09 aprile 2025 | di Costantino De Blasi
Il partito che ha caratterizzato la vita politica del Paese per 50 anni nasce per iniziativa di Alcide De Gasperi, Mario Scelba e Attilio Piccioni fra la fine del 1942 e l’inizio del 1943.
Teoricamente erede del Partito Popolare di Don Luigi Sturzo se ne distingueva per alcune caratteristiche rilevanti. Mentre il partito Sturziano era a-confessionale ed aveva operato dovendo superare le resistenze della Chiesa di Roma, quello di De Gasperi ottenne il benestare del cardinal Montini (futuro Papa Paolo VI) per la costituzione di un partito che raccogliesse tutti i cattolici intendendo il cattolicesimo militante come un collante della società e un tratto distintivo degli italiani. Sulla base di queste premesse era evidente la natura di partito catch all, all’interno del quale, tenuti insieme dalla dottrina della chiesa, si potessero sviluppare e coesistere diverse sensibilità politiche.
Alla fine della guerra, con la fuga del re, L’Italia si trovò ad affrontare la prima e forse più complicata sfida istituzionale.
Nella Democrazia cristiana c’erano sincere spinte repubblicane, soprattutto nella classe dirigente del partito, ma era altresì evidente che gli elettori, specie quelli del meridione e quelli più legati alla dottrina cattolica, erano ancora a favore della monarchia.
Fu De Gasperi quindi a volere che la questione istituzionale fosse sottratta alla Costituente e affidata ad un referendum popolare, sia perché temeva una ondata giacobina, sia per rendere il risultato non attaccabile in quanto voluto dal popolo. In una lettera a Sturzo così giustificava tale scelta: “solo un referendum può dare il senso democratico e pacificatore di una suprema decisione popolare e di un consenso esplicito della maggioranza della popolazione.”
Le stesse ferree convinzioni De Gasperi le aveva sul posizionamento dell’Italia in ordine ai due blocchi usciti vincitori dalla seconda guerra mondiale. La ripartizione delle sfere di influenza vedeva una netta separazione dell’Europa occidentale e meridionale in mano agli anglo-americani e quella dell’est destinata all’Unione Sovietica di Stalin. La linea di confine passava proprio per i territori contesi della Venezia Giulia e della Dalmazia prima e durante la prima guerra mondiale.
Ma né De Gasperi, né Togliatti avevano interesse a sacrificare l’unità nazionale faticosamente conquistata contro il comune nemico fascista. L’obiettivo di Togliatti era semmai quello di restare il più a lungo nell’esecutivo in modo da indirizzare, anche attraverso l’attività della Costituente il destino del Paese.
Nel gennaio 1947 De Gasperi, allora presidente del consiglio di un governo composto da Democrazia Cristiana, Partito socialista di Unità Proletaria e Partico Comunista, andò negli Stati Uniti a discutere il piano di aiuti che il governo americano era disposto a concedere in cambio dell’uscita del PCI dal governo. Mentre Nenni era saldamente favorevole all’unità con il PCI, il riformista Saragat era a favore dello schierare i socialisti dalla parte delle democrazie occidentali contro la dittatura sovietica. Così già all’inizio del 1947 si prefigurarono le condizioni per l’uscita dei comunisti dal governo e la costituzione di un nuovo blocco di governo democratico che ruotasse introno al perno della Democrazia Cristiana.
Il primo gennaio 1948 viene firmata la costituzione, ultimo atto del periodo di unità democratica. Da quel momento in poi, passando per le aspre elezioni politiche dello stesso anno in cui lo scontro si polarizzò in una campagna elettorale caratterizzata dalla dicotomia comunisti-anticomunisti, la politica del Paese visse, anche, all’insegna della conventio ad excludendum. Alla contrapposizione fra operai e padroni, alimentata non soltanto dai partiti rossi ma anche dalle masse sindacali, si oppose l’altra contrapposizione fra uomini liberi e uomini schiavi portata avanti dai partiti filo atlantici e dalla Chiesa che nel frattempo, con lo scopo di erodere la base sindacale, aveva promosso la costituzione della Associazione Cattolica dei Lavoratori Italiani (ACLI).
La campagna elettorale del 1948 viene ricordata per i toni apocalittici usati dall’una e dall’altra parte e dalla consapevolezza, fra le altre, che nessun aiuto può arrivare dall’Unione Sovietica alle prese con una grave povertà interna mentre basta un tratto di matita sullo scudo crociato per far piovere sull’Italia miliardi di aiuti. Quella campagna elettorale fa ovviamente anche leva sul sentimento religioso dei cattolici contro l’ateismo materialista sovietico condensato nel famoso manifesto che mostra una cabina elettorale sotto la scritta “Dio ti vede, Stalin no”.
