Il rinnovato dibattito sull'importanza della politica di deterrenza nucleare inglese

Nelle ultime settimane il Regno Unito si è detto pronto a reinvestire sulla sua capacità di deterrenza nucleare, in modo da placare eventuali minacce provenienti da paesi ostili, come la Russia di Putin.

 

Il nostro deterrente nucleare è oggi più importante che mai”, ha dichiarato il segretario della difesa inglese Grant Shapps durante la presentazione del report governativo intitolato “Delivering the UK’s nuclear deterrent”.

Negli scorsi giorni dunque il Financial Times ha deciso di analizzare il piano presentato dal governo britannico, concentrandosi anche sui vari ostacoli che ne rendono difficile l’attuazione.

Nei piani del governo britannico rientra la costruzione di quattro nuovi sottomarini per il lancio di missili balistici e lo sviluppo di una nuova generazione di navi d’attacco a propulsione nucleare, quest’ultima facente parte del patto di difesa Aukus stilato con Stati Uniti e Australia. Secondo il report questi investimenti garantirebbero la creazione di 40 mila nuovi posti di lavoro, da fisici nucleari a saldatori specializzati, contribuendo inoltre al rinnovo dell’intera infrastruttura navale inglese.

Tuttavia trovare le risorse necessarie a finanziare questi ambiziosi progetti militari non sarà un’impresa facile. È per questo motivo che finora l’esecutivo britannico ha evitato di specificare come intende affrontare questa sfida da un punto di vista economico. Il governo inglese si trova infatti davanti a un bivio: mettere a rischio la credibilità del deterrente nucleare nazionale o spendere più soldi per rafforzarlo, nonostante le sempre più pressanti richieste di investimento in scuola e sanità. Senza dimenticare infine il bisogno di trovare più soldi anche per il resto dell’apparato militare britannico.

“Questo programma nucleare per noi è essenziale, ma i costi necessari al suo sostentamento continuano a erodere i nostri spazi di bilancio. Attualmente la situazione è ingovernabile e necessita di un cambiamento importante. Non esiste una soluzione a breve termine, se non quella di continuare a tamponare il problema. Ma oltre a perdere in efficacia, procedere in questo modo si sta dimostrando altrettanto costoso. L’unica soluzione è investire nel settore con uno sguardo di lungo periodo”, hanno spiegato al Financial Times due funzionari della difesa britannici.

Fino ad oggi il deterrente nucleare britannico si è basato sul fatto che almeno uno dei quattro sottomarini inglesi, armati di testate nucleari, pattugli in continuazione i mari senza essere scoperto, un concetto noto come “deterrenza continua in mare” o CASD.

Secondo il governo britannico la CASD è una componente fondamentale della sicurezza del Regno Unito, oltre a rappresentare una parte cruciale del contributo inglese alla NATO. Londra infatti rimane una delle tre potenze nucleari dell’alleanza atlantica insieme a Stati Uniti e Francia. Ma per salvaguardare l’efficacia della politica di deterrenza nucleare britannica è necessario essere pronti ad affrontare spese militari più elevate e al passo con i tempi. Da anni il Regno Unito prevede di sostituire i quattro vecchi sottomarini della CASD di classe Vanguard con nuove imbarcazioni di classe Dreadnought, attualmente in fase di costruzione.

Tuttavia i vari governi britannici che si sono succeduti negli ultimi anni hanno sempre dato poca priorità al progetto, ad esempio spostando la data dell’entrata in servizio dei nuovi sottomarini dal 2025 al 2030. Questi continui ritardi però hanno l’effetto di innalzare i costi dell’operazione. Infatti, secondo le ultime previsioni del ministero della difesa inglese, solo nel prossimo decennio il budget per la Defense Nuclear Organisation, che supervisiona il programma, dovrebbe aumentare di ben 38 miliardi di sterline (una crescita del 62%), arrivando a toccare i 100 miliardi di sterline. Addirittura il National Audit Office ha classificato come “impossibile”, con le risorse attuali, la realizzazione dei reattori nucleari che dovrebbero alimentare i nuovi sottomarini.

Giànel 2019 il Nuclear Information Service, un think-tank indipendente, stimò in 172 miliardi di sterline i costi di rinnovo dell’intero comparto nucleare di difesa. In questa cifra è inclusa la costruzione della nuova flotta Dreadnought e il costo di ammodernamento dei missili balistici Trident, delle testate nucleari, e di tutte le altre infrastrutture necessarie all’efficacia dell’azione di deterrenza inglese. Il calcolo infine comprende anche i costi di mantenimento e gestione dell’intera operazione, che dovrebbero interessare il 6% dei fondi stanziati per la difesa nazionale, una cifra vicina ai 3 miliardi di sterline all’anno.

