Il premier che vorrei, ecco perché spero non accetti

Se c'era ancora qualcuno convinto che la crisi politica e culturale del Paese fosse reversibile, ieri sera sul declino italiano è arrivato il sigillo presidenziale. Dopo una settimana di inutili consultazioni e quasi 2 mesi di crisi latente, Sergio Mattarella ha rotto gli indugi e dichiarato che è il momento di un governo istituzionale e non politico. Pochi minuti dopo ha convocato al Quirinale Mario Draghi.

Le motivazioni del presidente della Repubblica sono quasi tutte ineccepibili. Sciogliere le camere, indire le elezioni, insediare i nuovi parlamentari, assistere alle discussioni per la elezione dei presidenti dei due rami del parlamento, attendere la formazione di un esecutivo con la definizione di ruoli e staff avrebbe portato il Paese all'immobilismo fino alle soglie dell'estate; troppo tardi per un Paese allo sfascio economico e alle prese con una complicata (e per certi versi confusionaria) gestione dell'emergenza sanitaria. L'Europa non ci avrebbe atteso ancora.
In questi mesi ci sono importanti scadenze. Un documento di Economia e Finanza che con un governo dimissionario conterrebbe solo i tendenziali e non le riforme (sarebbe il secondo in tre anni), un PNRR da sottoporre al vaglio della Commissione entro e non oltre il 30 aprile, molto probabilmente altre misure per far fronte alle conseguenze del lockdown senza possibilità di accedere ad altra cassa in caso di necessità per ristori, blocco dei licenziamenti, cartelle esattoriali prossime allo sblocco, crisi bancaria alla scadenza delle garanzie pubbliche. Mattarella si è dunque mostrato molto più responsabile della irresponsabile politica a caccia vana di responsabili.

Dovendo scegliere un uomo delle istituzioni che porti l'Italia fuori dalle secche in cui pervicacemente per decenni si è buttata, ha scelto il migliore, quello con il miglior curriculum e la più alta credibilità internazionale.

Ma neanche un supereroe della Marvel può salvare un Paese che non percepisce il pericolo e vuole suicidarsi.

Perché il Paese si salvi Draghi dovrebbe cancellare 30 anni di follie e fare riforme che nessun partito politico ha intenzione di accettare. Dovrebbe farlo con un Parlamento ostile e schizofrenico che vede nei 300 miliardi europei l'occasione della vita per sperperare il denaro e cancellare il futuro delle generazioni a venire; dovrebbe riformare il lavoro e la contrattazione; dovrebbe scardinare rendite di posizione consolidate contro ordini professionali e categorie sindacalizzate; dovrebbe aprire il mercato alla concorrenza dopo che i governi gialloverde e giallorosso hanno invaso l'economia con la favola della strategicità di aziende zombie; dovrebbe mettere in sicurezza le pensioni; dovrebbe avviare la messa in sicurezza del debito che inchioda l'economia alla crescita zero; dovrebbe fare ordine nei conflitti fra governo e Regioni. Ogni provvedimento utile troverebbe in Parlamento lo sbarramento di primati primitivi che griderebbero alla democrazia violata e alla volontà del popolo tradita. In altre parole avremmo il miglior premier possibile con il peggior parlamento possibile.

In questa situazione gli scenari possibili sono 3.

Il caos intorno ad un governo tecnico di fine legislatura che darebbe nuovo fiato ai populismi come abbiamo già visto dopo l'esperienza Monti. Dopo quell'esecutivo nacque, o si rinforzò, il mito dell'austerity e quello dei tecnici insensibili e senza cuore che spianò la strada del successo al Movimento 5 Stelle del reddito di cittadinanza e della Lega di Quota 100.

Un governo di emergenza della durata di pochi mesi che conduca l'Italia ad elezioni post emergenza e riconsegni le chiavi del Paese alla politica una volta sistemati Recovery Plan e piano vaccinale. Questa però sarebbe una enorme occasione sprecata, l'ennesima, di un Paese che non fa mai i conti col destino che si è scelto.


Un governo di compromesso tecnico/politico che alla ricerca di un voto parlamentare non facile snaturi la sua essenza e comprometta la sua missione assegnando ministeri ai partiti di tutto l'arco costituzionale senza la certezza del goal ché, ad esempio, quando si dovrà dire che si abolisce quota 100 e ogni goffo tentativo di riproporla, un Salvini di turno alzerà le barricate.

Comunque la si giri le prospettive di un governo Draghi non sono facili. Il Paese, e il parlamento che tragicamente lo rappresenta, non è capace di sopportarne la razionalità.

Per queste ragioni spero che Mario Draghi dica a Mattarella "onorato ma non posso". Troppo capace e troppo lucido per una situazione tragicomica come quella che è chiamato a risolvere: uno spreco insopportabile. 
Preferirei un governo di transizione affidato ad una personalità di alto profilo (Cartabia?) ma che si limiti al minimo indispensabile (Recovery Plan e vaccini) per poi riconsegnare agli italiani il voto.


Ultima considerazione sulle elite del Paese. 
Non sono mai state capaci di selezionare una classe dirigente minimamente presentabile. Hanno giocato in panchina sperando di raccogliere il tozzo di torta che il governo di turno era disponibile a mollare. Hanno intrecciato rapporti perversi e speculativi con gli innumerevoli centri di potere piccoli e grandi senza mai neanche dare un'idea di una prospettiva migliore. 
Senza voler apparire giacobino, occorre dire con chiarezza che queste elite non hanno mai pagato la loro inazione.

L'Italia, questa disgraziata Italia, è il risultato anche delle loro ipocrisie. 

 

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