Il Conte 2bis nasce morto

Fra poche ore, forse minuti, sapremo se Conte sopravviverà a sé stesso e rinascerà per la terza volta nella sua pur breve carriera politica con un nuovo governo. Possiamo intanto trarre qualche conclusione da quello che si è sentito a Palazzo Madama.

Prima di tutto il suo intervento ad inizio lavori. Una sostanziale replica di quanto detto ieri alla Camera in cui ha rimarcato l'importanza del momento, le sfide epocali da affrontare, il buon (?) lavoro fatto dal suo esecutivo anche con l'aiuto di Italia Viva. Ma anche il richiamo alle forze liberali, popolari e socialiste (la richiesta di aiuto) perché diano al suo governo una seconda chance.

Più interessante la replica serale alle dichiarazioni di voto. Nella replica ha sciorinato numeri che meritano alcune puntualizzazioni.

Politiche demografiche e assegno unico familiare

L'assegno unico è una misura prevista in Legge di Bilancio. Prevede l'erogazione a partire dal primo luglio di un assegno mensile per ogni figlio fino al compimento di 21 anni di un importo fra i 50 e i 250 euro. Conte ha parlato di 12 milioni di assegni. I numeri non tornano. In bilancio la spesa prevista è di 3 miliardi per il 2021 e di 5,5 miliardi per gli anni a venire quando la misura sarà a regime. Se fossero davvero 12 milioni i beneficiari, e se l'importo erogato fosse quello minimo, la spesa annua sarebbe di 7,2 miliardi. Perché Conte tenda ad esagerare ogni parola nelle sue dichiarazioni pubbliche è materia più per psicologi che per analisti economici.

Che quello demografico sia un grave problema lo andiamo dicendo da tempo; che vada affrontato con misure di welfare strutturali anche; che il governo decida la via più breve, quella abusata del bonus, purtroppo non una novità. Pensare che regalare qualche miliardo risolva il problema un'utopia.

2) Dati macroeconomici

Conte ha contestato quei parlamentari che hanno ricordato come l'Italia sia il Paese europeo con il peggior calo del PIL; peggio di noi, ha detto, hanno fatto Spagna e Regno Unito. Noi invece, ha detto, siamo quelli che hanno recuperato di più nel terzo trimestre. "I numeri parlano" ha sottolineato.
E allora facciamo parlare i numeri.

Il calo del PIL nel secondo trimestre è stato -13% per l'Italia, -17,9% per la Spagna, - 13,8% per la Francia; l'area Euro ha fatto -11,7%. Insomma non siamo stati i peggiori ma siamo sopra media euro ed Europa a 28. Il recupero nel terzo trimestre è stato 15,9% per l'Italia, 16,4% per la Spagna, 18,7% per la Francia; l'area euro ha fatto 12,5%.

Come si vede lo scostamento di qualche frazione di punto in un arco di tempo così breve, l'essere primi o ultimi in un trimestre non è significativo. Quello che è significativo è il trend di lungo periodo che vede l'Italia ultima, per distacco, nella crescita. Le ragioni di questa stagnazione strutturale non sono state affrontate dal suo governo.

Ha parlato poi di un calo del PIL del 9% migliore delle attese e migliore rispetto agli altri partner europei. Ribadito che c'è poco da vantarsi, le proiezioni attualmente disponibili sono quelle dell'autumn forecast della Commissione che danno il nostro Paese al -9,9% contro una media area euro del -7,8%; con la differenza che mentre il debt ratio europeo è atteso al 102% quello italiano è intorno al 160%
Fra qualche giorno dovrebbero essere rilasciati i primi dati grezzi sul debito pil. Possibile che si riesca a chiudere l'anno con un dato inferiore a quella soglia. Se così sarà (156,1% secondo il MEF) sarà dovuto alla combinazione di 2 fattori: il posticipo dello scostamento di bilancio previsto in dicembre calendarizzato proprio per questa settimana (32 miliardi come indebitamento netto aggiuntivo, 40 miliardi come saldo netto da finanziare) e l'utilizzo del conto di tesoreria le cui disponibilità già a novembre sono passate da 78 a 61 miliardi. In altre parole alla voce rapporto debito/pil comparirà 156 ma si dovrà leggere 160.

