«NON CIELO DICONO» DA UN SECOLO.

STORIA DELL’OBBLIGO VACCINALE NEGLI STATI UNITI.

Maggio, 1901. Nella città di Boston, Massachusetts, improvvisamente un gran numero di persone comincia a contrarre una febbre particolarmente violenta accompagnata da acutissimi mal di testa.  Molte di queste muoiono, non prima di aver trasmesso la malattia a coloro che gli sono stati vicini. L’incubo che sempre aveva assillato il New England stava diventando realtà: una nuova epidemia di vaiolo era in corso. Sarebbe terminata soltanto nel marzo 1903, dopo aver provocato più di 270 morti e 1596 casi, in una città che contava ai tempi circa 560’900 abitanti[1].

Le autorità sanitarie di Boston cominciano a prendere in mano la situazione solo a ridosso dell’autunno del 1901. Tra le misure messe in campo dal Boston Board of Health guidato da Samuel Holmes Durgin, professore di medicina all’università di Harvard spicca l’attuazione di un programma generale di vaccinazione volontaria, che ha inizio in inverno e che già nel dicembre 1901 raggiunge l’obiettivo delle 400'000 vaccinazioni[2]. Ma non passa molto tempo prima di scoprire che ciò non basta: il virus continua a circolare, i focolai aumentano e sempre più persone muoiono. L’opinione pubblica si convince che i senza-tetto siano responsabili delle nuove ondate.

È in questo contesto che il Board of Health della città di Cambridge, che si trova a pochi chilometri da Boston, decide di fare ricorso ad uno strumento che la legge del Massachusetts gli forniva: imporre la vaccinazione obbligatoria a tutti i suoi cittadini, applicando una sanzione di cinque dollari a chiunque, avendo più di ventuno anni, non ottemperi avesse ottemperato all’obbligo[3].  Il 27 febbraio 1902 il Board of Health emana un regolamento che permette ai medici di procedere alla vaccinazione forzata “casa per casa” dei soggetti che non si vaccinassero fossero vaccinati spontaneamente. In un susseguirsi di mobilitazioni di gruppi organizzati tra i quali l’Anti–Compulsory Vaccination League, il medico Immanuel Pfeiffer, strenuo oppositore dell’obbligo vaccinale, annuncia di voler visitare un ospedale con cento ammalati di vaiolo per provare che il vaccino non è necessario; pochi giorni dopo la visita trionfale, autorizzata da Durgin, Pfeiffer si ammala gravemente e solo per caso riesce a sfuggire alla morte, data per certa da tutti i colleghi che lo avevano visitato[4].

Il 27 luglio dello stesso anno Henning Jacobson, un parroco di Cambridge di origini svedesi venne raggiunto dall’ordine di presentarsi davanti alla corte penale di primo grado del Massachusetts per essersi rifiutato di pagare la sanzione dei 5 dollari per non aver adempiuto all’obbligo di vaccinarsi. Da subito il caso si mostrava pregno di conseguenze politiche: se la Corte avesse dichiarato incostituzionale la legge del Massachusetts, la stessa sorte sarebbe spettata anche agli altri undici Stati che, ai tempi, come il Massachusetts, avevano previsto degli obblighi vaccinale. Al cospetto della Corte, presente in sala una schiera di attivisti anti-vaccinisti, Jacobson si dichiarava non colpevole. Quali che fossero le motivazioni che lo avevano portato ad un tale gesto (egli stesso affermava nei propri atti difensivi di aver sofferto reazioni avverse ad un vaccino che gli era stato somministrato da bambino[5]), Jacobson veniva condannato in primo e in secondo grado. Il caso arrivava così alla Corte Suprema degli Stati Uniti, che il 6 dicembre 1904 decide di ascoltarlo.

Come sempre accompagnata da una delegazione dell’Anti-Compulsory Vaccination League, la difesa di Jacobson fece leva sui seguenti argomenti: la legge del Massachusetts, in base alla quale Jacobson era stato condannato, sarebbe stata illegittima poiché in contrasto da un lato con il Preambolo e con lo «spirito» della Costituzione degli Stati Uniti d’America e dall’altro con il Quattordicesimo Emendamento, che––in breve––garantisce l’eguale trattamento dei cittadini statunitensi davanti alla legge e più in generale la protezione contro gli atti arbitrari dello Stato. Quanto a quest’ultimo argomento, la difesa di Jacobson affermava che da un lato fosse stato violato il suo diritto ad un «giusto processo», poiché le corti inferiori avevano rifiutato la sua richiesta di provare, attraverso testimoni, la veridicità di numerose affermazioni (pseudo-)scientifiche sulla pericolosità e l’inefficacia dei vaccini.  Dall’altro, in via più generale, sosteneva che la vaccinazione obbligatoria di per sé rappresentasse una violazione del Quattordicesimo emendamento poiché lesiva del diritto (diremmo con una terminologia moderna, parafrasando Jacobson) all’autodeterminazione dell’individuo. 

