Per comprendere come si sia giunti alla morte del feto nascituro occorre partire dal concepimento, ovvero dall'unione di Azione e Italia Viva prima delle elezioni politiche del settembre scorso. Si trattò di un matrimonio per interessi e non di un innamoramento. Azione, che allora era in ascesa nei sondaggi, aveva il problema della raccolta firme; Italia Viva, in stallo al 2% nei sondaggi ma senza la necessità di raccogliere firme, aveva il problema delle soglie di sbarramento. Una settimana prima, Calenda festeggiò la liaison con Letta esibendosi in un lascivo bacio pubblico. La reazione della base elettorale all'accordo, con quel PD di cui aveva detto in ogni occasione pubblica che non sarebbe mai stato un alleato, fu furente. Esponenti di Azione si dichiararono sconcertati.
Quello che preme sottolineare è che ancora una volta il bisogno di avere nel panorama politico italiano un partito (uno solo, credibile e sufficientemente forte) che rompa gli schemi del populismo demagogico si scontra con la realtà di avere una classe politica che a quegli schemi non riesce e forse non vuole sottrarsi.
I segnali della desolazione culturale della politica italiana c'erano tutti, fin troppo evidenti.
Renzi è quello dello scontro violento con la Commissione Europea per il 3% di deficit fisso e permanente; è quello che raccontava di avere 120 miliardi di investimenti chiusi nei cassetti del MEF, dei quali cassetti aveva solo lui la chiave; è quello dell'abominio fiscale chiamato "80 euro" che gli era valso un successo senza precedenti alle europee e gli aveva fatto credere che tutto avrebbe potuto fare in quanto neo padre della patria; è quello che "o la riforma costituzionale o sparisco dalla politica", che perse la riforma costituzionale e mai sparì dalla politica.
Calenda è quello degli accordi a parole con nessuno e nei fatti con tutti; è quello che il partito liberale non va bene ma si faccia il partito popolare, repubblicano, sturziano, lamalfiano, azionista, socialdemocratico, social liberale e, perché no, anche liberale; è quello che in pandemia voleva risolvere i problemi economici italiani chiedendo alla Germania i danni della seconda guerra mondiale; è quello della ferocissima, e inutile, battaglia contro gli aiuti a FCA Italia spa, rea di avere una capogruppo in Olanda (era in UK, ma viva l'approssimazione); è quello del mea culpa per 30 anni di "cazzate liberiste"; è quello che ritiene la ricchezza sopra 1 milione tassabile al 95%; è quello della libertà che non libera e del partito forgiato sull'etica e sulla retorica della Roma imperiale.
Entrambi sono quelli che si ritengono troppo scaltri, troppo furbi o solo troppo egotici per immaginare di non essere leader di una qualunque formazione politica. Fare politica significa fondamentalmente perseguire e gestire un potere. Rinunciarvi non è contemplato nella loro visione.
Mentre scriviamo e mentre quei romantici elettori si tamponano le ferite e si asciugano le lacrime, Enrico Costa (Azione) e Luigi Marattin (IV) pubblicano una lettera aperta in cui chiedono che il percorso verso il Partito Unico non si interrompa. Avendo avuto la possibilità di conoscere molte delle persone che fanno politica all'interno di AZ e IV, posso dire che sono migliori dei due capi e che all'urgenza di un partito serio che porti nella politica un barlume di raziocinio credono davvero.
Vedremo come finirà.
Quello che sappiamo è che il Partito Unico non era vero amore; è stato solo sesso.