Con il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro, il principale costruttore della solidarietà nazionale, si chiudeva rapidamente una stagione in cui il sistema dei partiti si manifestava come un sistema bloccato, incapace di cogliere le profonde mutazioni che stavano avvenendo nel corpo sociale italiano e nel quadro internazionale. Il PSI aveva dichiarato il centro sinistra morto e il nuovo segretario, Bettino Craxi, eletto nel 1976, ruppe gli argini parlando, forse per la prima volta in modo chiaro, di alternativa a sinistra.
La democrazia cristiana, che durante i giorni del sequestro aveva mantenuto abbastanza compattamente, la linea della fermezza, provò a capitalizzare questo atteggiamento…
Con il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro, il principale costruttore della solidarietà nazionale, si chiudeva rapidamente una stagione in cui il sistema dei partiti si manifestava come un sistema bloccato, incapace di cogliere le profonde mutazioni che stavano avvenendo nel corpo sociale italiano e nel quadro internazionale. Il PSI aveva dichiarato il centro sinistra morto e il nuovo segretario, Bettino Craxi, eletto nel 1976, ruppe gli argini parlando, forse per la prima volta in modo chiaro, di alternativa a sinistra.
La democrazia cristiana, che durante i giorni del sequestro aveva mantenuto abbastanza compattamente, la linea della fermezza, provò a capitalizzare questo atteggiamento alle elezioni amministrative. L’esito delle amministrative fu una tenuta della DC e un arretramento significativo del PCI e se da una parte la democrazia cristiana si confermava il perno del sistema politico, il Partito Comunista si rivelava un junior partner di governo non apprezzato dagli elettori.
A interrompere il cammino intrapreso da Moro e Berlinguer furono anche le nuove condizioni di politica internazionale.
Sul finire del decennio si acuì lo scontro fra blocco occidentale e blocco orientale.
L’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Unione Sovietica, le repressioni degli scioperi al cantiere di Danzica in Polonia, proprio nel periodo in cui era stato eletto papa Karol Wojtila, e infine la vicenda dei missili a Comiso, in risposta alla dislocazione da parte dell’Unione Sovietica degli SS-20 puntati sull’Europa mostrarono che il PCI, pur allontanatosi dal rapporto di dipendenza dall’URSS ma incapace di reciderne per intero i legami, non era ancora pronto a diventare parte del consesso democratico occidentale.
Fu proprio la “nuova guerra fredda” a compattare una nuova maggioranza di governo formata da DC PSDI PLI PRI e PSI
Alle elezioni politiche del 1979 tutti questi partiti video aumentare i consensi, mentre la DC sostanzialmente tenne, fermandosi ad un tranquillizzante 38,3%. Il PCI perse invece 4 punti mutando il suo percorso politico dal cosiddetto compromesso storico all’alternativa democratica annunciata da Berlinguer come la seconda svolta di Salerno.
Ma restava una svolta poco aderente alla realtà. Alle lotte operaie degli anni 70 si contrapponevano ora le istanze dei settori produttivi che chiedevano che produzione e lavoro non venissero bloccati dagli scioperi.
Il 14 ottobre 1980 scesero in piazza impiegati e quadri della FIAT in quella che fu ricordata come la marcia dei 40.000. Era un’Italia, quella dei colletti bianchi, che chiedeva di lavorare e chiedeva di poter andare al lavoro contro i picchettaggi degli operai scioperanti che lo impedivano.
Per il PCI, che poi si vedrà sconfitto anche sul referendum sulla scala mobile, significava scoprirsi dalla parte sbagliata della Storia.
Tensioni percorrevano anche la Democrazia Cristiana. La segreteria Zaccagnini aveva lasciato il posto alla segreteria di Flaminio Piccoli eletto da una composita maggioranza rappresentativa di più correnti. Lo scandalo della Loggia Massonica P2 portò alle dimissioni del Governo Forlani.
Nel 1981 fu incaricato di formare un governo un politico non democristiano e laico: il vicesegretario del Partito Repubblicano Giovanni Spadolini. Alla già citata contrapposizione fra democrazia liberale contro alternativa democratica di stampo comunista, si aggiungevano pesanti sfide in campo economico: la lotta all’inflazione, che nel 1981 aveva superato il 20%, la riforma dell’amministrazione pubblica, l’ammodernamento del Paese, la separazione fra Ministero del Tesoro e Banca d’Italia. Sfide imponenti, imposte da un quadro socioeconomico diventato critico a cui non si poteva più rispondere con la democrazia bloccata dei decenni precedenti.
