La Lega di Umberto Bossi era stata tante cose: secessionista, autonomista, governista, anche populista; ma era stata principalmente una cosa: il partito personale di Umberto Bossi. Le figure istituzionali che l’avevano affiancato, Maroni, Gnutti, Pagliarini, Miglio, non ne avevano mai messo in discussione la centralità e la proprietà. Semmai avevano preferito allontanarsene o essere allontanati come nel caso di Miglio.
Il Senatur era il padre padrone di un partito politico che dopo gli anni della protesta contro la corruzione di Roma Ladrona aveva fatto della sopravvivenza del consenso padano e della sopravvivenza del suo leader politico l’unica ragione di vita. Partito regionale, inserito in un contesto, quello del centrodestra di Berlusconi, che era al completo servizio del suo fondatore.
Gli anni del quarto governo Berlusconi stravolgeranno tutta quell’area politica e muteranno nel profondo la costruzione su cui un pezzo di un’Italia, ormai votata al bipolarismo, era stata retta.
Nel 2011 l’Italia era sull’orlo, se non del default, del commissariamento ad opera della Troika; la figura di Berlusconi fu travolta non solo dalla crisi economica ma anche dal Ruby Gate, uno scandalo boccaccesco che travalicò i confini nazionali quando il Cavaliere cercò di giustificare, col voto prono dei suoi parlamentari, i suoi interventi a favore della ragazza marocchina, al secolo Karima El Mahroug, sostenendo che era nipote del presidente egiziano Mubarak. Il consiglio regionale della Lombardia era diventato il giardino privato dove assicurare un posto di lavoro, molto ben retribuito, a nani e ballerine; non soltanto Nicole Minetti ma anche, a titolo d’esempio, Renzo Bossi, detto il Trota.
Nell’aprile del 2012 comparvero le prime notizie di un uso illecito dei rimborsi elettorali di cui aveva beneficiato la Lega Nord. Quei soldi erano stati usati dalla famiglia Bossi per curiosi investimenti in Tanzania e Cipro e per soddisfacimento personale dei bisogni della Famiglia. Nel 2018, dopo una condanna a 1 anno e 10 mesi per truffa ai danni dello Stato, il reato contestato a Umberto Bossi fu dichiarato prescritto ma restò il decreto di confisca dei 48 milioni 969 mila 617 euro. La Lega, che nel 2012 aveva registrato le dimissioni di Bossi da segretario federale e si era costituita in processo come parte lesa, ritirò la querela salvando di fatto il suo fondatore e padrone e ricandidandolo alle elezioni.
I circa 49 milioni furono dal neo segretario Salvini dichiarati spesi e quindi non recuperabili. Tuttavia la Cassazione confermò il decreto di sequestro estendendolo anche alle entrate future del partito. Nel 2019 La Lega trovò un accordo per la restituzione dei 49 milioni in settantasei anni.
Salvini diventa segretario della Lega Nord nel 2013 dopo un breve interregno da parte di Roberto Maroni.
Diplomato al liceo classico Manzoni di Milano, non sembrava avere grandi passioni politiche. Preferiva piuttosto dedicarsi al Milan del trio olandese del quale era grande tifoso. L’interesse per la politica gli venne prima frequentando un compagno di classe di chiara fede fascista, quel Marco Carucci che poi entrerà in Forza Nuova. Poi scoprendo Umberto Bossi, per il quale nutriva fra la fine degli anni 80 e l’inizio degli anni 90 una vera venerazione. Sembra invece che la leggenda delle sue frequentazioni al Leoncavallo sia, appunto, una leggenda. Nella sua autobiografia, Secondo Matteo, follia e coraggio per cambiare il Paese, lo stesso Salvini è piuttosto vago sulla frequentazione del centro sociale antagonista; al massimo ci sarebbe andato per guardare qualche concerto. Come leggenda è quella del comunista padano. Durante il periodo secessionista Umberto Bossi voleva creare in Padania un sedicente parlamento in cui fossero rappresentate tutte le forze politiche e la scelta per rappresentare il partito comunista sarebbe ricaduta, vuole leggenda, su Matteo Salvini.
Matteo fa il suo ingresso ufficiale in politica entrando nel consiglio comunale di Milano nel 1990. Poiché la Lega è un partito padronale entra anche nella redazione del giornale La Padania, garantendosi un lavoro dopo i falliti studi universitari prima alla facoltà di Scienze Politiche della Statale e poi a quella di Letteratura.
