Perché non votiamo più

In Italia, l'astensionismo è stato significativo durante le ultime elezioni, registrando un tasso di 39,5% (oltre 17 milioni di elettori).

Foto di: Openpolis

Il grafico sottostante illustra le preferenze di voto non in relazione al totale dei voti validi, ma rispetto all'intero pool di elettori potenziali.

FONTE: elaborazione openpolis su dati ministero dell'interno
(ultimo aggiornamento: venerdì 30 Settembre 2022)

L'Italia, fino agli anni Settanta, era tradizionalmente un paese con un'elevata partecipazione elettorale. Tuttavia, il fenomeno delle schede bianche e nulle ha persistito nel tempo, rappresentando approssimativamente il 5% del totale. In passato, erano previsti incentivi legali per motivare la partecipazione, in quanto l'astensione veniva registrata e, in mancanza di giustificazioni, richiedeva una spiegazione al sindaco.Nelle ultime elezioni, si è registrato un tasso di astensionismo del 38%, il che significa che circa il 38% degli elettori non ha partecipato al voto o ha espresso una preferenza tramite scheda bianca.
 

L'elettore tende a votare di più quando in età media tra i 30 e i 55 anni.

È risaputo che la tendenza al voto è generalmente più elevata tra le fasce di popolazione più agiate rispetto a quelle meno fortunate. La figura seguente mostra le diverse regioni in base al reddito pro capite e al tasso di astensionismo. Vi sono regioni in cui si osserva contemporaneamente un elevato tasso di astensionismo e un basso reddito pro capite, come nel caso della Calabria. Al contrario, nell'Emilia-Romagna, si registra un tasso di astensionismo più basso e un reddito pro capite più elevato.

Nella figura sottostante sono illustrate le risposte riguardanti l'interesse per la politica. La linea azzurra rappresenta coloro che hanno una licenza media, e quasi il 40% di queste persone dichiara di non interessarsi mai alla politica. Questo dato risulta notevolmente inferiore per quanto riguarda i laureati.

L'Italia attraversa un periodo di stagnazione economica peggiore di molte altre economie sviluppate negli ultimi 20-30 anni. Questa situazione ha naturalmente generato un alto livello di insoddisfazione tra la popolazione, una reazione giustificata. Tuttavia, anziché tradursi in azioni politiche dirette a cambiare la rotta di questo declino, questa insoddisfazione si è trasformata in disaffezione politica.

Fino agli anni '90, la partecipazione al voto era sostenuta dalla convinzione che si stessero facendo scelte cruciali per il destino del paese, come l'adesione all'Unione Sovietica o l'alleanza con gli Stati Uniti. Di fronte a decisioni così significative, con tanto in gioco, la partecipazione al voto tendeva ad essere molto elevata. Tuttavia, dopo il crollo del Muro di Berlino e la fine della Prima Repubblica, questa sensazione di importanza è andata scemando.

Ulteriore fattore ad influire su tale andamento è che, in passato, l'età pensionabile continuava a diminuire, mentre ora le pensioni non aumentano più come in passato e gli stipendi nel settore pubblico non seguono più l'andamento precedente. È proprio in questo contesto che la popolazione ha sviluppato un atteggiamento più disincantato verso l'offerta politica italiana. Il sistema politico non è più in grado di soddisfare le aspettative dei cittadini, principalmente a causa dei vincoli di bilancio che devono essere rispettati.

Va considerato che il gruppo degli astensionisti non è composto solo da liberali insoddisfatti, ma anche da individui con diverse prospettive politiche.

Questo gruppo è formato da persone che desiderano pensionarsi anticipatamente e che auspicano salari più elevati per i dipendenti pubblici. Pertanto, la percentuale di insoddisfatti che attendono semplicemente una proposta politica soddisfacente non è così elevata come potrebbe sembrare.

Pertanto la ridotta affluenza è davvero un problema? Oppure quel che conta veramente è… 

Sinossi a cura di: Harry Shergill e Lorenzo Viviani

 

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