Il salto nel vuoto del Superecobonus 110: un modello perfetto di economia protezionistica.

Come il “policy making” (governo),attraverso l'intervento normativo, ha operato per creare un vero e proprio monopolio grazie alla violazione dei principi del libero mercato.

Nell'estate del 2020 venne annunciata, in fretta e furia, la misura del “Superecobonus” cd. 110. Il provvedimento, tutt'ora in vigore, è volto al miglioramento dell'efficientamento energetico degli edifici e/o di adeguamento antisismico.

Sarebbe servito, nelle intenzioni del governo, anche a rivitalizzare un mercato, quello delle costruzioni, ormai in declino, a sistemare “le carte del fabbricato” e a rimpinguare le casse comunali attraverso le pratiche amministrative.

Il provvedimento venne decantato e fatto passare, fin da subito, come a “costo zero” per i cittadini; il bonus fiscale del 100% dell'intero costo avrebbe dovuto coprire interamente la spesa e il restante 10% il guadagno degli intermediari finanziari che avrebbero scontato il bonus fiscale.

All'apparenza una succulenta opportunità sia per le imprese, che per i proprietari sulla quale buttarsi ma, fin da subito, si sono evidenziati dei problemi che ne hanno fortemente ritardato la partenza.

Ad oggi, infatti, sono molto pochi i cantieri attivi; ci sono state difficoltà interpretative di una normativa originariamente scarna che andava a regolare un impianto molto complesso tanto che, tutti gli enti pubblici coinvolti, dall'agenzia delle Entrate, il Ministero dello Sviluppo Economico e l'ENEA, si sono prodigati in una lunga e quotidiana attività interpretativa (o riempitiva) attraverso provvedimenti, circolari e risposte ad interpelli dei cittadini.

La misura, poi, prevedeva inizialmente quale condizione di ammissibilità la “conformità urbanistica” dell'immobile.

In pratica i tecnici, attraverso lo studio dei progetti autorizzati dai Comuni, avrebbero dovuto verificarne la corrispondenza allo stato di fatto e, in caso di difformità rilevanti, presentare delle domande di sanatoria e poi di adeguamento catastale.

Una procedura preliminare molto complessa e lunga soprattutto nelle grandi città dove accedere alla pratica progettuale dell'edificio, richiede mesi e mesi.

Ma anche in quelle più piccole, per la scarsità del personale e l'assenza di una adeguata informatizzazione.

E così dalla metà del 2020, si passa a quella del 2021 dove i cantieri realmente aperti si possono contare sulle dita di una mano.

Il Governo Draghi, decide pertanto di intervenire per tentare di accelerare la procedura e far partire la tanto decantata misura “nazionalpopolare”.

Rimuove dunque la condizione di procedibilità della conformità urbanistica: rendendola inutile per accedere alla misura del superbonus 110. Le difformità vanno comunque sanate perché, ovviamente, al momento della presentazione della domanda il Comune potrebbe riscontrarle, intervenire e applicare le sanzioni conseguenti.

Partono così le prime riunioni condominiali, i primi studi di fattibilità e computi metrici.

Fin da subito si capisce che intervenire su edifici “vecchi”, comporta per la gran parte la rinuncia ad alcuni interventi agevolati al 110 quali l'impianto fotovoltaico, le colonnine di ricarica delle auto ed altro; per non dire dell'adeguamento antisismico che avrebbe comportato lo “smembramento” dell'appartamento.

Non si può fare.

Il lavoro standard del “110” si riduce, quindi, alla realizzazione del cappotto termico, alla sostituzione delle caldaie, degli infissi, delle tapparelle, lavori che garantirebbero in linea di massima, l'innalzamento delle due classi energetiche richieste dalla legge.

Alcuni di questi lavori, agevolati al 110%, si innestano inevitabilmente ad altri coperti da bonus statali più bassi quali quello del 90% per le facciate e quello del 50% ad esempio, per il rifacimento dell'impianto fognario non a norma.

Subito si inizia a capire che il decantato “costo zero” non esiste perché bisogna cominciare a mettere le mani nel portafogli e non tutti in un condominio possono permetterselo.

Dai primi computi metrici ci si rende conto che le cifre sono alte, molto alte.

