Israele intensifica le operazioni su Gaza; Armenia e Azerbaigian negoziano - Settimana al 28/10/23

Punto Stampa a Cura di: Daniele Barnaba, Alexei Polianski, Franz Forti

Revisione a Cura di: Alexei Polianski, Andrea Alesiani
Conducono: Franz Forti, Andrea Alesiani

 

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Israele

 

Sul campo:

Lo scorso fine settimane i primi aiuti umanitari sono giunti a Gaza: dopo un primo convoglio di 20 camion, un secondo convoglio di circa 19 - carichi di forniture mediche e alimentari - è entrato a Gaza dal lato egiziano del valico di Rafah. L’ufficio umanitario delle Nazioni Unite aveva dichiarato però che il volume degli aiuti entrati rappresenta solo il 4% della media giornaliera prima dell’inizio del conflitto, e ha dunque ribadito la sua preoccupazione per le condizioni sanitarie pessime in cui versa la Striscia ed esprimendo le sue lamentele per l’insufficienza degli aiuti pervenuti.

Le milizie palestinesi hanno continuato il fuoco indiretto su Israele al ritmo consueto, confermando che l’IDF (Israel Defence Forces) si trova ad affrontare non solo Hamas ma una coalizione libera di diverse milizie palestinesi. Lungo il confine settentrionale con il Libano ad esempio, le forze di Hezbollah sostenute dall’Iran, hanno condotto attacchi nell’ambito di una campagna contro siti radar, sensori e obiettivi militari dell’esercito israeliano, il quale ha neutralizzato qualche giorno dopo le postazioni di lancio di missili e razzi anti-carro sia in Libano che in Siria. Militanti palestinesi e forze israeliane hanno continuato, inoltre, a scontrarsi in Cisgiordania. L’esercito israeliano ha effettuato un attacco aereo durante la notte di domenica allo scopo di colpire un complesso sotto la moschea di al-Ansar nel campo profughi di Jenin che, secondo i militari israeliani, apparteneva ad agenti di Hamas e della Jihad islamica palestinese. Si ricordi che il campo profughi di Jenin è stato al centro di una grande operazione militare israeliana pochi mesi fa.

Molto circolata tra i media è stata poi la notizia delle due donne israeliane, Nurit Cooper e Yocheved Lifshitz, ostaggi di Hamas e rilasciate per motivi di salute secondo quanto dichiarato da Abu Ubaida, portavoce del braccio armato. Il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) ha dichiarato di aver contribuito a facilitare il rilascio dei due ostaggi detenuti da Hamas e in una dichiarazione pubblicata online, il CICR ha confermato di aver trasportato i due ostaggi fuori da Gaza lunedì sera. Uno degli ostaggi rilasciati, l’85enne Yocheved Lifshitz, ha raccontato poi i dettagli del suo rapimento, dicendo di essere stata picchiata e rinchiusa in quella che ha definito una “ragnatela di cunicoli sotterranei” costruiti da Hamas sotto la città di Gaza. Lifshitz ha però anche raccontato di non aver subito violenze durante la sua detenzione e che i rapitori si sarebbero occupati di tutti i bisogni degli ostaggi. L’anziana donna, che in gioventù è stata attivista per la pace, ha infine criticato l’esercito israeliano per aver sottovalutato la minaccia dell’attacco. Gli ostaggi che rimangono nelle mani di Hamas sarebbero almeno 222, secondo le forze di difesa israeliane. Lo sforzo internazionale per la liberazione degli ostaggi è mediato dagli Stati Uniti e dal Qatar. Quest’ultimo (che ospita i leader di Hamas) avrebbe fatto pressioni sull’organizzazione terroristica per liberare almeno le donne e i bambini senza aspettarsi concessioni da Israele ma ciò non è avvenuto. 

