Perché non possiamo usare solamente rinnovabili in futuro?

Rispondere alla legittima domanda: “Perché non possiamo usare solamente rinnovabili in futuro?” Con questo articolo provo a dare la mia opinione a riguardo. 

Una piccola premessa: lo scopo di questo articolo è quello di richiamare l’attenzione su alcuni punti ciechi (ed uno in particolare) del dibattito sulle rinnovabili. Questo non vuol dire, però, che l’autore si opponga alle rinnovabili, anzi. In futuro ce ne serviranno molte di più, e ne avremo molte di più. Ma proprio la crescita attesa per i prossimi anni impone, oggi, di riflettere sui possibili rischi associati alle rinnovabili, così da poterli minimizzare.

E adesso, iniziamo!


Di cosa si parla?

Intanto per "rinnovabili" qui mi riferirò a idrico, solare, e eolico. Escludo geotermico, moto ondoso etc. perché le tecnologie adiacenti o le risorse necessarie sono ad una scala troppo piccola per giocare un ruolo rilevante, a livello globale, da qui al 2030/2050.

E parlerò con una prospettiva globale, in quanto a livello regionale le cose possono cambiare significativamente (enorme capacità idrica in Brasile o di vento in Danimarca), ma il problema della transizione è globale e come tale va analizzato.
 

Idrico

L’idrico è una delle fonti più antiche di produzione elettrica, e dovrebbe essere usata ove possibile. Detto ciò questa fonte ha, ovviamente, un limite: una volta usati tutti i bacini idrici adatti non puoi fare molto di più.

Oggi l’idrico fornisce, a livello mondiale, poco meno del 20% dell’elettricità, ovvero più del solare e eolico insieme. In futuro si spera cresca, ma non potrà soddisfare tutti i nostri bisogni - anche senza considerare l’aumento significativo di domanda elettrica mondiale che avremo nei prossimi decenni. 

Un numero da avere in testa su questo punto: ad oggi ci sono circa 700 milioni di persone senza accesso all’elettricità, più dell’intera popolazione europea. 

 

Solare e eolico: Enorme potenziale insieme a qualche non trascurabile difetto  

Solare e eolico sono tecnologie il cui prezzo è sceso notevolmente nell'ultimo decennio, non ultimo grazie ai piani industriali Cinesi, e che saranno chiave per la decarbonizzazione (solare in testa). 

Solare e eolico, però, soffrono di due problemi fondamentali. 

Il primo, noto a tutti, è che sono intermittenti. Il secondo, spesso ignorato, è che implicano l’uso di molti minerali per unità di energia. E che sia questi minerali che il loro raffinamento sono geograficamente molto concentrati. 

Spoiler: Il secondo aspetto è paradossalmente il più problematico.

 

Problema n°1: Intermittenza

Il primo problema può essere mitigato in vari modi, tutti, però, non banali. Primo tra tutti i sistemi di stoccaggio elettrochimico, ovvero le famose batterie. 

In particolare oggi si parla tipicamente di batterie a ioni litio (più o meno le stesse del cellulare o del PC che stai usando in questo momento, solo un po' più grandi), mentre in futuro si potrebbero usare anche batterie redox-flow e (all) solid-state. 

Parlando di batterie si devono avere (almeno) due parametri in mente: il costo e la capacità produttiva sia delle batterie che dei minerali necessari alla loro produzione.

Per quanto riguarda il costo, il prezzo delle batterie a ioni litio è diminuito già di un 80-90% circa rispetto ai livelli del 2010 grazie all'economia di scala, raggiungendo circa 130 $/kWh. 

Usare le batterie per sopperire alla variabilità di solare e eolico vuol dire, però, aggiungere il loro costo nella bolletta (niente è gratis). Cosa vuol dire questo? Facciamo qualche scenario molto banale e semplicistico per avere qualche ordine di grandezza in testa.

Assunzioni: costo dell‘energia elettrica di 20 centesimi $/kWh (già relativamente alto), un costo delle batterie ioni-litio a 100 $/kWh (un target agognato da molti), e una cycle-life di 4000 cicli (circa 10 anni con carica/scarica giornaliera).

 

I tre scenari: 

  1. Usare le batterie giornalmente (più produzione durante certe ore e minore in altre);
  2. Usarle settimanalmente (giornate con più sole/vento di altre);
  3. Usarle stagionalmente (maggiore produzione durante l’estate e minore durante l’inverno).

