Gli eventi meteorologici estremi in Italia di Luglio e il loro legame con il cambiamento climatico

Caldo eccezionale al Sud, rovinosi temporali al Nord, tutta colpa del cambiamento climatico, anzi no, del riscaldamento globale oppure del Niño. Tutto, insomma in una sorta di calderone, in cui non si riesce più a distinguere cosa ha causato cosa.

Foto di Ralph W. lambrecht / Pexel

Per molti giorni le pagine dei nostri quotidiani, social, e altri media, sono state monopolizzate dagli eventi meteorologici estremi che hanno caratterizzato la seconda parte del mese di Luglio. Molte notizie riportate spesso non esatte (talvolta proprio fake news), hanno contribuito a creare solo molta confusione a causa principalmente dall’atavico problema nel distinguere un fenomeno meteorologico dal contesto climatico.

I meccanismi legati alla severa ondata di caldo che ha colpito il Mediterraneo, ma più o meno in contemporanea anche Cina e l’America del Nord, non sono imputabili al fenomeno del Niño. Oramai è acclarato che in un mondo con temperature medie più alte, o comunque sempre più alte, la possibilità di avere ondate di caldo più severe rispetto al passato, sia in termini di magnitudo, che di frequenza oltre che di durata, è ovviamente maggiore. Focalizzandoci sul Mediterraneo/Europa il meccanismo principale responsabile delle ondate di caldo verso il nostro Paese è legato alle dinamiche della cella di Hadley. La cella di Hadley è un meccanismo circolatorio dell’atmosfera che serve per mantenere il gradiente termico, cioè la differenza di temperatura, tra le latitudini tropicali e sub-tropicali più o meno costante trasportando l’eccesso di calore presente tra l’Equatore e i Tropici verso le latitudini sub-tropicale: nei pressi dei tropici l’aria calda sale verso l’alto e raggiunta la tropopausa, arresta la sua ascesa ed inizia a dirigersi verso nord, cioè verso le aree sub-tropicali. Una volta giunta a circa 30°N, questa massa d’aria, a causa principalmente dell’attrito, inizia a scendere nuovamente verso il basso, ma durante la discesa essa subisce un processo chiamato subsidenza, che la secca e la riscalda fortemente dando luogo ad un anticiclone semi-permanente: non è un caso che in corrispondenza del ramo discendete della cella di Hadley si estendono le maggiori aree desertiche del pianeta.

Figura 1: Schema della circolazione atmosferica nel Pacifico tropicale australe. Fonte

Il sempre maggiore eccesso di calore nella fascia equatoriale rende i moti della cella più accentuati, con il trasporto orizzontale alle alte quote che va ben più a Nord della latitudine dei 30°, arrivando sino alle coste del Nord-Africa e Basso Mediterraneo. In tal modo l’alta pressione che scaturisce da questi moti di subsidenza, tende a collocarsi sempre più a nord, consentendo a massa d’aria, prima appannaggio delle aree desertiche nordafricane, di giungere con maggiore facilità nel Mediterraneo. Per tali ragioni, nel Mediterraneo le ondate di caldo, in termini di durata a magnitudo stanno aumentando (CMCC).

Durante l’ultima ondata di caldo, che ha assunto connotati di eccezionalità al Sud, sono stati battuti diversi record di caldo. Sicuramente il più eclatante è quello di Palermo che ha toccato i 47.0°C, a fronte del precedente record di 44.8°C dell’agosto 1999 e ancora più rilevante se consideriamo che la stazione ha dati continuativi dal 1791. Altri record rilevanti sono quelli di Roma con 42.9°C (precedente record di 40.8°C del giugno 2022) e in Sardegna dove la stazione di Jerzu (ARPAS) ha segnato la temperatura più elevata mai registrata nell’Isola (pari ad un valore di 48.2°C). Questi i casi più rilevanti, ma vi sono decine e decine di stazioni (a norma, gestite dallo straordinario lavoro dell’Arpa Sardegna e SIAS), che hanno abbattuto record di caldo secolari, specie sulle due Isole Maggiori ma anche, allargando i confini, in Grecia e Spagna. Il Climate Monitoring del CNR, che raccoglie i dati delle centraline che in Italia hanno una storia bi-centenaria, conferma che il luglio 2023 risulta il terzo più caldo dall’inizio delle osservazione (1800): il nono più caldo al Nord, il secondo più caldo al Centro (dietro solo al luglio 2015), mentre per il Sud-Italia luglio 2023 è il più caldo di sempre. Con buona pace del mantra che “è estate e deve fare caldo!”.

Figura 2: anomalie termiche del mese di Luglio 2023 in Italia. Fonte

Questa ondata di caldo “atmosferica” ha avuto anche ripercussioni sulle temperature marine con le SSTs (Sea Surface Temperatures) del Mediterraneo che nell’ultima decade di luglio hanno raggiunto valori record per il periodo con punte fino a 30°C sul basso Tirreno.

Figura 3: SSTs medie giornaliere del Mediterraneo. Fonte 26/07/2023

Il calore però non è rimasto fermo solo sulla superficie ma si è propagato anche in profondità fin sui 13m: data la forte inerzia termica dell’acqua, mentre il calore superficiale viene facilmente rimosso anche da pochi giorni di vento più fresco, il calore più profondo viene disperso più lentamente, e questo potrebbe costituire del carburante aggiuntivo per intensificare le prime perturbazione atlantiche autunnali (settembre e prima parte di ottobre).

Figura 4: Temperature superficiali del Mediterraneo nella giornata del 24/07/2023 (a sinistra). Andamento della temperatura con la profondità nel periodo 01-26/07/2023. Credits: Guido Cioni.