Se già in settimana Tel Aviv sembrava aver iniziato una nuova fase del conflitto, lanciando un limitato ma sostanziale raid terrestre lungo la costa di Gaza, nel tardo pomeriggio di venerdì la situazione si è aggravata ulteriormente. Inizialmente diversi media internazionali e le organizzazioni umanitarie hanno denunciato di aver perso i contatti con i loro operatori, tra questi la Mezzaluna rossa e Al Jazeera ad esempio. Due tra le principali compagnie telefoniche palestinesi, Jawwal e Paltel, hanno fatto sapere poi che sia le loro linee telefoniche fisse che quelle Internet non erano più operative. Dopodiché, il contrammiraglio Daniel Hagari, portavoce dell'esercito israeliano, ha annunciato: "Nelle ultime ore abbiamo intensificato gli attacchi a Gaza. […] L'aeronautica israeliana sta conducendo attacchi estesi su tunnel e altre infrastrutture. […] Oltre agli attacchi effettuati negli ultimi giorni, stasera le forze di terra stanno espandendo le loro operazioni". Ciononostante, le autorità israeliane non hanno confermato l’inizio dell’operazione di terra annunciata, nonostante l’incursione e l’aumento dei bombardamenti, le dichiarazioni riportate e lo scontro tra i militanti di Hamas con le truppe israeliane nella città di Beit Hanoun - nel nord-est di Gaza - e nella zona centrale di Al-Bureij, e dopo le comunicazioni di Israele ai civili palestinesi di recarsi a sud per evitare la zona di maggiore scontro.

Mark Regev, consigliere del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ha detto esplicitamente che Israele sta iniziando la sua vendetta contro Hamas e che "Gaza sentirà la nostra ira stasera. […] Continueranno a ricevere i nostri colpi militari finché non avremo smantellato la loro macchina militare e sciolto la loro struttura politica a Gaza […] Quando tutto questo sarà finito, Gaza sarà molto diversa."

Sul piano della comunità internazionale:

I fatti appena citati avvengono a poche ore dal grande annuncio della richiesta da parte delle Nazioni Unite di una tregua umanitaria, dopo che l'Assemblea generale ha approvato una risoluzione redatta dagli Stati arabi che, seppur non vincolante, ha un forte peso politico. La risoluzione è stata approvata con 120 voti a favore, mentre 45 si sono astenuti e 14 - tra cui Israele e gli Stati Uniti - hanno votato contro. L'Assemblea Generale ha votato dopo che il Consiglio di Sicurezza ha fallito quattro volte nelle ultime due settimane nel prendere provvedimenti. Questo voto, peraltro, arriva all’indomani di una dichiarazione del Segretario Generale António Guterres che aveva scatenato l’indignazione del governo israeliano: “è importante riconoscere che gli attacchi di Hamas non sono avvenuti ‘nel vuoto’. Il popolo palestinese è stato soggetto a 56 anni di soffocante occupazione”. Israele ha chiesto le dimissioni di Guterres e l’ambasciatore israeliano all’ONU ha accusato l’organizzazione di aver sempre avuto pregiudizi e ostilità verso Israele. Guterres si è difeso facendo notare che subito le dichiarazioni contestate da Israele, il suo discorso era proseguito affermando che “le rimostranze del popolo palestinese non possono giustificare gli spaventosi attacchi di Hamas”.

 

Durante la riunione di lunedì del Consiglio affari esteri dell’Unione Europea è stato ribadito il diritto di Israele a difendersi dagli attacchi di Hamas in accordo col Diritto Internazionale Umanitario. Joseph Borrell ha sottolineato la necessità di aumentare l’afflusso di medicine, cibo e carburante - necessario per la desalinizzazione dell’acqua - a Gaza per evitare la crisi umanitaria. Durante l’incontro è stata approvata una linea di risoluzione comune che preveda la formula dei “due popoli due stati”, mentre la Spagna, che detiene la presidenza di turno UE, ha richiesto l’istituzione di una conferenza internazionale di pace. Durante una conferenza stampa nella stessa giornata, Ernest Urtasun, membro del Parlamento Europeo e portavoce del partito di coalizione spagnolo Sumar, ha reiterato come il riconoscimento di uno Stato palestinese sia necessario affinché’ si possa raggiungere una nuova coalizione di governo ed assegnare un nuovo mandato a Pedro Sánchez, senza aspettare una decisione comune da parte dell’Europa

Il portavoce della sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, non ha voluto commentare l’operato israeliano ribadendo solo che Washington sostiene il diritto di Israele a difendersi e aggiungendo: "Non stiamo tracciando linee rosse per Israele".

Il presidente turco Erdogan ha dichiarato mercoledì che il gruppo militante palestinese Hamas non è un'organizzazione terroristica ma un gruppo di “liberazione” che combatte per proteggere la propria terra.