Il 20 febbraio 1905 la Corte Suprema degli Stati Uniti rese una decisione a maggioranza di 7 contro 2, redatta dal giudice John Marshall Harlan di orientamento repubblicano.

La Corte, senza troppi giri di parole, rigettava gli argomenti basati sul Preambolo e sullo spirito della Costituzione americana che, in base ad una giurisprudenza costante già allora, non costituivano propriamente fonti del diritto. La stessa sorte spettava all’allegazione della violazione del «giusto processo»: le corti inferiori, infatti, non avrebbero potuto sindacare la valutazione discrezionale del Board of Health di Cambridge se non manifestamente in contrasto con la Costituzione americana. Ipotesi che qui non ricorreva poiché, come riconosce la Corte Suprema, «da quasi un secolo la maggior parte dei medici considera la vaccinazione, ripetuta a intervalli, come uno strumento di prevenzione dal virus del vaiolo» e ritiene che i rischi derivanti dagli eventi avversi dovuti ai vaccini siano «troppo esigui per essere seriamente soppesati ai benefici» derivanti dalla vaccinazione stessa. È però con riferimento all’ultimo argomento, quello della violazione della libertà personale, che la Corte pronunciava le parole più interessanti: rigettando l’argomento della difesa, il giudice Harlan scriveva che: «la libertà garantita dalla Costituzione degli Stati Uniti d’America a ciascun individuo nella sua giurisdizione non implica l’esistenza di un diritto assoluto di ogni persona di essere, in ogni tempo e in ogni circostanza, completamente libero da ogni restrizione. Molteplici sono i vincoli a cui ciascuno è soggetto per il bene comune. Su nessun’altra base potrebbe esistere una società che sia sicura per i propri membri: una società basata sulla regola che ciascuno è legge a sé stesso si troverebbe presto di fronte al disordine e all’anarchia. La vera libertà per tutti non potrebbe esistere sotto l’azione di un principio che riconoscesse il diritto di esercitare la propria, con riguardo alla sua persona o ai suoi beni, indipendentemente dal danno che potrebbe essere arrecato agli altri». Se, infatti, è pur vero che esiste «una sfera all’interno della quale ciascun individuo può asserire la supremazia della propria volontà e, a ragione, contestare l’autorità di qualsiasi governo (…) di interferire con l’esercizio di quel diritto; è ugualmente vero che in ogni società ordinata, che ha il compito di preservare la sicurezza dei propri membri, i diritti di libertà dell’individuo sotto la pressione di grandi disastri possano, talora, essere soggetti a quelle restrizioni, imposte da norme ragionevoli, che la tutela della collettività richiede». Queste norme, che il Decimo Emendamento riserva alla competenza dei singoli Stati, devono appunto essere proporzionali né possono «spingersi al di là di ciò che è ragionevolmente richiesto per la tutela della collettività». Nel caso di specie, «essendo che il vaiolo è diffuso e in aumento nella città di Cambridge, questa Corte usurperebbe le funzioni di un’altra branca del governo se dovesse decidere, in punto di diritto, che il metodo adottato [dal Board of Health] con l’autorizzazione dello Stato del Massachusetts per proteggere la popolazione in generale, sia arbitrario e non giustificato dalle necessità del caso».

Con questa pronuncia. per la prima volta la Corte Suprema aveva posto un principio che––come in ogni ordinamento di common law––tutte le corti inferiori sarebbero state destinate ad osservare: l’obbligo vaccinale, quando ragionevole, proporzionato e necessario a proteggere la comunità dei cittadini, non può dirsi incostituzionale. Sulla scia del medesimo ragionamento, la Corte Suprema nel 1922 ha rigettato i rilievi di incostituzionalità sollevati dalla studentessa della città di Sant’Antonio Rosalyn Zucht, non vaccinata, relativamente ad una legge del Texas che escludeva dall’accesso alle scuole pubbliche coloro che non avessero presentato un certificato di avvenuta vaccinazione contro il vaiolo. Il giudice Brandeis scriveva che «prima ancora che questa causa fosse istituita, [la Corte in] Jacobson v. Massachusetts ha stabilito che imporre l’obbligo vaccinale rientra tra i poteri di policing consentiti ad uno Stato», fintanto che questo potere non venga esercitato in modo arbitrario.