Ma i tentativi di Spadolini di riformare la presidenza del Consiglio e di modernizzare l’economia furono fermati dalle solite lotte di potere fra i partiti di area governativa. La polemica fra il ministro del Tesoro Andreatta e il ministro delle finanze, il socialista Rino Formica, portarono Spadolini alle dimissioni e il successivo governo, affidato a Fanfani, vide il PRI fuori dalla maggioranza.
Fu in questa fase caotica che l’ambizioso segretario socialista intravvide la possibilità per ritagliarsi uno spazio più ampio.
Ritirò la delegazione socialista, forzando dunque le elezioni anticipate e propose al nuovo segretario della Democrazia Cristiana Ciriaco De Mita un patto di legislatura che fra le altre cose prevedeva un’alternanza fra DC e PSI alla presidenza del Consiglio.
Si votò dunque nel 1983.
La Democrazia Cristiana crollò di quasi 5 punti passando dal 38% al 33%. Il PSI recuperò invece due punti. Andarono bene gli altri partiti laici di area governativa.
La strategia di Craxi era chiara e spregiudicata. Senza i voti del PSI la Democrazia Cristiana non era in grado di formare i governi e in cambio del suo appoggio pretendeva un’alternanza non giustificata dal suo essere intorno al 10% dei consensi elettorali.
Così dalle elezioni del 1983 uscì un governo appoggiato dal pentapartito e guidato da Bettino Craxi
La guida Craxi fu indubbiamente una guida muscolare e personalistica. Craxi inaugurò le stagioni del leaderismo, con un controllo ferreo dei partiti, trasformati in segreterie personali rette da esponenti fedeli al capo, quasi dei vassalli. Fu promotore di un’Italia diversa, incentrata sul mito del sorpasso economico e sulla pubblicità garantita da personaggi televisivi e dello spettacolo. Usò spregiudicatamente la spesa pubblica, occupando posizioni all’interno delle più grandi aziende controllate dallo Stato. Sfidò la Democrazia Cristiana di De Mita, venendo meno all’idea dell’alternanza. Ottenne un importante successo con il Decreto di San Valentino sul taglio della scala mobile e al successivo referendum abrogativo.
Sembrava una marcia inarrestabile quella di Craxi, tanto più che nell’ottica di modernizzare le istituzioni del 1946 aveva tentato anche la carta delle riforme con la Commissione Bozzi, ma De Mita covava la sua rivincita. Prima riuscì ad imporre alla presidenza della Repubblica Francesco Cossiga, poi nel 1986 su un provvedimento finanziario mise in azione i franchi tiratori che fecero mancare al governo la maggioranza. Il periodo del governo Craxi terminava dunque dopo 1058 giorni, un record di longevità nella storia del Paese e della Prima repubblica.
I mesi che seguirono mostrarono in tutta la loro drammaticità i limiti del sistema politico, con i partiti che in modo opaco e autoreferenziale si spartivano il potere e consideravano il Paese una cosa propria. Sintomatico fu il patto della staffetta: Craxi avrebbe guidato un governo a tempo cedendo il posto dopo 6 mesi ad un esponente democristiano.
il venir meno da parte di Craxi al patto che lui stesso aveva offerto durante un’intervista alla trasmissione televisiva Mixer, condotta da Gianni Minoli, aprì le porte ad un’altra crisi di governo.
Il voto del 1987 vide un recupero della DC e un successo del PSI, passato dall’11,4% al 14,3%. Ma sebbene quantitativamente la maggioranza pentapartitica ne usciva rafforzata, era l’intero sistema che mostrava le sue crepe strutturali. Le lotte per il potere sempre più esplicite fra partiti alleati, la spesa pubblica usata disinvoltamente come leva del consenso, fenomeni corruttivi che si disvelavano per non essere episodici ma frutto di un consolidato sistema spartitorio, portarono alla dissoluzione della prima repubblica e alla sostanziale sparizione dei partiti che erano stati protagonisti di quella stagione. Ne parleremo nella prossima puntata.