Perché un accordo di pace fra Russia e Ucraina rimane improbabile

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OpinioniEstero

di Ludovico Zanette,

In queste settimane, i negoziati di pace tra Stati Uniti, Federazione Russa e Ucraina sono tornati al centro del dibattito pubblico. Nonostante l'acceso  dibattito sulle diverse proposte, le probabilità che si raggiunga un accordo di pace duraturo e sostenibile rimangano piuttosto scarse. Numerosi fattori contribuiscono ad arrivare a formulare questa valutazione, ma è sufficiente constatare che, allo stato attuale delle cose, non esiste un insieme di condizioni al contempo accettabile sia per la Russia che per l'Ucraina.

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La leadership russa non ha mai abbandonato il proprio obiettivo massimalista di conquistare e assogettare l’Ucraina, sia militarmente che politicamente. Dopo il fallimento dell’invasione iniziale, Mosca ha dato inizio ad una campagna di bombardamenti contro le infrastrutture civili nel tentativo di rendere impossibile la sopravvivenza dell’Ucraina come stato. Se da un lato l’Ucraina potrebbe essere aperta ad alcune concessioni - accettando de facto, ma non de jure, l’occupazione russa del 18% del proprio territorio - d’altro canto è evidente che non possa accettare compromessi e cedere sulla propria esistenza in quanto tale. 

In sintesi, mentre l’Ucraina intende preservare la propria indipendenza, sovranità, e la libertà di perseguire autonomamente le proprie politiche interne e aspirazioni internazionali, la Russia è disposta ad accettarne l’esistenza solo in qualità di Stato vassallo russificato, similmente a quanto accade alla Bielorussia. Tra queste due posizioni non esiste alcun margine di compromesso. Ciò dovrebbe bastare a comprendere che, fintanto che gli obiettivi strategici del Cremlino resteranno invariati, non vi è alcun motivo fondato per pensare — o sperare — che si possa raggiungere un accordo di pace duraturo.
 

Cosa sta sbagliando l’amministrazione Trump

Il principale problema dell’approccio adottato dall’amministrazione Trump nei negoziati risiede in una profonda incomprensione della natura del conflitto e della posta in gioco sia per la Russia che per l’Ucraina. Il modo in cui sono stati condotti i colloqui lascia intendere che questa amministrazione consideri questa guerra essenzialmente come una disputa territoriale risolvibile attraverso un compromesso. Tuttavia, per entrambe le parti coinvolte, la guerra ha assunto una dimensione esistenziale. 

Sottomettendo l’Ucraina e distruggendone l’esistenza in quanto stato indipendente, Putin mira a ristabilire la sfera d’influenza imperiale di Mosca e a mettere in discussione l’architettura di sicurezza europea emersa dopo il 1991. Finora, l’approccio dell’amministrazione Trump è stato quello di corteggiare Putin offrendo concessioni territoriali in Ucraina, qualche accenno ad un possibile allentamento delle sanzioni, e un potenziale “reset” nei rapporti tra Stati Uniti e Russia. Si tratta di molto più di quanto Putin avrebbe potuto sperare da qualsiasi altra amministrazione, ma, in ultima analisi, tali concessioni non bastano a soddisfare le sue ambizioni imperiali. Queste offerte, insieme agli appelli di carattere quasi umanitario da parte Trump sui social media (e.g. “Stop the killing”), rivelano profonda incomprensione delle intenzioni e priorità del Cremlino.

Per gli ucraini, quella in corso è una guerra per l’indipendenza, il futuro, e la sopravvivenza della propria nazione. L’amministrazione Trump sembra aver dato per scontato che l’Ucraina si sarebbe piegata e avrebbe accettato qualsiasi condizione pur di ottenere la “pace”. Anche in questo caso, tale errore di valutazione nasce da una profonda mancanza di conoscenza del contesto del paese in questione, della sua leadership politica, e delle sue preferenze, oltre che a una visione molto distorta dell’attuale andamento del conflitto. 

In diverse occasioni, membri dell’amministrazione americana, incluso il presidente Trump e il vicepresidente Vance, hanno dato adito a diverse forme di disinformazione sull’Ucraina in linea con un certo tipo di retorica divenuta popolare nel movimento MAGA. Secondo queste narrazioni, l’Ucraina è dipinta come un paese al collasso, interamente dipendente dagli aiuti statunitensi, dove “milioni di persone” sono state uccise, la maggior parte delle città sono state rase al suolo, e un presidente impopolare si ostina a continuare la guerra per rimanere al potere. Il problema è non solo che nulla di tutto questo corrisponde al vero, ma anche che qualsiasi politica fondata su premesse così profondamente errate difficilmente potrà essere efficace — e, in alcuni casi, rischia persino di produrre risultati opposti rispetto agli obiettivi dichiarati. Ecco alcuni esempi significativi:

  • Tra febbraio e marzo, Donald Trump e altri esponenti del suo entourage hanno attaccato personalmente il presidente Zelenskyy mettendone in discussione la legittimità. Questi attacchi, uniti al famigerato incontro alla Casa Bianca, in realtà non hanno fatto altro che aumentarne l’indice di gradimento in Ucraina e rafforzarne il sostegno da parte degli altri leader europei.
  • È risaputo che l’Ucraina dipende in misura rilevante dagli aiuti militari statunitensi, in particolare in alcuni settori (Patriots, MLRS, l’intelligence, etc.). Salvo l’approvazione di un nuovo pacchetto di spesa da parte del Congresso, o di un'altra forma di approvvigionamento, questo sostegno è destinato ad esaurirsi. Il governo ucraino è consapevole di questo da tempo e ha già avviato un processo di potenziamento dell’industria bellica nazionale. Di conseguenza, oggi l’Ucraina è meno dipendente dagli Stati Uniti di quanto non lo sia mai stata negli ultimi tre anni. Minacciando di sospendere o interrompere l’assistenza militare, l’amministrazione Trump ha in sostanza agitato uno spettro che si sarebbe comunque materializzato, spingendo Kyiv verso una traiettoria in cui Washington avrà sempre meno influenza.
     
  • L’amministrazione Trump ha adottato un approccio fortemente orientato ad ottenere risultati rapidi, con l’obiettivo dichiarato di porre fine al conflitto nel più breve tempo possibile. La rapidità sembra essere diventata un fine in sé stesso anziché un mezzo, a discapito delle condizioni sostanziali dell’intesa. Alcuni funzionari hanno affermato più volte che, in assenza di progressi rapidi, gli Stati Uniti non esiteranno a ritirarsi dalle negoziazioni. Considerando che l’esito preferito dal Cremlino coincide proprio con un disimpegno statunitense, non dovrebbe sorprendere se finora Mosca abbia puntato a guadagnare tempo, confidando nel fatto che Trump perda la pazienza e si defili.
     

La posizione della Federazione Russa

Se la Russia non ha intenzione di abbandonare i propri obiettivi massimalisti, perché prende parte ai negoziati? Si tratta di una contraddizione solo in apparenza. Come già evidenziato, non vi è nulla che la Russia vorrebbe di più che un disimpegno degli Stati Uniti dall’Ucraina e dall’Europa in generale. L’obiettivo di Mosca è quello di dare l’impressione di essere diposti a negoziare per cercare far ricadere la colpa del fallimento delle trattative sull’Ucraina e l’Europa, così da poter continuare la guerra senza il coinvolgimento statunitense.

I negoziatori russi sostengono di essere aperti al dialogo, ma pongono condizioni preliminari che sanno benissimo essere del tutto inaccettabili per l’Ucraina. In perfetta continuità con la tradizione sovietica, avanzano richieste irrealistiche e massimaliste, in modo da poter poi presentare qualsiasi minimo cambiamento come una concessione, contando sul fatto che figure come Steve Witkoff — un avvocato immobiliare senza alcuna esperienza in politica estera, per il quale “successo” equivale a chiudere rapidamente un accordo — saranno più che disposte a interpretare il loro atteggiamento come un segno di buona volontà.

Con un’amministrazione statunitense finora restia a sostenere attivamente l’Ucraina e a esercitare reali pressioni sulla Russia, dal punto di vista di Putin è preferibile continuare la guerra piuttosto che accettare un accordo che conceda a Kyiv garanzie di sicurezza significative. L’unico tipo di intesa a cui il Cremlino potrebbe realisticamente aderire è un cessate il fuoco temporaneo, privo di vere garanzie deterrenti per l’Ucraina, che consenta a Mosca di riorganizzarsi e riprendere il conflitto tra qualche anno.

Un ulteriore elemento che potrebbe influenzare i calcoli del Cremlino è il seguente: se da un lato la Russia non soffre la carenza di truppe e continua a reclutare circa 30.000 uomini al mese — seppur ricorrendo a bonus di arruolamento sempre più elevati — dall’altro potrebbe presto trovarsi a fronteggiare una carenza di mezzi quali carri armati e veicoli corazzati. Tale situazione è imputabile al progressivo esaurimento delle scorte di era sovietica e all’incapacità dell’industria nazionale di compensare l’attuale ritmo delle perdite subite in Ucraina. Di conseguenza, pur disponendo del personale necessario a rimpiazzare le gravi perdite umane, Mosca potrebbe faticare a sostenere l’attuale intensità delle operazioni offensive fino al 2026. Una pausa nei combattimenti consentirebbe di ricostituire le forze armate, in vista di una possibile ripresa del conflitto entro alcuni anni.


