La cancellazione del debito da parte della BCE

Alla perenne ricerca di soluzioni magiche che con un colpo di bacchetta allievino l’enorme stock di debito cumulato in 40 anni di cattiva gestione della finanza pubblica, insospettabili esponenti della politica italiana hanno in questi giorni l’ultima, e forse definitiva, strada per il metodo Harry Potter: la BCE dovrebbe cancellare il debito (italiano ndr) detenuto dall’Eurosistema per conto della Banca Centrale Europea.

Come sappiamo una delle prime risposte delle istituzioni europee alla crisi pandemica è stata la definizione del Piano di acquisti straordinario denominato PEPP (Pandemic Emergency Purchase Program). Nell’ambito di questo programma la BCE ha acquistato finora 95,2 miliardi (ultimo dato di settembre) di titoli italiani, mentre il totale del debito pubblico detenuto da banca d’Italia è pari al 24,1% del totale.

A questa somma si può aggiungere l’indebitamento aggiuntivo consentito dalla sospensione del Patto di stabilità a crescita pari (per ora) a circa 122 miliardi.

Il sogno bagnato della cancellazione del debito si è concretizzato con l’intervista rilasciata a repubblica dal presidente del Parlamento Europeo David Sassoli, seguito a ruota dagli entusiasmi di Emanuele Felice, di Giuseppe Provenzano e, ca va sanse dire, di pentastellati e leghisti alla Borghi che da anni raccontano la storia della cancellazione con un click.

 

Ma è davvero possibile cancellare il debito pigiando un bottone?

Teoricamente si. Purtroppo prima di farlo occorre i) pensarci bene ii) mettere in atto qualche procedura che, come vedremo, non è esattamente semplice.

Pensiamoci bene

Prima di tutto non si comprende se i sogni di Sassoli et al riguardino il debito italiano o quello di tutti gli Stati membri. Poiché ci resta ancora un o’ di fiducia nel genere umano, preferiamo propendere per la seconda ipotesi. La pandemia ha generato un aumento medio del debito pubblico in tutti gli Stati europei di circa il 20%. Le risorse sin qui stanziate dalla BCE sono prossime ai 2.500 miliardi; di questi, sempre a settembre, ne erano stati usati per il programma di acquisti 511.

A meno di non voler definitivamente rivelare il volto più stupidamente furbo dell’intellighenzia italiana, la cancellazione dovrebbe riguardare tutto il portafoglio PEPP e tutti gli scostamenti di bilancio Europei. In altre parole gli scostamenti di bilancio di Italia, Germania, Francia, Spagna ecc. dovrebbero essere interamente assorbiti dalla banca centrale. Dopo questa operazione il click.

Tralasciando per un attimo la complessità dell’operazione, su cui torniamo dopo, si porrebbero almeno 3 problemi:

  1. L’ostilità dei Paesi che nonostante la pandemia presentano ancora conti in ordine. Alcuni di questi Paesi, cui l’Unione Europea sta tentando di porre condizioni per l’accesso ai fondi di NGEU, non vedono l’ora di negoziare il loro potere di veto con l’arma della debolezza strutturale italiana e non solo. Sebbene siano stati fatti passi avanti sul framework del Recovery Fund e sul bilancio europeo 2021-2027, gli accordi sono ancora nelle acque non proprio calme del negoziato. Alzare la posta contenente il “favore” della cancellazione del debito dei Paesi più spendaccioni come il nostro è tatticamente un suicidio.
  2. L’azzardo morale di presentarsi al mercato con una esplicita dichiarazione di no sostenibilità del debito. Secondo le previsioni della NaDEF il 2019 si chiuderà con un rapporto debito pil al 159,7%. Dalle parti di Bruxelles sanno che la previsione è ottimistica (si veda il paper di Buti e Messori). Dire “rimettete il nostro debito come noi (non) abbiamo rimesso i nostri peccati” potrebbe produrre il tanto famigerato stigma evocato impropriamente in caso di accesso al MES sanitario.
  3. La credibilitĂ  delle istituzioni europee verrebbe gravemente compromessa. Regole che vengono interpretate in base ai bisogni non sono regole, sono carta straccia.

L’ostacolo delle regole

Due dei cardini principali della costruzione europea sono l’indipendenza della Banca Centrale e il divieto di finanziamento diretto, anche tramite scoperti di conto, agli Stati sancito tanto dall’art. 123 del TFUE quanto dallo statuto della BCE.

Se anche si volesse procedere verso la revisione di trattati e statuto, la strada sarebbe inevitabilmente lunga, difficile e dagli esiti affatto certi. La cancellazione con un click non si può fare se prima non si discutono, scrivono e ratificano nuovi trattati e nuovo statuto. Tempo previsto? Diciamo qualche anno.

L’altra regola che sarebbe violata è contabile.

La moneta creata dalla BCE è voce del passivo; dall’altra parte deve corrispondere un attivo (oggi i crediti). Se si cancella l’attivo si crea una voragine nel bilancio che può essere riempita o con la cancellazione del corrispondente passivo (la moneta) o con l’aumento di capitale. Insomma i 2000 miliardi svaniti per magia dovrebbero rientrare dalla finestra delle casse dei soci, ovvero degli Stati membri azionisti di BCE.

Risultato: una partita di giro (in lingua volgare un moto perpetuo) che non porta alcun beneficio né ai debitori cancellati né al creditore troppo e inopportunamente generoso.

Ne vale la pena?

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