Crunch time

Il 18 febbraio  scrissi un post su Facebook, poi apparso anche qui (), invitando alla cautela rispetto all’entusiasmo per il governo Draghi. Tre mesi dopo la mia cautela era giustificata?

 

 

Sostenevo che il suo compito principale era avviare la campagna vaccinale e scrivere un PNRR approvabile da Bruxelles che contenesse, a differenza di quello di Conte, credibili promesse di riforme, e possibilmente di segnare un cambiamento rispetto al disastroso governo Conte su un paio di dossier simbolici

Il compito è stato assolto bene. Il numero dei vaccinati è finalmente arrivato a mezzo milione al giorno (i livelli inglesi di febbraio, giusto per ricordare) ed il piano è stato mandato a Bruxelles con promesse di riforme abbastanza dettagliate da apparire credibili (anche grazie al nome di Draghi). Il cambiamento è stato sottolineato licenziando Arcuri e Vecchione. Sarebbe stato meglio far fallire Alitalia, ma non si può avere tutto dalla vita. Manca ancora la governance del PNRR ma dovrebbe arrivare a breve.

 Il successo però ha avvicinato il momento del redde rationem politico, preannunciato dalla doppia intervista a Salvini su Repubblica e di Brunetta al Foglio. In sostanza, la destra chiede a Draghi di candidarsi alla presidenza della repubblica e di indire subito dopo elezioni che, dato lo stato pietoso della sinistra, è sicura di vincere. La sinistra, o quello che rimane dopo le brillanti pensate di Goffredo Bettini, rilutta e chiede a Draghi di rimanere presidente del consiglio per fare le riforme. Spera in tal modo di mantenere il potere ancora per un paio di anni e, salvo cambiamento di idea di Mattarella su un mandato breve stile Napolitano, di eleggere al Quirinale uno dei tanti potenziali candidati di area. Draghi tenta di accelerare presentando alcune riforme come decreti legge  per farle approvare prima dell’inizio del semestre bianco che gli toglierebbe l’opzione nucleare delle dimissioni/scioglimento del parlamento.

 Lo spettacolo è ovviamente e prevedibilmente penoso. Se uno volesse per un momento, ignorare questi giochetti di infimo livello, dovrebbe chiedersi ‘quale delle due opzioni (Draghi presidente e Salvini primo ministro nel gennaio 2022/X presidente e Draghi primo ministro fino al gennaio 2023) conviene di più al paese?’  In prima battuta, la risposta è ovvia: l’opzione che garantisce l’approvazione delle riforme – o almeno di alcune di esse. Ma è una risposta vuota, perchè a sua volta solleva alcune domande

  1. Quali sono le scadenze reali delle riforme secondo il PNRR? Veramente la commissione non concederebbe la prima tranche dei fondi NextGenEU se non venissero approvate subito, come sostenuto da Draghi per giustificare l’approvazione di riforme per decreto (una clamorosa forzatura della Costituzione)?
  2. E’ realistica l’opzione due? Perché la Lega dovrebbe continuare a sostenere un governo Draghi che le fa perdere consensi verso Fratelli d’Italia ora e  le farebbe perdere molti più consensi se veramente Draghi volesse fare le riforme? E se la Lega si sfilasse, il governo Draghi potrebbe reggere con i voti del PD e del M5S?
  3. Avrebbe la Commissione e, in seconda istanza, il Consiglio Europeo (utilizzando il cosiddetto freno di emergenza) la forza politica di bloccare l’erogazione dei fondi successivi se l’Italia, non facesse le riforme o tentasse di fare riforme di facciata?
  4. Cosa succederebbe se la riforma della magistratura (al primo posto nell’agenda PNRR) veramente volesse ridurre il potere dei giudici?

E infine, la domanda più difficile: dato per scontato che gli italiani non vogliono le riforme (o più precisamente, sono totalmente contrari alle riforme che mettono in dubbio il proprio reddito, status e stile di vita e quello dei propri amici e parenti ed approvano entusiasticamente quelle che mettono in dubbio reddito, status e stile di vita degli estranei), quale partito/coalizione è più disposto a rischiare e su quali riforme?

Le risposte (?) alla prossima puntata

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