La Lega che raccoglie Salvini nel 2013 è ridotta a poca roba. Alle elezioni del febbraio 2013, quelle in piena crisi di economica e morale, al punto che l’astensione raggiunge il 40% e secondo un sondaggio solo il 4% degli italiani si fida dei partiti politici, raccoglie un modesto 4,09%. La coalizione di cui fa parte, capeggiata dal Popolo delle Libertà di un berlusconi condannato per frode fiscale, il 29%
Occorre ripensare ad una strategia comunicativa, abbandonando le retoriche di Bossi e i vecchi clichè autonomisti. La crisi della politica, le tensioni internazionali, il rigetto del progetto europeo sono ottimi terreni su cui costruire una narrazione.
La Lega di Salvini, che ricordiamo ha ricevuto una formazione politica da neofascisti come Carucci e Murelli, decide che i nemici da combattere sono 2: gli immigrati che sporcano le città come Milano e causano un’emergenza criminalità, e l’Euro.
Se gli italiani non si fidano più dei politici nazionali cosa c’è di meglio del cercare un leader politico straniero che incarni i valori della tradizione cristiana, la forza della volontà coriacea contro la modernità decadente, e, infine, rappresenti l’ideale di uomo forte in difesa dei popoli? Salvini vede tutto questo in Vladimir Putin, il presidente autocrate di una Russia che si prefigge essere attore essenziale nello scacchiere internazionale e guida con pugno di ferro il suo Paese verso la ricostruzione di un impero.
Salvini inizia ad elogiare Putin, si mostra in fotografia nella piazza rossa di Mosca con una maglietta inneggiante a Putin, firma nel marzo 2017 un accordo di scambio di informazioni e collaborazione con Russia Unita. Viene anche coinvolto in un potenziale scandalo quando Gianluca Savoini, uno dei personaggi di estrema destra di simpatie neonaziste, al pari di Borghezio e Sciandra, che frequentavano la Lega e la Padania, incontra esponenti russi per un presunto finanziamento da 58 milioni di euro legato ad una compravendita di petrolio con la compagnia Rosneft.
La strategia comunicativa di Salvini funziona. Le tv di Berlusconi gli danno ampio spazio e lui è tutti i giorni ospite dei talk show politici. Le trasmissioni di Belpietro e Giordano alimentano la rabbia contro gli immigrati e le occupazioni abusive. Le telecamere mostrano semplici cittadini incazzati che attorniano l’inviato e urlano esasperazione e rabbia contro un’emergenza che, lo certificherà lo stesso ministero degli interni che poi Salvini guiderà nel governo Conte I, emergenza non è. La campagna anti immigrazione viene cavalcata ad arte da un sistema di comunicazione sui social che fa perno sulla Bestia, un network guidato da Luca Morisi che alimenta i peggiori sentimenti xenofobi.
Tanto basta, il populismo ha bisogno di paura e di nemici e di un capopopolo che prometta di sconfiggerli.
Nel 2018, in soli 5 anni, La Lega, che nel frattempo si è anche scoperta difensore dell’italianità, prende il 17% più che triplicando il consenso ottenuto nel 2013.
Salvini firma il patto per il governo del cambiamento col Movimento 5 stelle e alle elezioni europee addirittura raddoppia i voti presi un anno prima. La Lega Salvini Premier, che dunque non è più Lega Nord e si identifica completamente con il suo segretario, viene votata dal 34% degli elettori italiani.
Salvini pensa che il successo sia inarrestabile. Quello stesso agosto, in costume da bagno, sorseggiando un mojito e ballando su un dj set della spiaggia del Papeete, Salvini apre la crisi di governo rivendicando per sé i pieni poteri.
E’ la fine non soltanto del Governo con il Movimento 5 stelle ma anche di una rivoluzione populista che si era alimentata per 7 anni, dal 2012 al 2019, sulle paure e sugli inganni.
Dalla crisi agostana l’Italia non esce con nuove elezioni che avrebbero potuto dare a Salvini un governo, ma con un governo di parziale restaurazione composto dal Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte e dal Partito democratico.
Poi arriva il Covid. Il fiuto di Salvini per gli umori popolari si è spento. Prima cavalca l’onda chiusurista, “chiediamo di chiudere tutto” disse in video autoprodotti sui suoi social e in diretta dal Senato durante una puntata di L’Italia in Diretta su Rai1, per poi qualche settimana dopo lanciare un appello al presidente della repubblica per riaprire “tutto quello che si può aprire”
Dopo l’emergenza Covid e una breve parentesi di governo tecnico in cui la Lega appoggia Mario Draghi, si vota per il nuovo parlamento il 25 settembre 2022. La Lega prende l’8,83% perdendo rispetto alle europee del 2019 il 74% dei voti.
A guidare la destra non è più Matteo Salvini ma Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.
La crisi del centrodestra del secondo decennio degli anni 2000 non travolge solo Berlusconi e la Lega;. Alleanza Nazionale, della cui fine avevamo raccontato nella puntata numero 21 aveva già subito la scissione operata da Storace e Daniela Santanché con La Destra Fiamma Tricolore. Angelino Alfano fonderà nel 2013 il Nuovo Centrodestra, La Santanché si staccherà da Storace e creerà il Movimento Per L’Italia.