Il costo in bolletta sarà calcolato semplicemente come costo della batteria per kwh diviso per il numero di utilizzi. In altre parole, sto azzerando il ritorno sull’investimento di chi compra le batterie inizialmente ed i costi di gestione, che ovviamente aumenterebbero ulteriormente i costi. 

Scenario 1: Il costo della batteria sarebbe 100$/kwH diviso 10*365 (10 anni*numero giorni). Ovvero circa 3 centesimi $/kWh. Questi si sommerebbero ai 20 centesimi del costo di produzione, con un aumento nell’ordine del 10%. Non banale, ma gestibile.

Scenario 2: In prima approssimazione si potrebbe assumere un costo simile allo scenario 1, ma le batterie dovrebbe essere tenuta in vita 70 anni (usate 7 volte meno spesso). Ovviamente, questo farebbe aumentare gli interessi e i costi di gestione, aumentando il vero costo in bolletta. Inoltre le batterie si degradano anche senza usarle, quindi è difficile immaginare che possano essere mantenute operative per 70 anni con carica/scarica settimanale. 

Scenario 3: Qui le cose si fanno veramente difficili. Anche considerato un periodo di vita delle batterie di 100 anni e qualcuno disposto a fare un investimento di così lunga durata (entrambi molto improbabili), questo vorrebbe dire solamente 100 cariche/scariche.

Ovvero 1$ da aggiungere agli 0.2$ per kW o, in altre parole, un aumento del 500%. Insostenibile per le economie moderne, per non parlare delle economie più deboli. 

Da aggiungere un “dettaglio” importante: lo stoccaggio di energia (come tutto) non ha un’efficienza del 100%, ovvero si perde una parte dell’energia nel tempo (self-discharge). Fenomeno che da solo potrebbe mettere fuori gioco le batterie per lo stoccaggio stagionale.

Si potrebbe aggiungere che in realtà i numeri sopra sono calcolati per eccesso, perché non useremmo le batterie per il 100% dell’energia prodotta dalle rinnovabili, ma solo per una frazione di essa. E sarebbe un’osservazione corretta.

Detto ciò, considerato le assunzioni benevole (mancanza di interessi, costi di gestione e self-discharge, alto costo dell’elettricità e basso delle batterie), direi che l’aumento di costi (in particolare per lo stoccaggio stagionale) rimane fuori portata. 

 

Quindi buttiamo a mare tutte le batterie?

No. Quanto detto sopra non vuol dire che le batterie non abbiano un ruolo da giocare. Lo avranno, sia per la mobilità (macchine elettriche) che per lo stoccaggio – mondi che si potrebbero parlare/supportare con concetti del tipo vehicle-to-grid o vehicle-to-home. 

Ma vuol dire che le batterie non possono essere vendute come LA soluzione per l’intermittenza delle rinnovabili. Sono, alla meglio, una soluzione parziale. 

Nonostante la densità energetica delle batterie sia aumentata notevolmente negli ultimi decenni (e il loro prezzo crollato), a riprova degli investimenti e sforzi profusi nel settore, le batterie sono sistemi molto complessi, e non si possono pretendere miracoli.

Per inciso, altre tecnologie più adatte per lo stoccaggio stagionale, come pumped hydro or gas – ovvero stoccare acqua o gas compresso in depositi al fine di stoccare energia -, idrogeno, e elettro-combustibili, esistono. 

A mio avviso, pumped hydro e gas sono promettenti, per quanto richiedono l’identificazione di siti idonei, e sarei ben contento che queste tecnologie venissero discusse di più. 

L‘idrogeno, e in particolare l’idrogeno (verde) prodotto da elettricità ottenuta con basse emissioni, è sicuramente promettente. Nonostante ciò, la sua produzione, stoccaggio, trasporto su tubi (densità energetica per volume circa un terzo del metano), e uso hanno molte sfide davanti, sia scientifiche che tecnico-industriali, che ne rallentano l’applicazione su larga scala.

Sono convinto che l’idrogeno giocherà un suo ruolo, e sarà probabilmente chiave per decarbonizzare processi industriali che hanno bisogno di temperature estremamente elevate e difficilmente elettrificabili (tipo acciaio), e per sostituire l’idrogeno grigio (prodotto da fossili) per i processi industriali che ne fanno uso: primo fra tutti la produzione di ammoniaca, alla base di tutti i fertilizzanti di sintesi. 

