Descrivere una nuova specie di animale preistorico non è affatto un processo semplice, né tantomeno rapido. Tutto comincia con il ritrovamento sul campo, ma la scoperta è solo l’inizio: l’esemplare deve essere raccolto legalmente e accompagnato da una documentazione accurata che comprenda dati stratigrafici, geografici e fotografici.
Una volta portati in laboratorio, i resti vengono preparati con cura e analizzati in dettaglio. È molto importante stabilire se si tratta effettivamente di una nuova specie o solo di una variante di una già classificata. L’analisi anatomica si basa su misure, morfologia e caratteristiche diagnostiche, e spesso viene supportata da tecniche avanzate come…
Descrivere una nuova specie di animale preistorico non è affatto un processo semplice, né tantomeno rapido. Tutto comincia con il ritrovamento sul campo, ma la scoperta è solo l’inizio: l’esemplare deve essere raccolto legalmente e accompagnato da una documentazione accurata che comprenda dati stratigrafici, geografici e fotografici.
Una volta portati in laboratorio, i resti vengono preparati con cura e analizzati in dettaglio. È molto importante stabilire se si tratta effettivamente di una nuova specie o solo di una variante di una già classificata. L’analisi anatomica si basa su misure, morfologia e caratteristiche diagnostiche, e spesso viene supportata da tecniche avanzate come tomografie, microscopia, studi istologici e analisi filogenetiche.
Se l’esemplare risulta davvero nuovo, lo scienziato redige un articolo accademico da sottoporre a una rivista scientifica peer-reviewed. La pubblicazione deve rispettare le rigorose norme del Codice Internazionale di Nomenclatura Zoologica: è necessario, tra le altre cose, designare un olotipo, ovvero l’esemplare di riferimento ufficiale.
Ma anche dopo la pubblicazione, il lavoro non è concluso: la validità scientifica del nuovo nome dipende dall’accettazione della comunità paleontologica, e in particolare dagli esperti di quello specifico gruppo di animali.
Se oggi la paleontologia è così meticolosa nel seguire un iter rigoroso, è anche perché in passato molti tra i più noti naturalisti e geologi abusarono del sistema, spinti dalla fretta e dalla competizione accademica per descrivere il maggior numero possibile di generi e specie, in particolare di dinosauri. Non era raro che si attribuisse un nome scientifico a una specie partendo da appena tre denti fossili o da due vertebre mal conservate, con evidenti limiti di accuratezza.
Ebbene, il protagonista della nostra storia di oggi, Tyrannosaurus rex, si inserisce perfettamente in questo contesto. Oggi, tra i nomi che riporteremo alla luce, c’è anche il primissimo, (cringissimo) e scientificamente valido con cui venne descritta la celeberrima "lucertola tiranna re".
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Partiamo dalla fine. Nel 1900, Barnum Brown, assistente curatore dell’American Museum of Natural History, scoprì il primo scheletro parziale di un grande dinosauro carnivoro del cretaceo superiore nel Wyoming. Due anni dopo, nel 1902, trovò un secondo scheletro parziale in Montana, composto da circa 34 ossa fossili. Brown era incredulo: “I have never seen anything like it from the Cretaceous!”
Nel 1905, Henry Fairfield Osborn, presidente del museo, assegnò al secondo scheletro il nome Tyrannosaurus rex, dal greco:
tyrannos = tiranno; sauros = lucertola; ed il nome di specie rex, ossia “re” in latino.
C’è un ma. Il titolo dell‘articolo scientifico del 1905 è „Tyrannosaurus and other Cretaceous Carnivorous Dinosaurs“. Un'altra specie fu descritta nella pubblicazione: Dynamosaurus imperiosus, „lucertola potente imperiosa“ basata sul primo scheletro raccolto da Brown nel 1900. Ricordate?
Osborn scrive che Tyrannosaurus e Dynamosaurus erano piuttosto simili, con il secondo dotato di una leggera corazza osteodermica sul dorso. Eppure, lo stesso Osborn, notò solamente un anno più tardi che questi osteodermi appartenevano in realtà ad un altro animale, i cui resti si erano mescolati al dinamosauro. T. rex e D. imperiosus erano la stessa cosa.
Ma allora, quale dei due nomi è valido? Di norma, si sceglie quello utilizzato prima. Si ma… i due dinosauri erano stati descritti nella stessa pubblicazione, che si fa? Semplice. Si sceglie quello comparso prima nel testo, ovvero Tyrannosaurus. Dynamosaurus cessò di essere valido per puro caso.
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La storia non è mica finita qua. Dynamosaurus imperiosus spacca, sembra proprio un nome da gruppo Death Metal. Per rispolverare il primo nome „cringe“, dobbiamo andare ancora indietro nel tempo.
Il primo fossile attribuibile a Tyrannosaurus rex, un singolo dente, fu scoperto nel 1874 Arthur Lakes ma a partire da questo non fu mai descritto né battezzato alcun animale. Vent’anni dopo, si, un animale fu descritto. Nel 1892, Edward Drinker Cope rinvenne due vertebre parziali nel Sud Dakota. Cope le interpretò erroneamente come appartenenti ad un ceratopside, un animale facente parte del gruppo comprendente Triceratops, e le denominò… Manospondylus gigas, "vertebra gigante porosa".
Nel 1917, Osborn, colui che descrisse T. rex, notò la somiglianza tra Manospondylus ed il suo di dinosauro, ma non li sinonimizzò ufficialmente. Osborn dice “a causa della natura frammentaria dei resti di Manospondylus.” Le male lingue dicono invece che, essendo stato, M. gigas, descritto prima di T. rex, il nome valido sarebbe stato il primo. Osborn avrebbe quindi “perso” la paternità del grande dinosauro in favore di Cope, ed in quegli anni, beh, la competizione tra studiosi era giusto un filino accesa… pensatela come un “Salieri vs Mozart”, un “Bernini vs Borromini” o un “Brunelleschi vs Ghiberti”.
Come fece quindi Osborn a convincere tutti che T. rex era il nome giusto da usare? Non fece nulla. Manospondylus era così mal preservato e lacunoso che nessuno citò mai lo studio dove veniva descritto, al contrario invece di T. rex. Per decenni quindi, i nuovi scheletri del dinosauro che furono ritrovati in seguito vennero chiamati T. rex. E dopo più di 50 anni di inutilizzo, Manospondylus gigas divenne per il Codice Internazionale di Nomenclatura Zoologica un “nomen oblitum” e quindi non più utilizzato. Se Osborn fosse stato meno orgoglioso, forse, oggi parleremmo di… Manospondilo. Uff, e comunque si sa, il vero nome scientifico del lucertolone è Denti Aguzzi. Condividete per portare rispetto alla mamma di Piedino.