di mercato italiano. Se invece prima della conclusione della seconda fase decidessero di ritirarsi, perderebbero i 200-250 milioni di euro già messi sul tavolo. Già sappiamo che MSC si era tirata indietro lasciando sola Lufthansa, per creare una compagnia aerea cargo. 

Un’ulteriore sicurezza del fatto che ITA verrà privatizzata ci viene data dalla rigidità, finalmente rinata, della Commissione europea che non permette ulteriori aiuti di stato. L'alternativa alla vendita sarebbe la dichiarazione di fallimento e la chiusura della compagnia.

Sappiamo che Lufthansa dopo l’acquisizione vuole rafforzare l’hub di Fiumicino su lungo raggio verso sud e nord america. Riguardo le tratte europee sappiamo che Lufthansa con la sua Air Dolomiti è molto presente nelle tratte con destinazioni italiane da Monaco e Francoforte, ma Ita ha 2/3 degli slot su Linate che gli permette di coprire molte tratte europee. Ovviamente l’obiettivo dell'acquirente è quello di rendere profittevole il proprio investimento pur sopportando perdite nel 2024 e 2025 come fatto con Swiss dopo il suo fallimento. 

Il mercato aereo non si è ancora ripreso del tutto: se paragoniamo il 2022 al 2019 abbiamo una differenza al ribasso del 17%. Ma la parte mancante in termini di passeggeri è quella del mercato intercontinentale, che è anche il più ricco per le compagnie aeree, sicuramente perchè mancava ancora una buona parte dell'Asia (anche a causa delle chiusure cinesi). Anche dagli Stati Uniti si ha una ripresa nel 2023. Certamente sui costi ha anche influito la volatilità del jet-fuel che ha subito un rialzo a causa dell’aggressione russa in Ucraina, anche se bisogna precisare che questo incremento fosse partito già da prima dell’inizio del conflitto..

Codacons ha denunciato gli aumenti esorbitanti dei prezzi dei voli, ma secondo l’analisi di Giuricin, basata sui bilanci pubblici delle compagnie aeree, l’aumento dello “Yield” (prezzo medio pesato per chilometro) si è visto un aumento del 30% nel 2022 rispetto al 2019, aumento del 29% sul lungo raggio, 17% su medio raggio, e su corto raggio attorno ai 13-14%. Questi aumenti rimarranno nel 2023, ma se l’offerta tornasse al livello precedente, il problema dei costi dovuti anche all’inflazione si gonfierebbe.

Di certo non bisogna colpevolizzare il mercato libero per la riduzione delle quote di passeggeri negli ultimi anni, dato che il mercato aereo è passato da 53 milioni passeggeri annui nel 1997 (che è l'anno della liberalizzazione del mercato aereo) a 160 milioni di passeggeri annui nel 2019. Dunque oggi più persone possono permettersi di viaggiare in aereo grazie alla concorrenza del mercato libero che porta alla riduzione dei prezzi.

Non risulta facile individuare un solo colpevole, ma chiunque voglia applicare politiche simili è nemico delle future generazioni che dovranno pagare un debito pubblico che sostanzialmente è stato utilizzato per concludere nulla, se non sprecare risorse.

Ogni generazione ha il dovere di lasciare un mondo migliore rispetto a come lo ha trovato per chi verrà dopo, dunque, cerchiamo di adempiere questo nostro dovere.

Sinossi a cura di: Michele Plaia e Harry Shergill

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