Intervento pubblico di sostegno all'economia

 Per onestà intellettuale non si deve negare che lo sforzo compiuto dal governo per contenere gli effetti della crisi sia stato importante. Considerarlo più che importante e pari a quello della Germania però è fare un altro torto alla verità. Gli interventi del governo sono stati confusi, e poco efficaci. Non a caso sono serviti ben 4 decreti ristori per un totale di 19 miliardi (e un quinto arriva ora a gennaio) e una parte delle dotazioni è arrivata da risorse dei precedenti decreti che non è stato possibile spendere. Tutti ricordiamo i click day di maggio e i ripetuti crash del sito INPS. Altri Paesi, sfruttando una pubblica amministrazione efficiente e l'incrocio dei dati già in possesso della PA, cosa che noi ci ostiniamo a non fare, hanno proceduto con l'accredito automatico ai beneficiari.

MES no perché è divisivo e aumenta il debito

La polemica sul MES sta diventando stucchevole, posto che non è quasi mai stata condotta con onestà intellettuale. Renzi ne ha fatto, sbagliando, uno dei cavalli di battaglia di questa crisi. Le risposte che Conte dà sono insulti al buon senso.

Il MES non si prende perché spaccherebbe il Movimento 5 Stelle e la già fragile coalizione di governo. Punto.

L'aumento del debito non è diverso dall'aumento del debito determinato dallo scostamento di bilancio (che corrisponde grosso modo alla stessa cifra); il debito col MES sarebbe comunque meno costoso, anzi, con gli attuali tassi sul decennale (-0,317%) estremamente conveniente. L'aver destinato alla sanità 19,8 miliardi del Next Generation EU non risolve il problema emergenziale perché, come abbiamo detto e scritto molte volte, le finalità sono diverse: il MES serve ad affrontare le spese per una risposta sanitaria, NGEU serve per le riforme. Qualche sera fa ospite di Lilly Gruber il ministro Boccia ha detto che il MES sostituirebbe le risorse stanziate nel Recovery Plan. Falso.

Chiarito ciò, occorre anche dire che richiedere l'accesso alla linea pandemica avrebbe avuto un senso a giugno più di quanto ne abbia ora. 

Il Recovery Plan italiano è nel complesso pessimo. Non a caso dalla Commissione trapelano voci di una bocciatura. Mancano le riforme, mancano i progetti, manca il coordinamento fra spese e investimenti. I tempi per migliorarlo sono stretti e la particolare natura di facility lascia presagire che difficilmente riusciremo a sfruttare i 222 miliardi complessivi. Soprattutto, anche qualora (come penso) la Commissione chiudesse un occhio sulle prime erogazioni, quelle che servono ad avviare il Paese su un percorso di riforme, il monitoraggio dell'efficacia dei progetti e del loro impatto su crescita del prodotto interno lordo e occupazione sarà rigorosissimo. Perdere quei fondi, che sono comunque debito e anche se non sfruttati comporteranno un aumento delle risorse con cui finanziare il prossimo settennato di bilancio europeo, sarebbe criminale nei confronti delle future generazioni.

Probabilmente il Conte 2bis nascerà.

Nascerà però su una maggioranza ancor più fragile di quella precedente con la certezza di andare in minoranza nelle commissioni. Partiranno di continuo polemiche sulla sua tenuta, con le opposizioni che ne chiederanno la verifica e le dimissioni in un clima di polemica senza fine che in un periodo difficile come quello che dobbiamo affrontare non lascia presagire nulla di buono.

Terminata l'emergenza sanitaria, con la ripresa economica che arriverà inevitabile, sarà ristabilito il Patto di Stabilità ora sospeso. A quella data ci troveremo ulteriormente indeboliti da un debito fuori controllo e senza la protezione della BCE. La prospettiva greca non è tanto lontana.

 

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