Alle elezioni del 2013 la coalizione si presenta con 9 simboli:
- Il Popolo delle libertà
- Lega nord
- La destra
- Grande SUD
- Mir moderati in rivoluzione
- Partiti pensionati
- Intesa popolare
- Liberi per una italia equa
- Fratelli d’Italia
Quest’ultimo era stato fondato pochi mesi prima, il 28 dicembre 2012, davanti al Notaio Trasatti, da Guido Crosetto, Ignazio La Russa e Giorgia Meloni.
L’abbiamo detto, sono anni difficili per l’Italia e per uscire dalla grave crisi istituzionale e politica si dà spazio a larghe coalizioni in cui destra e sinistra si confondono.
L’iniziativa di La Russa e compagnia, che, ricordiamo, era stato caustico nei confronti di Fini e della svolta di Fiuggi, rivela uno spazio a destra non ancora occupato dalla Lega e abbandonato dalle altre componenti politiche d’area.
Nel 2013 Alleanza Nazionale concede l’uso del simbolo a Fratelli d’Italia che quando si presenta alle elezioni ottiene un modesto 1,96%
Sembrerebbe un risultato che mortifica le intenzioni e le aspirazioni, ma la situazione è eccezionale e, come abbiamo visto, i voti si spostano ormai con ritmi ed intensità nuovi.
Meloni e La Russa pongono il partito al di fuori degli schieramenti e puntano sull’opposizione al governo Letta prima e a quello Renzi poi. In sede europea escono dal gruppo dei popolari per aderire al raggruppamento della destra sovranista.
La piattaforma politica non è diversa da quella della Lega di Salvini, anzi per certi versi è persino più violenta. Non si nascondono toni belligeranti, per il problema immigrazione si chiede il blocco navale che secondo le convenzioni internazionali è un atto di guerra, sul fronte economico si vaneggiano interventi del Fondo Monetario Internazionale e i diritti speciali di prelievo al posto del debito pubblico emesso in euro, per la questione diritti propone una difesa violenta della famiglia tradizionale e per l’identità di genere.
Giorgia Meloni è una abile aizzatrice di folle senza avere i tratti talvolta goffi di Salvini. E’ donna, madre italiana e cristiana, come disse durante un incendiario comizio intitolato Orgoglio Italiano in piazza San Giovanni. Sono Giorgia diventa un meme e una canzone.
Costruendo così il consenso, e cavalcando una opposizione a tutto e a tutti, Fratelli d’Italia alle elezioni del 2018 prende il 14,45% dei voti. In 5 anni non solo ha superato la soglia di sbarramento ma ha decuplicato i propri voti.
La strategia di stare all’opposizione, rimarcando una differenza netta rispetto agli altri partiti del panorama politico italiano, non cambia né durante il covid né durante l’esperienza Draghi. Fratelli d’Italia è l’unico partito che non partecipa alla coalizione che sostiene al parlamento il Governo d’emergenza. Strategia che paga, perché quando Draghi rimette il mandato nelle mani del presidente della repubblica dopo che Movimento 5 Stelle, Forza Italia e Lega gli fanno mancare i voti, Giorgia Meloni passa all’incasso.
Alle elezioni del 22 più di 7 milioni di italiani la premiano garantendole il 26% dei consensi ed una nettissima maggioranza relativa nei confronti dei ricalcitranti alleati di centrodestra.
Giorgia Meloni giura come presidente del consiglio il 22 ottobre 2022 risultando la prima donna premier della storia italiana.
Termina così questo lungo viaggio nella storia dei partiti politici. Abbiamo raccontato come nascono nell’italia postunitaria le prime forme partito, abbiamo raccontato la crisi dell’Italia liberale e la nascita del fascismo e del partito nazione; abbiamo tracciato la difficile ricostruzione di una coscienza democratica dopo la fine della seconda guerra mondiale; i governi della ricostruzione, quelli che dovettero affrontare la sfida alle istituzioni lanciate dai terrorismi di destra e di sinistra; la fine della prima repubblica e tangentopoli. La partecipazione alla creazione dell’Unione europea e come, anche questa, abbia creato nuove tensioni e nuove offerte politiche.
Abbiamo infine cercato di spiegare le caratteristiche del populismo che si possono ritrovare in alcuni dei principali attori politici contemporanei.
Speriamo di aver dato un quadro chiaro, sebbene non esaustivo, della politica italiana e di quali dinamiche l’hanno guidata e la guidano ancora nei giorni che viviamo.
Speriamo, infine, che conoscere la storia passata aiuti l’ascoltatore a comprendere il presente e, perché no, a migliorare il futuro.