Viste le difficoltà tecniche menzionate prima, io punterei a usare tutto l’idrogeno verde che possiamo produrre per decarbonizzare questi settori industriali.

E temo che questo non lasci larghi margini di manovra per l’uso massiccio di idrogeno per stoccaggio e produzione di elettricità (ma sarei contento di sbagliarmi). A meno che non lo si produca sia con fotovoltaico che con nucleare (eh sì, un bel vantaggio del nucleare).

Il discorso di cui sopra si può generalizzare al concetto di power-to-X (dove X=idrogeno, metano, etc.), classe di cui fanno parte gli elettro-combustibili. Questi ultimi, infatti, per quanto promettenti, sono proibitivamente costosi, ed abbassarne i costi sarà tutt’altro che semplice. Di conseguenza, renderli competitivi e portarli alla produzione di massa richiederà molto tempo e, come nel caso dell’idrogeno, darei la priorità ad utilizzi altrimenti non o difficilmente decarbonizzabili (come gli aerei). 
 

Problema n°2: Minerali

E adesso arriviamo al secondo problema (tardi, ma ci arriviamo): i minerali necessari per la transizione energetica.

Solare (e in particolare fotovoltaico), eolico, e batterie richiedono molti più minerali (per unità di energia) delle fonti fossili (o del nucleare). 

La lista è lunga, si va dall’argento per i pannelli solari e le terre rare per i motori elettrici (pale eoliche e veicoli elettrici), al litio, cobalto, nickel, manganese e grafite per batterie – insieme a tantissimo rame/alluminio per i cavi elettrici. Molti di questi materiali sono prodotti in poche regioni del mondo, spesso non particolarmente stabili economicamente e politicamente, e con alti livelli di corruzione e stress idrico (l’estrazione di minerali necessita di molta acqua pulita). 

Vediamo rapidamente qualche numero chiave.

  • La sola Repubblica Democratica del Congo estrae il 70% del cobalto.
  • La Cina estrae circa il 60% delle terre rare e della grafite.
  • I primi tre produttori di Litio (Australia, Cile, e Cina) e Nickel (Indonesia, Filippine, e Russia) ne producono rispettivamente circa l’87% e il 56%.

La situazione diventa ancora più complicata quando si guarda al raffinamento. In questo settore la Cina domina per tutti i minerali citati, con shares che vanno dal 60% al 90% della produzione globale.

La produzione di batterie o pannelli solari non è diversa. Esemplare è il caso dei pannelli fotovoltaici, per i quali tutti gli step di produzione sono dominati (dal 75% al 95%) dalla Cina. 

Con queste percentuali, e ad oggi sapendo quanto sia difficile sostituire “solo” il 40% dei propri approvvigionamenti energetici (vedi Russia e Italia/Germania), non è difficile predire tensioni geopolitiche notevoli all’orizzonte.

Inciso: è vero che i minerali sono necessari per le infrastrutture, e non per far funzionare una centrale. Ma avremo bisogno di questi minerali, e moltissimi, per decenni, visti i piani di decarbonizzazione. In più, anche a regime il riciclo non potrà contare per più del 5-20% del mercato, lasciando ampio margine per una domanda sostenuta di minerali anche in futuro.

Minimizzare una dipendenza tale da un singolo paese (in questo caso la Cina) sarebbe, perlomeno, estremamente miope.

A maggior ragione considerate le proiezioni di crescita della domanda di questi minerali. Per dare un’idea, la domanda di litio è attesa crescere di decine (10-40) di volte da qui al 2040. Grafite, cobalto e nickel tra 5 e 20 volte. Terre rare: 5-6 volte. Rame: circa 3.

Sono numeri che fanno paura e, se non vi spaventano, dovrebbero. 

A maggior ragione considerato che lo sviluppo di nuove miniere prende anni (se non decenni), e visto dove questi minerali vengono estratti e processati. L’uso massiccio di queste risorse porterà ad una corsa globale per accaparrarsele, con tutto ciò che ne consegue.
E vorrei sottolineare che questi sono numeri tali da poter non solo rallentare notevolmente la transizione, rendendo ancora più difficile, se non impossibile, completarla nei tempi che ci stiamo dando. Ma possono anche stravolgere la politica internazionale.