            Questa, dunque, è la situazione in diritto––fino ad ora indiscussa––degli Stati Uniti d’America. L’onestà intellettuale impone, tuttavia, di ricordare che il caso Jacobson v. Massachusetts risale ad un’epoca in cui il controllo dello Stato sui cittadini era considerato, tanto dall’opinione pubblica quanto dalla dottrina legale prevalente, più accettabile di quanto lo sia oggi. Concetti come l’autodeterminazione del singolo, il diritto alla riservatezza, il diritto ad ottenere un consenso informato, il diritto all’aborto non erano che idee in fase di sviluppo embrionale. E, del resto, non si può tacere che il precedente di Jacobson sia stato citato in epoche successive dalla Corte Suprema per giustificare le più turpi decisioni a livello statale. In questo senso è emblematico è il caso Buck v. Bell (1927) in cui la Corte ha trovato un motivo di giustificazione di una legge dello Stato della Virginia che permetteva la sterilizzazione obbligatoria dei soggetti considerati inidonei a generare figli, perché disabili mentalmente: il giudice Holmes, riportando l’opinione della maggioranza della Corte, scriveva che: «è un bene per tutto il mondo che la società possa impedire di generare prole a coloro che ne sono manifestamente inidonei, anziché aspettare poi di giustiziare i loro figli degenerati per i crimini commessi o lasciarli morire di fame per la loro imbecillità. Il principio che permette la vaccinazione obbligatoria è abbastanza esteso da poter comprendere anche l’asportazione delle tubi di Falloppio. Jacobson v. Massachusetts». È tuttavia altamente improbabile che la Corte Suprema di oggi possa rovesciare il principio stabilito da Jacobsonv. Massachusetts solo sulla base della lunga età o degli usi distorti che ne sono derivati: l’anno scorso è stato proprio riferendosi a questo precedente che la Corte federale d’appello del 5º Circuito nel caso In Re: Abbot ha affermato la legittimità della decisione del governatore del Texas di includere le cliniche abortive tra le attività non essenziali da chiudere a causa della pandemia di SARS-CoV-2: «[Il precedente] Jacobson stabilisce che tutti i diritti costituzionali possono essere ragionevolmente limitati per combattere un'emergenza di salute pubblica», incluso dunque il diritto all’aborto che––come è noto––la Corte Suprema ha affermato per la prima volta in Roe v. Wade (1973). Un esito identico in relazione alla legge che imponeva uno stop alle cliniche abortive dell’Arkansas per il Covid è stato raggiunto nel caso In re: Rutledge (2020) deciso dalla Corte federale d’appello dell’8º Circuito, sempre attraverso l’applicazione del precedente di Jacobson. E non cambia le carte in tavola la decisione della Corte federale d’appello dell’11º Circuito che in Robinson v. Attorney Gen. (2020), la quale pur riconoscendo la validità del precedente di Jacobson ha tuttavia dichiarato illegittimo il divieto di aborto imposto dall’Alabama come misura anti-covid, affermato che: «[c]ome i diritti costituzionali incontrano dei limiti, così li incontra ha anche il potere di uno Stato di emanare [leggi] limitative di tali diritti in tempi d’emergenza. In Jacobson la Corte Suprema ha rigettato l’argomento dell’imputato, secondo cui le vaccinazioni obbligatorie avrebbero violato il Quattordicesimo Emendamento, decidendo invece che “una comunità ha il diritto di proteggere sé stessa contro l’epidemia di una malattia che mette a repentaglio l’incolumità dei suoi membri” (…). Ma quella decisione non fornisce certo carta bianca agli Stati nell’esercizio del potere governativo».

E arriviamo ad oggi. Il 9 settembre Biden ha emanato due executive orders, annunciandone un terzo, che imporranno obblighi vaccinali a categorie specifiche di lavoratori. Gli executiveorders non hanno equivalenti nel diritto italiano: in quanto atti emanati dal Presidente degli Stati Uniti––talora (ma non sempre) su delegazione del Congresso––che non possono contrastare con le leggi  e somigliano alla lontana ai nostri d.p.c.m. 

