Il senso di Travaglio per i numeri

C'era una volta un giornalista che si autoproclamò difensore civico contro la corruzione dei politici. Da moralizzatore, nel senso del personaggio delle Iene, fustigava tutti (alcuni più di altri in verità) pronto a scoprire e denunciare ogni spiffero che arrivava dalle stanze del potere romano che lui, abilmente e con la forza tranquilla di un'eloquenza da questorino, raccontava alla gente incazzata e ansiosa di abbandonarsi alla retorica populista. Era il Travaglio vicedirettore de Il fatto Quotidiano retto da Padellaro, quello delle ospitate da Santoro, quello delle cronache di Mani Pulite con Barbacetto e Gomez, quello dei monologhi a teatro di Promemoria. Se gli si chiedeva a quale corrente politica appartenesse lui, serafico, indossava il tipico sorrisetto beffardo (diventato col tempo marchio di fabbrica) e rispondeva: "sono liberale montanelliano"

Sarebbe interessante chiedere al vecchio Indro Montanelli cosa penserebbe del suo allievo. Negli ultimi 3 anni, diventato direttore della testata che ha fatto di lui una star televisiva, ha trasformato il Fatto nel più agguerrito house organ di un partito; come la Pravda per l'Unione Sovietica, come la KCNA per Kim Jong Un, come l'IRNA per la repubblica islamica dell'Iran.   

Da quando a Giuseppe Conte e al PD è fallita l'operazione Ciampolillo, non passa giorno che il suo giornale, i suoi social, i suoi sgherri più affezionati, non attacchino il governo Draghi reo di aver defenestrato "un esecutivo che aveva conquistato 209 miliardi e un commissario troppo efficiente" (cit.).

Per godere delle sue agiografie, oltre ad abbonarsi al giornale che non prende finanziamenti pubblici ma prestiti con garanzia pubblica si, basta sintonizzarsi una qualunque sera sul programma di Lilly Gruber e attendere l'apparizione del sorrisetto beffardo. Se per caso lui non c'è state tranquilli, ci saranno di sicuro i suoi epigoni Scanzi o Padellaro.

L'ultima performance del 6 maggio è stata epica. Lui, che con i numeri ha lo stesso rapporto che io ho con il dialetto swahili, ha affermato categoricamente che

i) "il fallimento di Figluolo è certificato dai numeri"

ii) "squadra che vince non si cambia"

iii) "Con Arcuri eravamo primi in Europa, ora siamo quarti su 4"

Ora al vedovo inconsolabile spieghiamo un po' di cose:

i) I numeri (ah saperli leggere!) dicono che l'obiettivo 500k somministrazioni al giorno si può dire raggiunto, fatte salve le normali oscillazioni giornaliere.

Ma il vero numero che conta è quello dato dalla percentuale di somministrazioni in rapporto alle dosi disponibili. Fino alla gestione Arcuri quella percentuale era intorno al 70% (con casi del 50% in alcune regioni), ora viaggia verso il 90%

ii) la squadra che vinceva, se fosse rimasta al suo posto, a questo punto sarebbe impegnata nell'allestimento dei padiglioni primula. Cosa cazzo vinceva quella squadra lo sa solo lui.

Forse vinceva il sequestro di 2,5 milioni di mascherine fuori legge pagate con denaro pubblico e per cui Arcuri non potrà essere messo sotto accusa per danno erariale solo perché il sodale Conte, nell'atto di nomina del marzo 2020 all'art. 122, gli aveva garantito l'immunità.

iii) A parte il fatto che l'Europa è composta da 27 Paesi (28 se usiamo come benchmark anche UK) e non 4, l'Italia è stata prima per pochissimi giorni quando la Francia era ferma a zero e si poteva vaccinare solo il personale sanitario.

Per una verifica delle vaccinazioni somministrate basta controllare la pagina web del governo https://www.governo.it/it/cscovid19/report-vaccini/, mentre per una comparazione fra Stati potete utilizzare questo link https://ourworldindata.org/covid-vaccinations.
Sono entrambi ben più documentati e affidabili dei sorrisetti.

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