La posizione dell’Ucraina

Ogni discussione sui negoziati di pace dovrebbe partire dal riconoscere che il semplice fatto che gli ucraini desiderino la pace non significa che siano disposti ad accontentarsi di una pace a qualsiasi costo. L’Ucraina ha bisogno di una pace duratura e sostenibile, il che implica che lo status quo potrebbe essere ancora preferibile a un cattivo accordo. La situazione attuale al fronte, con l’Ucraina sulla difensiva, significa che la Russia sta subendo pesanti perdite per guadagni minimi e senza riuscire a conseguire alcuna svolta strategica. Un accordo di pace che congelasse il conflitto sulle linee attuali, consentendo alla Russia di ricostruire la propria forza militare senza offrire all’Ucraina qualcosa di più di quanto non abbia già in termini di sicurezza e difesa, sarebbe peggiore dello status quo.

Purtroppo, il dibattito pubblico sui negoziati di pace si è eccessivamente concentrato su questioni territoriali. Il territorio ucraino illegalmente occupato dalla Russia è indubbiamente importante, e l’Ucraina non accetterà mai un riconoscimento formale dell’occupazione russa. Tuttavia, le condizioni preliminari per un accordo di pace accettabile per l’Ucraina hanno poco a che fare con questo. In questo senso, si possono individuare almeno tre pilastri di un accordo di pace accettabile: difesa, garanzie di sicurezza, e sviluppo economico.

Per quanto riguarda la difesa, l'Ucraina non può accettare e non accetterà alcun accordo che limiti la dimensione e le capacità delle proprie forze armate e del complesso militare-industriale. Come è noto, durante tutte le trattative della primavera del 2022, la Russia aveva ripetutamente cercato di imporre un accordo che avrebbe indebolito significativamente l’esercito ucraino, rendendo impossibile difendere il Paese in caso di una futura invasione.

In merito alle garanzie di sicurezza, la leadership ucraina è consapevole del fatto che l'adesione alla Nato non rappresenta al momento una prospettiva realistica, ma non può rinunciare a tale possibilità in assenza di una forma alternativa di sicurezza che sia credibile, significativamente più robusta di qualsiasi cosa l’Ucraina avesse prima del 2022, e in grado di dissuadere una futura invasione russa.

Infine, per quanto riguarda lo sviluppo economico, la vera misura del successo dell’Ucraina non è necessariamente quanto territorio riesca a mantenere, ma di sopravvivere come nazione indipendente in grado di poter crescere e svilupparsi. Questa questione è strettamente legata alla difesa e alla sicurezza, poiché nessuno sarebbe in grado di prosperare vivendo in uno stato di completa vulnerabilità accanto ad un vicino aggressivo, revanchista e ostile, ma è anche connessa alle prospettive di integrazione europea e allo sviluppo che ne deriverebbe. Dopotutto, la scelta degli ucraini di un futuro in Europa è stata la causa principale dell’invasione russa nel 2014, e sarà proprio l'integrazione nell'Unione Europea a determinare il futuro dell'Ucraina.
 

Gli scenari possibili

A cento giorni dall’insediamento di Trump, è chiaro che l’approccio dell’amministrazione ai negoziati ha fallito nella promessa di una rapida risoluzione attraverso un accordo.

La proposta di pace presentata all’Ucraina e agli alleati europei dall’inviato degli Stati Uniti per la Russia, Steve Witkoff, a Parigi il 17 aprile era troppo favorevole alla Russia per essere accettata. Nelle settimane successive, i negoziatori ucraini e i loro partner europei hanno lavorato ad una controproposta consegnata all’inviato USA per l’Ucraina, il generale Keith Kellogg, a Londra il 25 aprile. Tuttavia, è difficile immaginare che il Cremlino possa accettarne i termini, poiché essa prevederebbe, tra le garanzie di sicurezza, il potenziale dispiegamento di truppe europee in Ucraina.

Fino ad oggi, l’amministrazione Trump non ha mostrato alcuna intenzione di esercitare maggiore pressione sulla Russia e, nonostante alcuni segnali incoraggianti negli ultimi giorni, è difficile immaginare che questa politica cambi radicalmente. Non solo perché Trump sembra avere una genuina affinità con Putin a discapito dell'Europa e dell'Ucraina, ma anche perché un cambiamento di politica comporterebbe un coinvolgimento prolungato degli Stati Uniti, che potrebbe antagonizzare sia la componente MAGA isolazionista che quella più tradizionalmente conservatrice che vede nel Pacifico e nel confronto con la Cina la vera priorità. 

Lo scenario più probabile, quindi, è che gli Stati Uniti si disimpegneranno progressivamente dai negoziati e che la guerra continuerà. La Russia cercherà di far ricadere la colpa su Ucraina ed Europa, sperando che ciò porti al ritiro degli Stati Uniti sia dal sostegno all’Ucraina che dalla sicurezza europea, mentre l'Ucraina e gli europei cercheranno di addossare la responsabilità a Putin nel tentativo di mantenere un certo grado di supporto militare da parte degli Stati Uniti. È difficile prevedere quale esito prevarrà, ma va notato che nessuno dei due scenari è destinato a portare a un rapido cambiamento degli equilibri al fronte.


Nota: Questo articolo è la versione italiana di un originale in inglese pubblicato sullo Substack ‘A Line’ il 7 maggio 2025.

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