Tre dubbi sulla proposta di Letta per una dote ai Diciottenni

Un'idea astratta, demagogica, che non affronta i problemi delle nuove generazioni per non dover ammettere le responsabilità di quelle precedenti. 

La nuova proposta del PD sulla cosidetta "dote ai diciottenni" costituisce una efficace sintesi di come i politici italiani ragionano e del perchè questo approccio ha prodotto il declino economico, sociale e culturale che tutti possiamo osservare.

In estrema sintesi:

  • Ricerca il consenso a partire da obiettivi astrattamente condivisibili, tutti vogliamo il bene dei giovani insieme alla pace nel mondo e alla fine della povertà
  • E' del tutto scollegata dalla realtà (pensate al figlio di una partita IVA ridotta alla fame* dal Covid19 con 10k in tasca) e confida su fonti di finanziamento oltremodo discutibili (non fosse altro che per la facilità con la quale le nuove imposte possono essere aggirate) 
  • Non affronta i problemi strutturali che da decenni affliggono il paese in larga misura per non dover ammettere di essere parte integrante di questi problemi

Per discutere nel merito, partiamo dalla prima critica: è inutile aggiungere liquidi in un recipiente bucato.

Prima di pensare di dar soldi giovani bisognerebbe intervenire sugli elementi che impediscono loro di espirmere pienamente il proprio potenziale all'interno della società. Se non si interviene su questo profilo, l'unico impiego razionale per la "dote" ipotizzata non può che essere di finanziare l'emigrazione. 

Dunque, se pensi che i giovani siano vittime di una ingiustizia (lo sono) e che occorra fare qualcosa per provi rimedio, invece di promettere mancette tanto ideologiche nell'intento quanto improbabili nella realizzazione, occorrerebbe fare qualche tentativo di ridimensionare le istituzioni e le regole che concretizzano queste ingiustizia. 

Per prendere tre elementi a caso: 

  • il furto intergenerazionale perpetrato da un sistema previdenziale e da un bilancio dello stato che scaricano  oneri elevati sui più giovani per finanziare trattamenti e privilegi accordati alle generazioni precedenti;
  • regole disfunzionali sui rapporti di lavoro e l'attività di impresa concepite per favorire gli interni rispetto agli esterni e i più anziani rispetto ai giovani, che scoraggiano l'affermazione del merito e disincentivano la crezione di valore;
  • le gravi carenze di un sistema formativo estremamente autoreferenziale culturalmente avverso all'innovazione, alla ricerca e all'aggiornamento. 

Dunque riepilogando la prima perplessità sulla proposta: se vuoi fare qualcosa per i giovani che scontano i privilegi e le ingiustizie della società che tu hai costruito dovresti metterte mano a quei privilegi e a quella società, non promettere mance che suonano bene sui social, ma che, difficilmente potrai accordare in pratica.

La seconda critica ha carattere pratico. Togliere ai ricchi per dare ai poveri o ai bisognosi suona sempre bene, specie se lo propine un partito di sinitra in un momento in cui essere di sinistra è di moda. Il punto è che nella realtà la questione è più complicata:

  • non sempre è facile capire chi siano i poveri e/o i bisognosi e l'ISEE in un paese con elevata evasione fiscale e lavoro nero è un indicatore a dir poco imperfetto 
  • non sempre è facile capire chi siano i ricchi, poichè a parte essere brutti, cattivi e invisi alla parte più aristocratica della sinistra italiana, definizioni che sulla carta sembrano funzionare (l'1%, i patrimoni sopra il milione etc) possono rivelarsi fuorvianti 
  • ogni tassa, per quanto piccola e per quanto applicata a patrimoni grandi va valutata in relazione al sistema fiscale nel complesso: vero che le imposte sulle successioni e donazioni sono relativamente piccole in italia, ma lo sono all'interno di un sistema dove l'imposizione è molto grande in assoluto
  • non sempre è facile tassare i ricchi (anzi è molto difficile quando si superano certi limiti e il patrimonio è costituito da attività liquide o agevolmente trasferibili nello spazio), ma più in generale non è facile far crescere la pressione fiscale quando questa parte da livelli già molto elevati

Quindi, il secondo punto debole, tipico di tutte le proposte acchiappa-consenso è la difficoltà di realizzazione pratica a cui andrebbero aggiunte considerazioni afferenti il particolare momento storico qui si pensa ai diciottenni che devono uscire di casa) e i possibili impieghi alternativi: sicuri che con una parte del nostro sistema economico stroncata o debilitata dalla pandemia non esistano priorità o impieghi migliori rispetto alla dote per far uscire di casa i diciottenni?  

La terza e ultima osservazione riguarda il fatto che queste nobili prese di posizione, di fatto distolgono l'attenzione dai problemi strutturali e dalle responsabilità politiche e storiche della generazione che causato quei problemi. L'Italia non è un paese per giovani, è un posto dal quale chi ha voglia e capacità di fare al momento trova più conveniente emigrare.

Lo sforzo sul quale concentrare le energie dovrebbe essere quello di ridurre per quanto possibile le distorsioni, che ostacolano la libera espressione gli individui, non solo giovani, e che gli impediscono di trovare adeguata soddisfazione sul piano personale e professionale in Italia. Se non si affrontano questi nodi strutturali, le scelte più logiche spazieranno sempre tra l'emigrazione e la ricerca di qualche sussidio o clientela locale. 

*Testo editato su segnalazione da Twitter

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