Fin dalla stesura del piano, il progetto di riammodernamento della deterrenza nucleare inglese è stato colpito da ritardi e innalzamento dei costi. Nel 2010 il governo di coalizione guidato dai conservatori decise di rinviare di quattro anni il programma Dreadnought, per risparmiare fondi nell’ambito delle sue politiche di austerità. Questa decisione si rivelò presto controproducente. Secondo il ministero della difesa infatti il costo del programma nel 2015 era già aumentato in termini reali del 75%, un aumento di circa 43 miliardi di sterline rispetto alle prime stime risalenti al 2006.

Tutto ciò inoltre implica che i vecchi sottomarini di classe Vanguard, costruiti negli anni ’90, debbano rimanere in servizio ben oltre la loro durata di vita prevista di 25 anni. Questo è un problema perché i sottomarini nucleari sono macchine estremamente complesse, e garantire il loro funzionamento oltre il loro limite di vita utile richiede interventi di ristrutturazione sempre più costosi.

Gli scienziati della Pugwash Conferences on Science and World Affairs hanno perciò avvertito che i continui ritardi al progetto Dreadnought potrebbero portare ad un’interruzione della politica CASD inglese, a causa di possibili e improvvisi guasti dei vecchi sottomarini Vanguard. Nel 2022 infatti il comando del sottomarino HMS Victorious è stato costretto a interrompere la propria missione a causa dell’improvviso scoppio di un incendio a bordo, a cui è seguito un intervento di riparazione, tutt’ora in corso, dal costo di 560 milioni di sterline.

Ma i problemi sembrerebbero riguardare soprattutto il più vecchio dei quattro sottomarini, HMS Vanguard. Nonostante infatti fosse appena uscito da una seconda manutenzione generale durata ben 7 anni, HMS Vanguard lo scorso febbraio si è reso protagonista di un imbarazzante fallimento in un test nucleare di lancio dei missili Trident. Attualmente quindi la CASD britannica è sostenuta solo dal pattugliamento continuo di due sottomarini (HMS Vengeance e HMS Vigilant), costretti a percorrere lunghe tratte per lunghi periodi, uno sforzo che mette a dura prova sia lo stato dei sottomarini sia quello dei suoi equipaggi. Per esempio HMS Vengeance è ritornato alla base solo a metà marzo, dopo un pattugliamento di ben 201 giorni, più del doppio rispetto alla durata di pattugliamento standard di tre mesi. Lo stesso è accaduto al HMS Vigilant, che ha completato il suo pattugliamento di 195 giorni lo scorso settembre.

Questi avvenimenti chiariscono dunque il bisogno urgente di rafforzare e garantire l’efficacia della deterrenza nucleare inglese. È in quest’ottica che bisogna leggere la pubblicazione del nuovo report governativo. Ma rimane il problema di dove trovare i soldi necessari a finanziare questo progetto.

Un’idea potrebbe essere quella di spostare fondi all’interno dello stesso bilancio della difesa, tagliando quindi gli investimenti diretti al resto delle forze armate inglesi. Tuttavia è da oltre 30 anni che l’esercito britannico soffre di continui tagli alle spese militari, e la minaccia russa, resasi ancora più concreta dopo l’invasione dell’Ucraina, rende una scelta del genere assai discutibile.

In alternativa si potrebbe allora trovare i soldi necessari tagliando la spesa pubblica in altri settori. Ma il governo ad oggi ha ribadito la sua intenzione di incrementare le spese militari dal 2,2% al 2,5% del PIL solo quando le condizioni economiche lo permetteranno, escludendo dunque eventuali tagli di spesa negli altri settori.

La situazione cambierebbe poco anche con un governo laburista. Infatti il leader del partito laburista Keir Starmer, nonostante si sia detto totalmente favorevole al nuovo progetto di deterrenza nucleare inglese, come tutti i suoi predecessori si troverà prima o poi bloccato nello stesso dilemma: garantire la futura efficacia della CASD britannica al costo di ripensare alle priorità economiche dello stato o ignorare il problema della credibilità della deterrenza nucleare inglese pur di non dover prendere difficili scelte di bilancio pubblico?

Le recenti dichiarazioni del governo nei confronti della CASD hanno quindi riacceso un dibattito a lungo atteso dai vari analisti e funzionari militari inglesi.

“Il nostro paese si è ormai abituato ai tempi di pace e non riesce a comprendere l’importanza dell’arte della deterrenza. Ma ora il tempo della pace è finito. Siamo nel tempo della guerra, e il tempo della guerra richiede approcci diversi”, ha spiegato un funzionario britannico al Financial Times.

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