Col primo executive order Biden ha imposto l’obbligo di vaccinazione contro il COVID-19 a tutti i dipendenti federali, «fatte salve le eccezioni previste dalla legge» in tema di disabilità e di religione. Non si tratta certo di un numero esiguo di persone, considerando la moltitudine di agenzie amministrative comprese dal governo federale statunitense. In realtà, il testo dell’executive order è piuttosto chiaro nel delegare a «[c]iascuna agenzia (…), conformemente alle disposizioni di legge, l’elaborazione di un programma per richiedere la vaccinazione COVID-19 per tutti i suoi dipendenti federali»; l’emanazione di specifiche linee guida sono state pubblicate dalla Safer Federal Workforce Task Force. Sul punto ci sono davvero poche obiezioni giuridiche sollevabili: al Presidente degli Stati Uniti è riconosciuta amplissima discrezionalità nella gestione dei dipendenti governativi federali.

Il secondo executive order potrebbe imporre indirettamente un obbligo di vaccinazione contro il COVID-19 ai federal contractors (ossia, persone fisiche o imprese, che pur non essendo dipendenti federali, ricevono incarichi dal governo federale) e ai subcontractors. In particolare, questo è realizzato attraverso una disposizione che impone alle agenzie e ai dipartimenti federali di «assicurare che i contratti [con i federal contractors e subcontractors siglati dopo il 15 ottobre] includano una clausola che il contraente e gli eventuali subcontraenti (a qualsiasi livello) sono tenuti incorporare nei subcontratti di livello inferiore. Tale clausola specifica che il contractor o subcontractor deve, per la durata del contratto, rispettare tutte le linee guida per la sicurezza sui luoghi di lavoro» pubblicate dalla Safer Federal Workforce Task Force. Queste linee guida dovranno essere pubblicate nei prossimi giorni: ci si aspetta, per coerenza, che tra i requisiti richiesti ci sia anche quello di provare di essere stati vaccinati. Anche in questo caso ci pare di concludere che, se così dovesse avvenire––e ormai pare di doverlo dare per scontato––difficilmente potrebbero porsi questioni giuridiche rilevanti: il Procurement Act (1984) attribuisce ampia discrezionalità al Presidente di regolare i rapporti contrattuali con contractors e subcontractors governativi.

Più complessa appare invece la questione relativa al (per ora solo annunciato) nuovo regolamento dell’Occupational Safety and Health Administration (OSHA), un’agenzia del Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti. Secondo quanto annunciato il 9 settembre dal Presidente Biden, quest’ultima starebbe lavorando su un Emergency Temporary Standard (ETS), che obbligherebbe i datori di lavoro con più di 100 dipendenti[6] a richiedere agli stessi la prova dell’avvenuta vaccinazione o, in alternativa, un test negativo settimanale. A ben vedere, si tratterebbe di un provvedimento non dissimile a quello adottato dal governo italiano. È ancora troppo presto per esprimersi sulla legalità di una tale disposizione, specie se consideriamo che al momento questa regola è ancora in fase di sviluppo ed è attesa per le prossime settimane. Del resto, gli ETS emanati dall’OSHA non hanno mai avuto particolare fortuna negli Stati Uniti. In base all’Occupational and Safety Act essi possono essere emanati dall’OSHA, secondo un procedimento amministrativo semplificato ai minimi termini, solo se ricorrono contestualmente due circostanze: (1) i lavoratori sono «esposti ad un grave pericolo dall’esposizione a sostanze o ad agenti determinati come tossici o fisicamente dannosi o a nuovi pericoli» e (2) «tale ETS è necessario per proteggere i lavoratori da tale pericolo». Devono inoltre avere una durata non superiore a 60 giorni.  Ebbene, l’OSHA in tutta la sua storia ha emanato solo 9 ETS: le Corti statunitensi hanno dichiarato l’illegittimità di 5 di essi. Questo accadrà anche con l’ETS annunciato da Biden? Staremo a vedere.

Nel frattempo, potremmo trovare una consolazione o un hobby per tutti coloro che nei mesi a venire urleranno al gombloddo geopolitico internazionale di Biden, l’Unione europea, Draghi e Soros all’urlo isterico di «non cielo dicono». Effettivamente «non cielo dicono» da più di un secolo. 

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[1]The Last Smallpox Epidemic in Boston and the Vaccination Controversy, 1901–1903

[2] Id.

[3] In realtà, la legge prevedeva anche un’esenzione per i bambini per i quali una certificazione medica attestasse l’inidoneità alla vaccinazione. Una simile eccezione non era invece prevista per gli adulti. V. Jacobson v. Massachussets

[4] V. nota 1.

[5]The Surprisingly Strong Supreme Court Precedent Supporting Vaccine Mandates

[6] Il numero probabilmente ha a che fare con la presunzione che si tratti di dipendenti che gestiscono rapporti interstatali, unico ambito tangibile dalle regolazioni federali

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