Ulteriori aggiornamenti in tempo reale

Ucraina

Continua il graduale avanzamento delle forze ucraine sulla riva orientale (sinistra) dell'oblast di Kherson e continuano le operazioni offensive vicino a Bakhmut e nell'oblast di Zaporizhia occidentale. Continuano anche gli attacchi russi con missili e droni contro l'ucraina. L'aeronautica ucraina ha riferito che le forze russe hanno lanciato un missile balistico Iskander-M dall'oblast di Voronezh e sei droni Shahed-131/136 dal vicino Primorsko-Akhtarsk, Krasnodar Krai e che le forze ucraine hanno distrutto cinque Shahed nelle oblast di Kherson e Mykolaiv. Il portavoce del comando dell'aeronautica ucraina, il colonnello Yuriy Ihnat, ha riferito il 27 ottobre che le forze russe hanno lanciato oltre 500 Shahed contro infrastrutture critiche e strutture militari in Ucraina nel settembre 2023. Ihnat ha anche affermato che i materiali compositi per la fusoliera degli Shahed modernizzati li rendono più difficili da individuare e che le condizioni meteorologiche non hanno influenzato le operazioni degli Shahed russi.

 

Le forze russe hanno continuato le operazioni offensive vicino ad Avdiivka il 27 ottobre ma non hanno fatto alcun progresso confermato. Il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, John Kirby, ha dichiarato il 26 ottobre che le forze russe hanno subito migliaia di vittime e hanno perso almeno 125 veicoli corazzati nelle recenti operazioni offensive vicino ad Avdiivka.

 

Germania e Danimarca hanno annunciato nuovi pacchetti di aiuti militari all'Ucraina il 27 ottobre.  Il Ministero della Difesa danese (MoD) ha annunciato un pacchetto di supporto in materiale militare per l'Ucraina del valore di 3,7 miliardi di corone (circa 520 milioni di dollari) che comprende carri armati T-72, BMP- 2 veicoli da combattimento di fanteria, munizioni di artiglieria e droni. Il governo tedesco ha annunciato un pacchetto di aiuti militari del valore di circa 5,4 miliardi di euro (circa 5,7 miliardi di dollari) che comprende missili antiaerei MARS II e un ulteriore sistema di difesa aerea IRIS-T SLM.

 

Caucaso

Armenia-Azerbaijan: A Teheran i ministri degli esteri di Armenia e Azerbaijan si sono incontrati per la prima volta dall’offensiva azera in Nagorno-Karabakh che ha portato alla reintegrazione del territorio all’interno dell’Azerbaijan, la soppressione della Repubblica dell’Artsakh, e l’esodo della quasi totalità della popolazione di etnia armena (circa 100,000 persone). Il Ministro degli Esteri russo Lavrov, assieme ai ministri di Turchia e Iran, ha dichiarato che le due parti concordano che il Nagorno-Karabakh faccia ufficialmente parte dell’Azerbaijan e che i prossimi passi prevedano la stesura di un accordo di pace che definisca i confini e formalizzi le relazioni fra i due paesi. Nonostante ciò, rimane aperto il problema di collegare il Nagorno-Karabakh con la regione di Nakhichevan, un’exclave azera al confine separata da un lembo di territorio armeno. All’inizio di questo mese, infatti, l’Azerbaijan ha già avviato un nuovo collegamento stradale attraverso la regione, tuttavia, si spera che un collegamento possa essere creato anche attraverso l’Armenia come parte del trattato di pace, ma senza concessioni “extraterritoriali” che consentirebbero all’Azerbaigian di aggirare il controllo doganale armeno.

Sebbene si parli di accordi di pace, notizia di questi giorni è stata anche la dichiarazione del governo francese di star vendendo equipaggiamento militare (tre sistemi radar Ground Master 300, visori notturni Safran e sistemi di difesa aerea Mistral) all’Armenia, nel contesto di una possibile invasione del Paese da parte dell’Azerbaijan. La compravendita di armi è stata duramente criticata dal presidente azero Aliyev, che ha accusato la Francia di non favorire la pace nella regione ma le accuse sono state rispedite al mittente dal ministro delle forze armate francese Lecornu, che ha ribadito come le armi vendute dalla Francia potranno essere impiegate solo nell’eventualità di un attacco azero all’Armenia, trattandosi di sistemi di difesa.

