Il fenomeno si è acuito negli ultimi tre anni, in cui le Commissioni sono state composte da sei membri interni e un Presidente esterno, ma era evidente già da tempo[5], anche se con differenze meno marcate[6].
Senza andare ad analizzare nel dettaglio cause e spiegazioni di questo fenomeno, in questa sede è sufficiente evidenziare che se in una certa regione uno studente su cinque ottiene la votazione massima (e quasi 2 su cinque un voto superiore a 90), viene sicuramente a mancare l’effetto segnalazione del voto, che dovrebbe permettere a un soggetto esterno di capire chi è effettivamente un’eccellenza e chi no.
Ad avvantaggiarsene sono soprattutto gli studenti bravi, ma non eccellenti, delle aree più generose, che così, grazie alla votazione massima ottenuta, raggiungono posizioni migliori nelle graduatorie di ammissione alle università a numero chiuso, e ottengono un accesso più facile alle borse di studio, oltre che il prestigio, personale e famigliare, associato a quella votazione.
A essere penalizzate sono, invece, le eccellenze vere, che non possono utilizzare il voto di diploma come meccanismo di segnalazione esterna e che si trovano a ottenere condizioni peggiori e borse di studio più basse rispetto a quelle di cui avrebbero usufruito in un contesto diverso. A titolo di esempio, una misura che era stata pensata nel 2007 per premiare le eccellenze, e cioè il bonus di 1.000€ per i circa 3.500 studenti che quell’anno avevano ottenuto la lode, si è trasformata in una farsa. I 15.353 “super maturi” dell’anno scorso sono stati premiati, infatti, con ben solo 90 euro a testa.
In generale, e vengo al terzo punto, è proprio il diploma che, come titolo, ne esce svilito, tanto da trasformarlo in un pezzo di carta il cui valore legale residuo è quello di permettere l’accesso alle università e a qualche concorso pubblico.
Venendo alla pars costruens, è possibile ripensare l’Esame di Stato oppure è semplicemente da abolire?
Credo che per rispondere a questa domanda sia prima necessario interrogarsi su quali siano gli obiettivi che vogliamo raggiungere.
Se pensiamo alla maturità semplicemente come “rito di passaggio” che sancisca la fine del secondo ciclo di istruzione, senza preoccuparci degli aspetti certificativi, ritengo che potremmo risolvere il tutto con la discussione di un project work realizzato nelle materie caratterizzanti l’indirizzo, in maniera non troppo diverso da quanto previsto per l’esame del 2020/21. Potrebbe trattarsi di qualcosa simile a alla discussione della tesi di laurea al termine del percorso universitario, occasione nella quale nessuno si scandalizza se non vi sono bocciati.
Se, invece, pensiamo che l’Esame di Stato debba portare alla certificazione delle competenze effettivamente possedute, in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, e che questa possa fungere da veicolo di segnalazione verso l'esterno, allora l’Esame dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:
- essere una procedura distinta rispetto alla conclusione del percorso della scuola secondaria di II grado. Il mancato superamento dell’Esame, cioè, non dovrebbe portare alla ripetenza della classe quinta;
- essere ripetibile in sessioni periodiche (almeno semestrali) in modo da permettere a chi non ha raggiunto la certificazione desiderata di prepararsi e ritentare;
- essere aperto a tutti gli studenti che stanno frequentando il quinto anno delle scuole secondarie di II grado e a tutti quelli che hanno già terminato il percorso;
- essere gestito da Commissioni in gran parte esterne alla scuola e organizzate sul territorio nazionale, in modo da garantire omogeneità di valutazione[7];
- rilasciare certificazioni valide e riconosciute anche all’estero, sulla falsa riga di quelle linguistiche;
- riguardare alcune materie obbligatorie (italiano, matematica, inglese) più altre opzionali scelte dallo studente;
- essere utilizzato dalle università per la costruzione delle graduatorie di ammissione.
Un esame che avesse queste caratteristiche, che se vogliamo può ricordare gli A-Level del Regno Unito, potrebbe tornare a dare un senso a un Esame che oggi è diventato oramai solo più una ricorrenza per ricordarci che nel dibattito pubblico esiste anche la scuola.