Chi controlla una parte significativa del settore energetico ha un notevole leverage sul resto del mondo. Questa è una cosa che, soprattutto di questi tempi, dovremmo tutti avere ben chiaro in mente. Se a questo aggiungete che nuove miniere possono causare disastri sociali, ecologici e distruzione di ecosistemi, e che sicuramente la fretta con cui dovremo costruirle non aiuterà, a mio modestissimo avviso è critico che si collabori strettamente a livello internazionale e con le maggiori compagnie minerarie per incrementare gli investimenti (oggi troppo bassi per rispondere alla domanda attesa) e per un controllo rigoroso delle condizioni sociali e ambientali delle nuove e vecchie miniere.

Perché servono anche gli stati? Perché deve essere molto chiaro, come comunità internazionale, quali sono i nostri obbiettivi e le nostre tempistiche, perché da questi dipenderà l’aumento della domanda. E senza predicibilità su questi punti gli investimenti arrancheranno, rischiando di arrivare troppo tardi per paura di cambi di regolamentazione nel tempo o crescita della domanda minore delle attese (parliamo di investimenti decennali, come dicevo prima).
 

E quindi che si fa? 

Per tutti i motivi discussi sopra (e sicuramente altri che qui ho trascurato per amor di sintesi), per me è difficile immaginare un mondo in cui l’elettricità sia prodotta solamente da solare, eolico, e idrico. Abbiamo altre fonti sicure, applicabili su larga scala, che non emettono e con bassa domanda di minerali per unità di energia prodotta? 

Si, il nucleare. Il nucleare è estremamente sicuro ed emette molto poco (entrambi ai livelli di solare e eolico). Oltre a ciò, il suo approvigionamento di minerali è ordini di grandezza meno rischioso e complesso di quello di pannelli fotovoltaici, eolico, e batterie. 

Ma, anche se non vi fidate, anche se avete paura di scorie e dei rischi di una proliferazione nucleare (per quanto mi riguarda entrambi assolutamente gestibili tramite gli enti nazionali e internazionali preposti, ma posso capire i timori, soprattutto per il secondo punto), lo sviluppo delle sole rinnovabili è tutto fuorché esente da rischi. Secondo me, uno sviluppo di sole rinnovabili sarebbe, difatti, molto più rischioso rispetto ad avere, insieme ad uno sviluppo massiccio delle rinnovabili, uno sviluppo altrettanto massiccio del nucleare

Ad ognuno l’onore (e l’onere) di farsi un’idea su questo tema, sperando che questo articolo sia stato utile a qualcuno. Tema che, a mio avviso, contribuirà a plasmare il nostro futuro come pochi o nessun altro.

 

Per approfondire

Libri:
Praticamente tutti i libri di Vaclav Smil e Daniel Yergin sul tema energia. Se dovete sceglierne uno, consiglio “The New Map” di Daniel Yergin.

“How to avoid a climate disaster” di Bill Gates, che dà un’idea pragmatica ed efficace di queste ed altre problematiche legate alla transizione energetica. Da qui ho preso l’idea dei tre scenari per il costo della bolletta.


Minerali
Report:
IEA (2021), The Role of Critical Minerals in Clean Energy Transitions, IEA, Paris

Serie di articoli (alla fine del primo troverete il link per il secondo e così via):
In the transition to clean energy, critical minerals bring new challenges to energy security

Ted talk:
The blind spots of the green energy transition
 

Batterie
Lavorando nel settore a livello accademico ho difficoltà a dare dei riferimenti per non specialisti, ma il report seguente dà una buona idea (sfortunatamente in francese, ma oggi con Deepl si traduce tutto in un attimo):
L’ALLIANCE EUROPÉENNE DES BATTERIES : ENJEUX ET PERSPECTIVES EUROPÉENNES

Idrogeno:
IEA (2022), Global Hydrogen Review 2022, IEA, Paris


Nucleare:
IEA (2022), Nuclear Power and Secure Energy Transitions, IEA, Paris
Consiglio anche la pagina dell’Avvocato dell’atomo e il suo libro (“In difesa dell’energia nucleare”).
 

Datasets:
Data Browser della IEA (Divertitevi a guardare e giocare con tutti i dati disponibili)

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