 

[Approfondimento] Foreign Policy: come la fine del Nagorno-Karabakh cambierà la geopolitica

Europa

Finlandia - Estonia: La polizia criminale centrale finlandese (KRP) ha recuperato un’ancora di una nave di proprietà cinese, vicino ­al gasdotto Baltic Connector danneggiato nel mar Baltico. L’autorità investigativa finlandese NBI martedì ha dichiarato che stava indagando sulla nave di proprietà della Newnew Polar Bear, che mancava dell’ancora anteriore. Gli inquirenti hanno tentato invano di contattare la nave i cui movimenti registrati erano vicini al sito del gasdotto danneggiato; resta da capire se il danno sia stato intenzionale o meno. Riguardo la riparazione del gasdotto, essa durerà almeno 5 mesi, ma l'approvvigionamento energetico della Finlandia non è a rischio.

Slovacchia: Come promesso in campagna elettorale, il neo primo ministro Fico, leader del partito populista di sinistra Smer, ha annunciato che il Paese non invierà più armamenti a Kyiv, limitandosi al supporto umanitario e invitando la stessa UE a mutare il suo approccio da fornitrice di armi a “pacificatrice”. Si tratta del primo Paese a prendere una decisione del genere dopo aver fornito in un primo momento aiuti militari all’Ucraina. In ogni caso Bratislava, dopo le consegne degli ultimi mesi, ha ormai poco da offrire e tale cambio di rotta non avrà dunque conseguenze impattanti.

 

Unione Europea: Nell’ultimo meeting della BCE, tenutosi giovedì a Francoforte, si è deciso per la prima volta dall’inizio dell’innalzamento dei tassi di interesse, di tenerli invariati, in linea con le politiche adottate dalla Fed statunitense e dalla Banca d’Inghilterra. Nel mese scorso l’inflazione dell’eurozona è scesa al 4,3%, con un calo dei costi del carburante e un’attenuazione dei picchi dei prezzi dei prodotti alimentari, rispetto al 5,2% di agosto. Ma la guerra tra Hamas ed Israele sta aggiungendo incertezza alle prospettive economiche, in particolare per il rischio che il conflitto si allarghi ad altri paesi arabi e/o all’Iran, circostanza che indebolirebbe ulteriormente l’Europa vista la sua dipendenza dalle importazioni di energia. 

Svizzera: Nella giornata del 22 ottobre si sono svolte le elezioni federali in Svizzera. Al Consiglio Nazionale è risultata una sostanziale stabilità delle formazioni di centro (Liberali e Centro) mentre è cresciuta e ha vinto la destra dell’UDC. È invece calata vistosamente l’area verde (Verdi e Verdi Liberali) che avevano visto un grande exploit 4 anni fa. Al Consiglio degli Stati i dati saranno definitivi dopo i ballottaggi, che si terranno nel mese di novembre (ultimo dei quali il 26 del mese). Le elezioni federali si svolgono ogni 4 anni ed hanno sistemi diversi tra Consiglio Nazionale (l’equivalente di una camera, eletto in modo proporzionale) e Consiglio degli Stati, (equivalente al Senato americano, che ha un sistema maggioritario con ballottaggio).

Politica internazionale

Nord America

USA: Preoccupati dall’inasprimento del conflitto tra Israele e forze militanti quali Hamas (Gaza) e Hezbollah (Libano), il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, ha dichiarato sabato scorso che Washington ha schierato una quantità significativa di unità navali in Medio Oriente, tra cui due portaerei, navi di supporto e circa 2.000 marines, per aiutare a scoraggiare gli attacchi delle forze affiliate all’Iran. Gli USA stanno anche inviando una batteria antimissile Terminal High Altitude Area Defense (THAAD) e un ulteriore battaglione del sistema di difesa aerea terrestre Patriot.

La Casa Bianca ha inoltre affermato lunedì che l'Iran starebbe in alcuni casi "attivamente facilitando" attacchi con razzi e droni su basi militari statunitensi in Iraq e Siria tramite gruppi proxy. Stando a quanto dichiarato dal portavoce della Casa Bianca John Kirby, gli Stati Uniti credono che questi gruppi fossero sostenuti dalla Guardia Rivoluzionaria Islamica dell'Iran (IRGC) e dal governo iraniano.

