Il 25 luglio 1943 cade Mussolini ma non si attende una caduta del partito fascista. Non se lo attende il re, non se lo attende il gran consiglio e non se lo attendono gli italiani. Invece i mesi seguenti vedranno il rapido disgregamento di quel regime che aveva retto il Paese e che, come abbiamo visto nelle puntate precedenti, con lo Stato si era identificato.
I partiti politici antifascisti, costretti a due decenni di clandestinità, cui non era stato concesso nessuno spiraglio di visibilità, riemergono nel Comitato delle Opposizioni Antifasciste che poi verrà trasformato nel Comitato Nazionale di Liberazione. Vi aderiscono cattolici, liberali, socialisti, repubblicani, monarchici,…
Il 25 luglio 1943 cade Mussolini ma non si attende una caduta del partito fascista. Non se lo attende il re, non se lo attende il gran consiglio e non se lo attendono gli italiani. Invece i mesi seguenti vedranno il rapido disgregamento di quel regime che aveva retto il Paese e che, come abbiamo visto nelle puntate precedenti, con lo Stato si era identificato.
I partiti politici antifascisti, costretti a due decenni di clandestinità, cui non era stato concesso nessuno spiraglio di visibilità, riemergono nel Comitato delle Opposizioni Antifasciste che poi verrà trasformato nel Comitato Nazionale di Liberazione. Vi aderiscono cattolici, liberali, socialisti, repubblicani, monarchici, comunisti, riformisti. E’ un mondo variegato in cui le profonde differenze vengono temporaneamente superate in ragione della comune lotta contro il regime fascista contro l’occupazione tedesca nell’Italia settentrionale e per superare lo sbandamento della popolazione dopo la precipitosa fuga del Re.
Il CNL fu istituito dai comunisti Giorgio Amendola e Mauro Scoccimarro, dagli azionisti Ugo La Malfa e Sergio Fenoaltea, dai socialisti Pietro Nenni e Giuseppe Romita, dal democristiano Alcide De Gasperi, dal liberale Alessandro Casati, da Ivanoe Bonomi e Meuccio Ruini della Democrazia del Lavoro.
Le divisioni, come si può intuire, erano talmente profonde ed evidenti che sarebbe bastato pochissimo, ad esempio, la forma di governo da darsi a liberazione effettuata, a lacerarne l’azione. La scelta di Palmiro Togliatti con la Svolta di Salerno, di rimandare la questione a liberazione raggiunta consentì al Comitato di non spaccarsi.
La Democrazia Cristiana era stata fondata nel 1942. Pur traendo origine dal Partito Popolare di Sturzo, di cui tanto De Gasperi quanto Scelba avevano fatto parte, era da questo profondamente diverso. Se il partito di Sturzo era di ispirazione cattolica ma comunque a-confessionale, la DC, con la sua eterogeneità interna, faceva dell’essere un partito confessionale il suo collante.
L’idea di fondo era quello di farne un partito della nazione. Un partito di cattolici, profondamente antifascista ma non l’unico partito dei cattolici. Al suo interno si formarono subito le correnti, come quella detta dei professorini (Dossetti, Fanfani, La Pira) ma l’abilità di De Gasperi fu quella di incanalare le correnti in un percorso riformista.
Il Partito comunista d’Italia, nato dalla scissione di Livorno del 1921, era un partito di ispirazione bolscevica aderente alla III internazionale. Fedele esecutore delle direttive di Mosca, è strutturato secondo una rigida scala gerarchica in cui non sono ammesse deviazioni rispetto alla linea indicata dal PCUS. In questo senso il Partito Comunista è quasi un partito fideistico che non tollera critiche e dissensi: una religione all’interno del materialismo.
Il Partito Socialista di unità proletaria nacque nel 1943 dall’unione fra il vecchio PSI, il Movimento di Unità Proletaria e l’Unione Proletaria Italiana. Privo di un’organizzazione solida e senza l’appoggio dell’URSS, al suo interno ci sono due anime: quella massimalista di Nenni e quella riformista di Saragat. Entrambe, a differenza dei cugini comunisti, si pongono come obiettivo il superamento della società capitalistica attraverso la via democratica.
Anche il Partito Liberale Italiano era tutt’altro che coeso, diviso fra i richiami all’esperienza unitaria prefascista e la prospettiva riformista e antifascista incarnata da Nicolò Carandini.
Più radicato era il Partito Repubblicano di Randolfo Pacciardi, che durante gli anni dell’esilio era stato fra i principali animatori della Concentrazione di resistenza antifascista. Fedeli alla pregiudiziale antimonarchica, il PRI non partecipò all’accordo del CNL e attese l’esito del referendum.