Questa estroflessione della circolazione di Hadley così a nord, determina un conseguente spostamento verso latitudini maggiori anche dello storm-track cioè di quel fiume d’aria immaginario che trasporta aria più mite, umida e instabile dall’Atlantico verso l’Europa, cioè quella massa d’aria foriera delle classiche perturbazioni temporalesche estive. Tuttavia, quando questa aria più fresca riesce ad abbassarsi di latitudine viene ad interagire con aria molto calda, e quindi dall’elevato contenuto di energia, determinando, nell’area dove le masse d’aria interagiscono fenomeni temporaleschi anche violenti.

Mentre per quanto concerne le temperature il legame tra cambiamento climatico e aumento in intensità e frequenza delle ondate di caldo è abbastanza acclarato, per quanto riguarda le precipitazioni tale legame causa-effetto non è così scontato, come emerso da un recente studio per gli eventi alluvionali in Emilia-Romagna del maggio 2023. Quindi stabilire un legame tra un singolo, per quanto violento, temporale e il cambiamento climatico risulta abbastanza complicato; tuttavia, si può fare un ragionamento a larga scala sulla tipologia dei fenomeni annessi ai temporali.

Gli ingredienti necessari per un temporale sono principalmente due: 2) la variazione del vento con la quota, detto shear verticale, che rende l’atmosfera instabile. 2) l’aria caldo umida presente nell’atmosfera che costituisce il carburante affinché la nube temporalesca si formi (CAPE, Convective Available Potential Energy).

In un’atmosfera sempre più calda e umida nel contesto di riscaldamento climatico, i valori di CAPE, specie in Europa, stanno costantemente aumentando, mentre a causa dello spostamento verso nord dello storm-track, principale sorgente di instabilità alle nostre latitudini, le condizioni di shear verticale si stanno facendo più deboli. Questi due fattori in compensazione, rendono la frequenza dei temporali pressoché invariata, in quanto la debolezza dello shear viene compensata dalla maggiore energia disponibile. Questo però determina un aumento dei temporali potenzialmente intensi, infatti più energia è disponibile maggiore sarà la probabilità di avere temporali intensi (Taszarek, Mateusz, et al. "Global climatology and trends in convective environments from ERA5 and rawinsonde data." NPJ climate and atmospheric science 4.1 (2021): 35.)

Figura 5: andamento del CAPE e dello Shear (rettangoli rossi) sull’Europa meridionale nel periodo 1979-2019, mentre sulla destra il grafico mostra il trend di aumento dei fenomeni temporaleschi severi, sempre nel medesimo periodo. Fonte: Taszarek, Mateusz, et al. "Global climatology and trends in convective environments from ERA5 and rawinsonde data." NPJ climate and atmospheric science 4.1 (2021): 35.

In particolare, il CAPE è fortemente correlato con la grandine, cioè maggiori sono i valori di CAPE più è probabile avere gradinate sia in termini di numero di eventi sia in grandezza di chicchi (Taszarek, Mateusz, et al. "Severe convective storms across Europe and the United States. Part II: ERA5 environments associated with lightning, large hail, severe wind, and tornadoes." Journal of Climate 33.23 (2020): 10263-10286.)

Figura 6: Severe convective storms across Europe and the United States. Part II: ERA5 environments associated with lightning, large hail, severe wind, and tornadoes." Journal of Climate 33.23 (2020): 10263-10286

Dalle osservazioni ufficiali dell’ESSL (European Severe Storm Laboratory), risulta come in generale il numero di grandinate in Europa centro-meridionale stia aumentando negli ultimi settant’anni (1950-2022), coerentemente con l’aumento generale dei valori di CAPE, e il maggiore incremento si osserva proprio sul Nord-Italia.

Figura 7: episodi di grandine in Europa (mappa a sinistra) e specificatamente per il nord-Italia (grafico a destra) in base alle osservazione nel periodo 1950-2022. Fonte ESSL.

Si evince quindi la complessità dei fenomeni con cui ci stiamo confrontando e con cui ci dovremo confrontare. Per tal ragione servirebbe un tipo di informazione oculata, precisa che veicoli pochi messaggi chiari e specifici. Purtroppo, il modo di fare informazione su questo tema in Italia, sta diventando, come sovente accade con “l’argomento del giorno” una sorta di gara tra le varie testate a chi realizza il titolo più altisonante, in un senso e nell’altro. Questo ovviamente va a foraggiare gli estremi, alimentando le file dei complottisti, per i quali il cambiamento climatico non esiste, e degli eco-ansiosi, per il quali la fine è imminente. Spesso, come è accaduto con l’emergenza del COVID-19, la questione si politicizza con le varie idee che scadono in ideologie e assumono presto un colore politico, su una questione così grande e globale che dovrebbe essere assolutamente scevra da questo contesto. Questo non fa bene, perché si rischiano di prendere decisione sbagliate sia un senso che nell’altro. 

 

Ascanio Luigi Scambiati

Meteorologo previsore presso Radarmeteo s.r.l.

Dottorato in ricerca, Università del Salento, Climatologia: “La regione del Mediterraneo nel contesto del cambiamento climatico globale: problematiche specifiche legate alle dinamiche ed agli impatti a scala regionale”. 

  • Gestione ed analisi di dati climatologici derivanti da re‐analisi.
  • Statistica avanzata per dati climatici.

Membro scientifico e del corpo editoriale del Centro Meteo Lombardo, organizzazione senza scopo di lucro per lo studio del clima e dei microclimi della Lombardia. Autore di diversi articoli climatologia. Fondatore e responsabile dell’Osservatorio Meteorologico del comune di Bornasco (PV).

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