Per quel lavoro “standard” si inizia a parlare di circa 100.000 euro ad appartamento che sarebbero coperti del 110 (ma garantiti dal possessore all'Agenzia delle Entrate), oltre a quelli (non pochi) che ciascun proprietario deve pagare di tasca propria e che non saranno in alcun modo rimborsati.

Ci si chiede allora perché i costi siano cosi alti; perché “devo” assumermi una responsabilità così alta con l'AdE che, in caso di contestazione, applicherebbe al beneficiario una sanzione pari al 100% di quel costo?

Qui si scopre l'assurdo.

Il Governo ha fissato dei prezzi massimi di riferimento (il prezziario regionale) per le opere e un “cap” complessivo di bonus.

Il prezziario regionale però non è comunemente usato negli appalti tra privati perché i costi generalmente sono troppo elevati per il mercato concorrenziale: così, quell'opera “standard” che normalmente può costare 30/40.000 euro ad appartamento, potrebbe finire a 100.000 con il superbonus 110.

Ovvia l'idea e perverso lo sviluppo: padroni del gioco, gli appaltatori applicano sistematicamente il prezzo massimo e, conseguentemente, cresce l'importo che ciascuno dovrà pagare in proprio.

Si perché a ciò si deve aggiungere l'aumento costante del prezzo dei prodotti per la congiuntura economica dovuta al coronavirus, quello per le speculazioni fatte da molti che “hanno fatto magazzino” e rivendono oggi a prezzi molto più alti, quello per l'aumento mostruoso di alcune materie prime e quello per speculazioni varie a partire dall'applicazione dei prezzi massimi in stile monopolista.

Si, quel bonus 110 a “costo zero” (a quei prezzi massimi fissati dallo Stato) non copre più neppure le opere che, originariamente, avrebbe dovuto ricomprendere.

Così si finisce, a volte, che il costo dell'adeguamento energetico superi il valore di mercato dell'immobile stesso!

Inoltre la perversione del mercato così generato, ha comportato uno sbilanciamento di forza a vantaggio totale degli appaltatori e del sinallagma contrattuale che deve stare a base anche di una trattativa commerciale.

Quel nesso cioè di reciprocità che rende corrispettiva una prestazione alla controprestazione e che rappresenta un elemento costitutivo e imprescindibile dell’accordo contrattuale laddove le parti convergano nella “comune e congiunta volontà di stabilire diritti e obblighi reciproci”, da realizzarsi proprio nel compimento di una prestazione da parte di un contraente e della correlata controprestazione da parte dell’altro.

Invece non è così.

“Volete il superbonus 110 che vi regala lo stato? Le condizioni sono queste, le dettiamo noi. Ne più ne meno di quello stabilito dalla legge”.

E così, non esistono garanzie aggiuntive rispetto a quelle previste dalla legge, non c'è la minima possibilità di contrattare i prezzi, si devono accettare clausole contrattuali che prevedono la revisione in malus dei prezzi, ecc... ecc...

Non solo.

Ovviamente la deformazione del mercato oggi colpisce anche lavori non coperti dal superbonus 110; oggi qualsiasi opera deve sottostare a quei prezzi “indotti” dallo stato, con evidenti effetti distorsivi e deflattivi della domanda.

Infine un'ultima considerazione: non è certo che, a fronte di un costo “gonfiato” dell'opera, ciò determini un eguale e corrispondente incremento di valore dell'immobile.

In ogni caso il “110”, seppur disancorato dal reddito (anche un Paperon de Paperoni può accedervi), consente finanche la detassazione della conseguente plusvalenza in caso di vendita dell'immobile.

Ottimo, non c'è che dire!

Generalmente è compito delpolicy making nella politica economica, non solo per garantire un libero mercato, adoperarsi per avvicinare le condizioni fattuali a quelle paradigmatiche del benchmark; qui si è fatto di tutto per allontanarle.

Oppure non c'è stato neppure un preventivo benchmark?

Ovvia l'idea e perverso lo sviluppo.

Questa posizione distorsiva e conservativa reggerà fino alla durata del superbonus 110 oggi fissata al 31.12.2022... tempi strettissimi.

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