Le elezioni politiche del 1948 sono un trionfo per la Democrazia Cristiana che si aggiudica il 48,5% dei voti, mentre il blocco del Fronte Popolare composto da socialisti e comunisti si ferma al 31% perdendo 10 punti secchi rispetto alle elezioni per la Costituente di due anni prima.
Il secondo passaggio fondamentale dell’era De Gasperiana fu l’adesione al Trattato Nord Atlantico dove dovette superare le resistenze di Francia e Gran Bretagna e anche quelle di un’ala pacifista interna al partito che guardava ad una posizione di terzietà rispetto alla divisione in sfere di influenza.
Analoga situazione dovette affrontarla sulla politica economica. La Democrazia cristiana era indubbiamente atlantista, anticomunista e a favore del libero mercato, ma nondimeno, proprio per la sua natura di partito catch all al suo interno c’erano spinte verso un intervento diretto e massiccio dello stato nell’economia. Per tenere insieme queste due anime De Gasperi varò le leggi speciali per il Mezzogiorno e per il Polesine assegnando piccole proprietà agricole ai contadini in modo da allontanarli dall’attrazione della sinistra. Obiettivo raggiunto solo in parte per via della complessità della riforma e delle lentezze burocratiche derivanti da u no strumento, la Cassa per il Mezzogiorno, che non ha mai ottenuto a pieno i risultati preventivati.
De Gasperi si rese conto delle difficoltà a portare avanti politiche confliggenti e così, prima delle elezioni politiche del 1953 propose una correzione alla legge elettorale proporzionale con un correttivo in seggi al partito, o alla coalizione di partiti che avrebbe raggiunto il 50+1 dei voti. Ricordando gli effetti della Legge Acerbo le opposizioni insorsero ed etichettarono la nuova legge elettorale con il nome di Legge Truffa.
Il risultato vide la vecchia coalizione fermarsi al 49%, poco sotto il premio di maggioranza, e la democrazia cristiana perdere 8 punti percentuali.
Ma i tempi cambiavano. La morte di Stalin portò ad una breve ma significativa distensione negli affari internazionali, il PSI si era separato dal PCI iniziando a ricercare quell’autonomia preclusa dall’abbraccio con un partito comunista di sicura ispirazione sovietica, la stessa democrazia cristiana cambiò con l’elezione a segretario del dossettiano di sinistra Amintore Fanfani. Si andavano dunque ad aprire le porte per uno spostamento a sinistra dell’asse politico nazionale.
Dalle elezioni del 1953 nacque un governo quadripartito formato dalla DC, dal Partito socialdemocratico di Saragat, dal PRI e dal PLI.
Il primo decennio post bellico, caratterizzato dal centrismo politico, stava per l’asciare il posto agli anni del centrosinistra.
Nel 1959 venne eletto alla segreteria della DC Aldo Moro, proveniente dallo stesso movimento dossettiano di Fanfani ma meno legato alle correnti. Moro vedeva l’apertura a sinistra, in particolare al PSI, come un passaggio necessario da effettuare senza allarmare le gerarchie ecclesiastiche.
Ma paradossalmente, la fine del centrismo passò per l’accusa alla democrazia cristiana di aver costituito un governo di simpatie fasciste. Dopo la breve parentesi di un monocolore affidato ad Antonio Segni, la DC affidò il compito di formare un governo a Fernando Tambroni, anche lui proveniente dalla corrente dossettiana. Il Movimento Sociale Italiano offrì i propri voti al governo Tambroni suscitando non poche tensioni nella compagine governativa. Ad esacerbare ancor di più il clima fu la decisone di Tambroni di concedere al Movimento Sociale la possibilità di celebrare il prorpio congresso a Genova, città medaglia d’oro della resistenza. E’ la fine del governo Tambroni e del centrismo. Il successivo governo Fanfani sarà si un monocolore DC ma con l’astensione del Partito Socialista.
Il decennio successivo sarà il decennio del centrosinistra e da quella che moro chiamerà, superato lo scossone del Caso Sifar, “strategia dell’attenzione”; ovvero una stagione in cui i governi saranno retti dalla Democrazia Cristiana con l’appoggio dei socialdemocratici, dei repubblicani e dei socialisti ma con uno sguardo a quello che diventerà nella prima parte degli anni 70 il compromesso storico.
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