Il quesito di Rousseau svela una volta per tutte l’inganno della democrazia diretta

“Sei d’accordo che il MoVimento sostenga un governo tecnico-politico: che preveda un super-Ministero della Transizione Ecologica e che difenda i principali risultati raggiunti dal MoVimento, con le altre forze politiche indicate dal presidente incaricato Mario Draghi?”.

L’assurdo quesito a cui gli attivisti del M5S si sono trovati di fronte sulla piattaforma Rousseau svela - definitivamente - l’inganno populista della democrazia diretta in salsa stellata.

Un quesito manipolativo e suggestivo, che tradisce sfacciatamente la promessa di una genuina partecipazione attiva.

La domanda suggestiva è quella che, assieme al quesito, accorpa un giudizio o dà per assodato un certo fatto o che, per come posta, tende a indirizzare la risposta in un unico senso.

La suggestione del quesito sulla partecipazione al governo Draghi deriva anzitutto dalla qualifica del governo come “tecnico-politico”. Circostanza che non può avere conferma fino a che non verrà presentata la lista dei ministri. Ma inserire nel quesito l’aggettivo “politico”, stemperando l’ipotesi - tanto bistrattata in passato - di un nuovo governo tecnico, è apparso evidentemente fondamentale per la dirigenza dei 5 Stelle.      

Anche il riferimento alla presenza di un ministero per la transizione ecologica, definito suggestivamente “super”, senza che sia dato capire cosa ciò possa voler significare, risulta fuorviante.

Ma è l’ultima parte del quesito, nella quale si dà per assodato che il nuovo governo Draghi “difenderebbe” i risultati raggiunti (quali?) dal Movimento, la più traviante e irrispettosa dell'intelligenza di chi è chiamato a votare.

Chi dice che Mario Draghi difenderà i risultati raggiunti dal Movimento? E quali sarebbero questi risultati, se per stessa ammissione del Movimento il reddito di cittadinanza - per dirne una - è stato concepito male?

Nella bella introduzione all'opera di Jan-Werner Müller "Cos'è il populismo?" (ed. Egea, Università Bocconi), Nadia Urbinati spiega che "Il destino del leader populista è il plebiscito, l'uso del voto come acclamazione di sé".

Per dirla con Der Waldgang di Ernst Junger, l’interrogazione del popolo (in questo caso di quello composto dai seguaci attivisti) è pura messa in scena. Chi dirige l’interrogazione non cerca risposte, ma conferme. Gli iscritti non vengono interpellati per cercare il loro contributo alla ricerca della verità o alla soluzione di problemi concreti, ma per la finzione della libera volontà popolare. Per ratificare decisioni già prese da altri.

Nella rappresentazione del demagogo che dirige l’interrogazione, il fine non è mai la soluzione. Il fine è la risposta. Che deve essere totale, plebiscitaria. Il quesito solo un questionario, a cui dire Sì, perché chi dicesse No sarebbe fuori, reietto incapace di comprendere la grandezza trascendentale della missione.

Esempi storici di interrogazioni di tal genere sono stati i plebisciti sulla costituzione giacobina del 1793, quello sulla costituzione direttoriale del 1795, sulla trasformazione della carica di “primo console” a “console a vita” di Napoleone nel 1802 e quello su Napoleone imperatore dei francesi nel 1804.

Mai, però, i quesiti furono così suggestivi e manipolativi come la tesi sul governo Draghi posta ai voti degli iscritti della piattaforma Rousseau.

L’inganno della democrazia diretta in salsa Cinque Stelle consiste proprio nel promettere una partecipazione attiva che in realtà si rivela totalmente passiva e asservita alla linea della dirigenza.

L’inganno che la linea si formi attraverso una partecipazione dal basso, mentre accade esattamente l’opposto.

Il M5S, insomma, è semplicemente un partito peggio degli altri, dove gli organi dirigenti (che nei 5 Stelle risultano autonominati, vaghi e nascosti) impongono la linea senza alcuna discussione pubblica organizzata e senza alcuna opportunita’ di modificare la linea proposta dall’autoproclamato vertice.  

A differenza degli altri partiti la dirigenza del Movimento 5 Stelle non ha nemmeno la decenza di assumere apertamente la responsabilità della scelta. Il plebiscito è funzionale a rimettere ogni responsabilità al popolo e a neutralizzare ogni ipotesi di accountability.

“L’ipotesi che la futura computer-crazia, com’è stata chiamata, consenta l’esercizio della democrazia diretta, cioè dia a ogni cittadino la possibilità di trasmettere il proprio voto a un cervello elettronico, è puerile”, diceva Bobbio (N. Bobbio, Il futuro della democrazia, Einaudi, 1984, p. 13).

Oggi dobbiamo aggiungere che non è solo puerile, ma anche indegna.

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