Derivato in larga parte dal Movimento Giustizia e Libertà di Carlo Rosselli e Vicino alle posizioni repubblicane era il Partito d’Azione
Il Manifesto in sette punti rendeva chiaro l’orientamento degli azionisti:
- regime dello Stato repubblicano
- decentramento amministrativo
- divisione dei poteri
- nazionalizzazione dei grandi complessi industriali
- riforma agraria
- riforma sindacale
- federalismo europeo
Tuttavia le divisioni interne ne determinarono dopo appena 5 anni di vita lo scioglimento. I suoi esponenti confluirono chi nei socialisti chi nei repubblicani.
Erede dell’Italia prefascista era il partito Democrazia del Lavoro. Il suo principale esponente era quell’Ivanoe Bonomi che era stato presidente del consiglio nel 1921. L’autorevolezza di Bonomi lo portò ad essere anche il primo capo del governo dopo la liberazione di Roma del 1944.
Democrazia del lavoro era un partito di chiara ispirazione antifascista, democratico e riformista, ma il quasi assente legame con il territorio e l’essere il figlio di una politica elitista che apparteneva ad un’Italia ormai lontana ne decretò la prematura fine.
Questi i partiti che facevano parte del Comitato di Liberazione Nazionale, molto diversi fra di loro per struttura, aspirazioni e obiettivi, eppure tenuti insieme dalla comune avversione al fascismo.
IL CNL, prima ancora della guida politica assunse, com’era ovvio, la guida della liberazione del Paese, diviso fra una parte, il meridione e il centro Italia, liberato dagli angloamericani e un’altra parte, il Nord, in mano ai reduci fascisti della repubblica di Salò e i nazisti.
A Milano prese il nome dunque di Comitato di Liberazione per l’alta Italia e si pose alla guida delle formazioni partigiane, gruppi di resistenza in gran parte spontanei che ben presto iniziarono a riflettere le varie anime politiche del CNL.
Le brigate di gran lunga più organizzate erano quelle comuniste (Brigate Garibaldi) e azioniste (Brigate Giustizia e Libertà); meno numerose erano quelle di ispirazione socialista (Brigate Matteotti), repubblicana (Brigate Mazzini) e democristiane (Brigate del popolo).
Oltre al collante antifascista emergeva però un elemento nuovo: i partiti, intesi come organizzazione catalizzatrice di istanze, diventavano centrali per l’azione politica sostituendo definitivamente il modello che aveva caratterizzato il periodo prebellico. Il partito politico rappresentava la miglior forma di cerniera fra società civile e società politica diventando strumento di costruzione delle istituzioni.
Nella primavera del 1945 il Nord fu liberato. Il Comitato di liberazione per l’alta Italia ordinò il 21 aprile l’insurrezione generale e gli alleati sferrarono l’offensiva finale.
Il primo governo della nuova Italia liberata fu affidato all’azionista Ferruccio Parri.
Ma terminata la resistenza e venuto meno il collante antifascista le differenze fra i partiti emersero subito. I liberali uscirono dal governo Parri che perse anche l’appoggio dei socialisti.
L’incarico fu dato a De Gasperi cui spettava il compito di delineare due passaggi fondamentali: la questione istituzionale attraverso il referendum sulla forma repubblicana o monarchica e le elezioni della Costituente.
La data per le elezioni fu fissata per il 2 giugno 1946.
A favore della forma repubblicana erano ovviamente tutti i partiti di sinistra. Più complessa la posizione della DC che, pur avendo votato durante il suo congresso a favore della Repubblica, aveva al suo interno, specie nelle regioni meridionali, molti esponenti a favore del mantenimento della monarchia.
Il 2 giugno il 54,3% degli elettori si espresse per la repubblica, il 45,7% per la monarchia. Il voto nelle regioni manifestò la profonda spaccatura del Paese con il nord saldamente repubblicano con punte di quasi il 90% e il sud sostanzialmente monarchico (a Napoli 77% a favore della monarchia).
Per quanto riguarda la Costituente alla DC andò il 35,”% dei voti, al Psiup il 20,7%, al PCI il 18,9%, al PRI il 4,4, al Partito d’azione l’1,8, all’Unione democratica nazionale formata da Partito Liberale e Democrazia del Lavoro il 6,8, al Blocco Nazionale dei monarchici il 2,8, all’uomo qualunque il 5,3%
La Costituente si insediò il 25 giugno 1946.
Fu organizzata in un comitato di coordinamento e in 3 sottocommissioni.
Il 22 dicembre 1947 la nuova costituzione venne approvata con 453 voti favorevoli e 62 contrari.