USA: La Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha eletto mercoledì come suo Speaker il repubblicano Mike Johnson, dopo tre settimane di impasse durante le quali la Camera non ha potuto far fronte alla crisi del Medio Oriente o svolgere i suoi compiti fondamentali. Il risultato del voto (220 a 209) ha consacrato Johnson alla poltrona di Speaker, rimasta vacante da quando Kevin McCarthy è stato estromesso il 3 ottobre da un piccolo gruppo di repubblicani che si contrapponevano all'accordo con i democratici che ha scongiurato una parziale sospensione di alcune funzioni della pubblica amministrazione del governo (shutdown parziale). 

Eletto alla Camera per la prima volta nel 2016, Johnson sarà lo Speaker con meno esperienza degli ultimi decenni. È noto soprattutto per essere stato l'autore di un appello fallito da parte di diversi repubblicani della Camera per far sì che la Corte Suprema annullasse i risultati elettorali negli Stati che Trump aveva perso alle elezioni presidenziali del 2020. I democratici hanno criticato i suoi sforzi per ribaltare le elezioni del 2020, così come le sue posizioni sociali conservatrici su aborto, matrimonio gay, trattamento ormonale per gli adolescenti transgender e immigrazione. Ma alcuni si sono detti almeno felici che la Camera possa finalmente tornare al lavoro.  

America Latina

Argentina: Domenica 22 ottobre si sono tenute le elezioni per il presidente, il vicepresidente e una parte dei rappresentanti del Congresso nazionale dell’Argentina, una repubblica presidenziale federale a sistema bicamerale. I tre candidati principali erano Sergio Massa, rappresentante dell’attuale coalizione peronista Union por la Patria (UP), al governo dal 2019; Patricia Bullrich, del centro-destra Juntos por el Cambio (JxC); Javier Milei, del partito libertario La Libertad Avanza (LLA), che è stato il vero outsider di queste elezioni, unendo proposte economiche controverse e radicali come la dollarizzazione dell’economia a idee conservatrici su aborto e armi.

I risultati in breve: Massa raggiunge il 36,6% dei voti, Milei il 30% e la Bullrich 23,8%. Poiché per vincere al primo turno un candidato deve ottenere più del 45% dei voti (o più del 40% con un vantaggio di oltre 10 punti sul secondo) e nessuno ha raggiunto questa soglia, Massa e Milei andranno al ballottaggio il 19 novembre.

Il vincitore si troverà alle prese con un’inflazione annuale del 124%, senza riserve liquide nella banca centrale e una valuta in crisi che ha perso metà del suo valore da agosto mentre l’economia barcolla verso la sua sesta recessione in un decennio.

Medio Oriente

Iran: L’agenzia di stampa statale IRNA (Islamic Republic News Agency) ha annunciato ieri che Armita Geravand, la ragazza di 16 anni che il primo ottobre era stata picchiata dalla polizia morale iraniana per non aver indossato il velo in metropolitana, “è in stato di morte cerebrale, nonostante tutti gli sforzi del personale medico”. Anche La famiglia ha confermato la morte cerebrale di Armita, secondo quanto riferisce in un post sul social X l’organizzazione non governativa Hengaw.

 

Turchia: Il presidente turco Erdogan ha presentato lunedì in parlamento un disegno di legge per la ratifica dell’adesione della Svezia alla NATO. "Il protocollo sull'adesione della Svezia alla NATO è stato firmato dal presidente Erdogan […] ed è stato sottoposto alla Grande Assemblea Nazionale della Turchia", ha dichiarato la presidenza. Il disegno di legge sarà messo all'ordine del giorno della commissione Affari esteri del Parlamento, che dovrà approvarlo prima di poterlo inviare all'Assemblea generale per la ratifica per la quale, tuttavia, non ci sono tempi stabiliti. Il principale partito di opposizione, il Partito Popolare Repubblicano (CHP), ha già espresso il proprio sostegno all'adesione della Svezia.  

 

 

Africa

Sudan: Secondo diverse fonti della BBC le forze paramilitari RSF che si stanno scontrando contro l’esercito sudanese in una guerra civile da aprile, hanno preso il controllo della seconda città più grande del paese, Nyala. La città è capitale della regione del Darfur meridionale e occupa una posizione strategica che collega il Sudan con la Repubblica Centrafricana. L’operazione che ha portato all’occupazione della città è stata guidata da Abdulrahim Daglo, sanzionato dagli Stati Uniti per il ruolo svolto nella pulizia etnica in Darfur. Tutto ciò avviene mentre le due fazioni hanno ripreso i colloqui di pace nella città costiera saudita di Jedda, sotto la mediazione di Riyadh e Washington.

 

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